Muzak - anno III - n.01 - aprile 1975

Tv Piume alvento « Ragazzina, ragazzina sulla spiaggia c'è un deserto - non ci sono più i tuoi occhi - mi hai lasciato solo - ragazzina, ragazzina - anche il sole che rideva - sul tuo volto innamorato - se n'è andato via con te - ragazzina, ragazzina - non conosco il tuo nome - ma qualcosa di quei giorni - che ho vissuto con te - è rimasto negli occhi - a parlarmi di te - ragazzina, ragazzina - una lacrima di pioggia - sta scendendo sul mio viso - col pianto mio per te - tutte quante le parole - che mi dicevi tu - come un'eco resteranno - ragazzina, ragazzina! ». Chi ha detto che in Italia non c'è musica per i giovani? C'è alla radio e in televisione un organetto che comincia a suonare per la gioventù alle sei del mattino e va avanti fino all'ora dello scrittore da notte. E, per chi ha il sonno ritardato, c'è anche una pianola notturna che fa musica a rime obbligate. Per timore di essere fraintesi, quelli della televisione hanno inventato anche canzonissima, col superlativo, che è il massimo della canzone: più in là non si può andare. In questo organetto cantano tutti, Reitano, Albano, Montesano, Ritapavàno, Endrigano, Amintore Fanfano. Chi ha fortuna può sentire anche Montanelli primo Ottocento, Lamalfa e Spadolini in bottiglia, l'onorevole sbornia Flaminio Piccoli, il ministro Preti, Mario Soldati e Diego Fabbri che intonano « Ammàzzate, oh! », che è una canzoncina di moda. Cantano gli onorevoli, i capigabinetto, i bagonghi che la sera leggono telegrammi al telegiornale, il duo Lescano riminese, Antonioni, Monica Vitti, Languori e Cavallina quando si riposano dalle lunghe telefonate con le vedove del 3131. E cantano i frati antoniani di Bologna con i bambini dello zecchino d'oro. Un po' di pazienza e gli italiani sentiranno presto anche il papa che intona « Porta romana » di Giorgio Gaber in dialetto meneghino, che gli piace tanto. Ci sono tre vecchietti con i reumatismi a quarantacinque giri che da trent'anni continuano a cantare con gli occhi chiusi e le luci schermate com'era bello far l'amore nella rotonda sul mare, ma tu sei andata via (e ha fatto bene) e io sono rimasto solo a morire di dolore. Montagne di dischi che parlano di sole, spiagge d'oro, mare blu, nostalgie di colori, sorriso di bimbi, canne di bambù, ragazze in fiore, incontri, scontri e addii, lacrime e tradimenti. Si chiamano Fred Buongusto, Jhonni Dorelli e Bruno Martino, sono già morti, ma loro non se ne sono ancora accorti. Anche 32 la Gigliola, la Iva, la Nada e la Pravo, Morandi e Claudiovilla, insieme ai poveriricchi accattoni del cretinismo canoro in onda media che vanno a elemosinare con la Raffaella le cartoline voto della Rai, sono sempre stati in coma dalla nascita. Ma continuano a fare la respirazione bocca a bocca con la loro salma radiotelevisiva. Accanto a questi vittimisti del sesso canoro che giurano da trent'anni di morire d'amore e non muoiono mai, come Fanfani, è passato il fascismo di Salò, sono passati un conflitto mondiale, Duke Ellington e Glen Miller; è passato il ponte aereo, sono pasati Louis Armstrong, la Corea, la guerra fredda e calda, Dizzy Gillespie, il Vietnam, il Medio Oriente, Omette Coleman, il Biafra, i Beatles, la contestazione studentesca e musicale, la Cia, Bernabei, i Rolling Stones, Cefis e Agnelli che comprano giornali e redazioni intere per le loro signore, Keith Jarret, Miles Davis, il Perigeo, i musicisti della musica a percussione, ma loro sono ancora in villeggiatura a fare i sonnambuli nella rotonda sul mare per far ballare i nipoti di Italo De Feo e del presidente Delle Fave. Adesso in televisione sono arrivati, sempre per i giovani, anche i bersaglieri canterini. Gli ascoltatori li hanno visti in uno spettacolo intitolato « Piume al vento », presentato da un graduato senza piume sul cappello e senza divisa che sembrava un felice incrocio tra Pippobaudo e il ministro Colombo quando va a Venezia a cantare in doppiopetto con i marinaretti della nave scuola Amerigo Vespucci. La maggior parte degli italiani avevano già visto sul teleschermo i veci alpini col medagliere. Art-nouveau, la giberna liberty, una sola penna nera sul cappello, un po' lisa e sdrucita ma gloriosa, caracollare allegri sulle ginocchia Valpolicella per le vie delle città nei loro storici raduni al fiasco. E avevano già visto i carabinieri con la giberna bianca di boutique, « usi obbedir tacendo e tacendo morir », che è un motto un po' autolesionista ma sempre di grande effetto, fare il carosello storico a colori in piazza di Siena. Avevano visto le guardie di finanza con i cani lupi al guinzaglio e il telefono delle intercettazioni in mano. Ma i bersaglieri che si fanno baciare dalle piume, come diceva la canzonetta, non li avevano mai visti. I pantaloni a mezza gamba come i pescatori di rane, il cappello sghembo, anche questi soldati antichi inviavano, attraverso le note, un loro preciso messaggio televisivo, specialmente ai giovani, che di messaggi canori hanno sempre tanto bisogno. Ricorreva quel giorno, come diceva il fine dicitore travestito da ministro Colombo, la festa del congedo. E bene ha fatto il presentatore a mettere su non tanto la mesta, monotona e retorica

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