Muzak - anno III - n.01 - aprile 1975

petuto con Tutto per bene. Intendiamoci. Valli è, in questo spettacolo, grandissimo. Il dominio perfetto e costante dei suoi mezzi e del suo stesso, misuratissimo, istrionismo di gran classe è già di per sè spettacolo pieno e riuscito. Ma lo stacco tra lui e i pur volenterosi giovani attori che lo circondano e soprattutto la totale insipienza di un testo più che invecchiato, decrepito impediscono una resa d'insieme accettabile e lo stesso De Luilo sembra essersi qui limitato a disegnare macchiette in punta di penna che non fanno che disturbare e offuscare la figura a tutto tondo affidata al genio di Valli. Deludente, sommato tutto, anche l'attesa rentrèe teatrale di Gassman con Cesare o Nessuno, apologia della figura dell'attore liberamente ispirata alla vita di Edmund Kean, quello di genio e sgregolatezza. Anche qui il ben noto talento e la grande comunicatività di Gassman colpiscono nel segno, ma viene da chiedersi a un certo punto se basti essere un grande attore per potersi permettere di trinciar giudizi a destra e a manca su tutto e su tutti: registi, cooperative, teatro politico, sperimentali. Meno male che Gassman è intelligente e prende in giro anche se stesso. Ma a quando un ritorno « serio? » Vero è che a essere seri mica ci si guadagna sempre. Classico il caso di Mario Missiroli che l'anno scorso aveva tentato di creare al teatro Delle Arti di Roma un punto di riferimento costante e organico per un discorso culturale nuovo e aggressivo. E ci sono stati gli appuntamenti felicissimi con La signorina Giulia di Strindberg e con Il ciclo dell'eroe borghese di Sternheim. E una grande attrice, Anna Maria Guarnieri, aveva avuto modo di cominciare un processo di maturazione da cui c'era da aspettarsi moltissimo. Risultati pratici? Un cumulo di debiti e la necessità di abbandonare la gestione Delle Arti. Cose che capitano in Italia. E per quanto potrà essere 40 stimolante l'appuntamento previsto ali'Argentina tra Missiroli e Molière (un Tartu/o con Tognazzi protagonista) il Delle Arti dello scorso anno lo rimpiangeremo per un pezzo. E speriamo tra un po' di non essere costretti a rimpiangere il teatro sperimentale in toto. Dove un minore finanziamento statale significa in Italia, per alcuni, replicare uno spettacolo già pronto e incassare comunque due milioni a sera, per gli sperimentali si tratta di vita e di morte. Per il momento si tratta certamente di stasi. Se si eccettua Mascheropoli di Sepe (interessante come sempre, ma lontano dai risultati di Scarra/onata) e la rigorosa riflessione ispirata a De Tollis dall'Apres midi d'un faune, di novità, per il momento non c'è neanche l'ombra e qui a Roma sono approdati solo spettacoli vecchi o reduci da Festivals di questa estate. Tra questi da segnalare sono la Salomè dei Santella, riuscita nonostante una certa dicotomia tra fedeltà a Wilde e spunti satirici, e Pulcinella o l'anima nera di Giancarlo Palermo, due vecchie farse unite insieme da un discorso interessante sul destino delle maschere. Un piccolo discorso a parte merita La Principessa Brambilla approdata al Centrale dopo il battesimo del Festival di Positano. Pur nel proseguire di una confusione ideologica e formale che Nanni e la Kustermann si portano dietro dal post Risveglio di Primavera e che aveva toccato l'apice con l'Ondina genovese, questo spettacolo chiarisce e fa ricordare che con due grossi talenti, di regista e di attrice, si ha comunque a che fare. E soprattutto la Kustermann riesce a dare al personaggio del- !' attore Giglio Fava profondità di cui ci eravamo dimenticati fosse capace. Ma perché allora insistere con Giraudoux? Gfovann~ Lombardo Radice

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