Muzak - anno III - n.01 - aprile 1975

Arrivati a marzo mi sembra che, nel riprendere un discorso interrotto qualche mese fa sul nostro teatro, sia necessario un bilancio di questa prima metà della stagione. La situazione, è bene dirlo subito, non è rosea. Il grande boom del teatro innegabilmente continua. Gli incassi sono ottimi, i teatri pieni. Ma il livello degli spettacoli? Sembra quasi che dagli Stabili agli sperimentali tutti si stiano adagiando sui risultati ottenuti e gli sprazzi di luce sono pochi. Molto dipende, è chiaro, dalla diminuita disponibilità economica del Ministero del Turismo e dello Spettacolo e questo fattore diventa poi, per le compagnie minori, determinante. Ma dappertutto, e credo che le difficoltà economiche c'entrino fino a un certo punto, si respira aria di crisi ideologica e di sfiducia. Che si concretizzano all'atto pratico in poche novità e moltissime riprese. Nell'ambito degli Stabili vediamo che finora le u'niche novità sono state Il fu Mattia Pascal dello Stabile di Genova, rigorosa trasposizione drammaturgica del romanzo pirandelliano ad opera di Tullio Kezich, sorretta da una buona regia di Squarzina e da un ottimo Albertazzi nelle vesti del pro tagonista, e il Gesù dello Stabile di Torino, regista Trionfo, che non ho ancora visto. Per il resto il Piccolo di Milano continua a riempire i teatri con L'Opera da tre soldi ormai al terzo anno di vita, come del resto il Re Lear, e con Il giardino dei ciliegi dello scorso anno, in attesa di un Campiello per primavera (e se è vero quello che mi hanno detto e cioè che gli attori dell'Opera si sono stancati di replicarla e che il livello dello spettacolo è incredibilmente diminuito, è un vero scandalo. Con quello che son pagati!), Lo Stabile di Bolzano porta in giro Il Passatore di Dursi, All'ovest nientedinuovo .. ~ ... :.i,ilr.\. ,.,,,,,';V- .. ,, ... ,,;~ .. 'lii 39 digni tesissimo allestimento di un testo forse un po' invecchiato, dove il bravo Pino Micol presta toni e cupezze amletiche al bandito Stefano Pelloni; lo Stabile dell'Aquila ha rimontato l'Antonio e Cleopatra, spettacolo pieno di momenti felicissimi dove la tragedia shakespiriana, tra bagliori da Gotterdammerung e graffianti note sulla condizione servile (il Messaggero, le ancelle) opposta a quella regale (Cleopatra, Antonio, Cesare), diventa pretesto per un efficace e rigoroso discorso sul Potere; Trieste e Catania ci sembra che tacciano e cosl anche Roma, dopo la ripresa della Bisbetica domata, collaudatissimo spettacolo di Enriquez. Una luce viene dalle cooperative. E' l'Edipo 'Re degli Associati (regista Puecher, protagonisti Sbragia, Fantoni e la Mannoni), asciutta e vibrata riproduzione della tragedia di Sofocle in chiave quasi marxista e comunque razionalista dove la splendida scena di Puecher, un enorme lenzuolo ora reggia, ora tempio, ora grembo materno, avvolge i bravissimi interpreti. Ma anche questo non è uno spettacolo nuovo. Riprese anche per i due tronconi della ex compagnia dei Giovani. Rossella Falk ripropone infatti anche questo anno Trovarsi di Pirandello, mentre Valli ha ripreso il Malato spoletino, alternandolo però a una novità: il Tutto per bene anch'esso di Pirandello. E il paragone tra il Pirandello della Falk e quello di Valli è interessante. Ambedue brutte commedie di un drammaturgo che cominciava a ripetersi. Ambedue scritte per due mattatori dell'epoca (Marta Aba e Ruggeri). Ambedue occasioni d'oro per due grandi attori di oggi. Ma mentre per Trovarsi, la regia di De Lullo e una Falk in stato di grazia sono riusciti nell'impresa di trasformare in grande spettacolo un brutto testo, il miracolo non si è ri-

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