Sul n. 13 di Muzak ponemmo la questione, a no&rroavviso centrale, dei rapporto fra i musicisti e la politica. Non è dunque strano st oggi, con accenti diversissimi, si impegnano sullo stesso argomento due riviste differentissime come metodologia e specchi di parti differenti, nel movimento: l'una con una lucida (anche se non esente da difetti) analisi critica della musica politica, l'altra con presunzione donchisciottesca a difesa di un « privilegio freak ». Parliamo di La chitarra, il potere e altre cose (su Ombre Rosse n. 7 pag. 60) e di alcune notarelle Il genio e la svirgola e Lettera aperta di Francesco de Gregori (su Re Nudo n. 31, pagg. 12-13). Ombre Rosse nacque come giornale di critica cinematografica, con una precisa ottica di classe. Oggi, dopo molte vicissitudini e grazie a un collettivo di lavoro patticolarmente attento, si apre a tutta la tematica culturale, ponendo l'accento, chiafamente, su quelle manifestazioni della cultura degli oppressi a lungo ( troppo a lungo) snobbate dalle forze politiche tradizionali. L'articolo citato (La chitarra etc.) si muove con estrema coerenza su una linea ben delineabile: a chi servono e a che servono le canzoni politiche che oggi vengono, sempre più e a livelli sempre più differenziati, sfornate in I talia? E cosl la critica della canzone politica assume caratteristiche salde e pratiche, non si perde in estetismi, j'.;'oncerca valori tanto astratti quanto privi di peso nello scontro attuale. Ma non è nemmeno, e in questo l'estrema coerenza del soggetto, un puro (e dunque altrettanto astratto) giudizio « politico ». E l'autore critica duramente il venir meno dell'impegno in Pietrangeli, cioè l'adesione « stanca » al PCI e alla sua linea, la perdita del « dubbio » ( o la nuova civetteria del dubbio) in Giovanna Marini, l'ultimo riscatto di Ivan della Mea non Riviste Uisolabeata chiarito ancora però alla luce di una militanza non ambigua. Anche nella parte interessantissima dedicata a Venditti, De Gregori, Guccini e Bennato, la critica si mantiene lucida e onesta. Ancora una volta Manconi non assume una posizione manichea e settaria ma riconosce alla canzone « leggera-politica » una funzione non marginale: quella di essere una componente del sempre più vasto movimento « democratico, antifascista e progressista ». Alcuni altri spunti, come i :!Pporti fra la nostra canzone politica e la canzone politica latino-americana e cilena in particolare, o come il rapporto fra il movimento e alcuni cantanti (« non ha ragion d'essere la pretesa di " tesserare " tutti i complessi pop che indossano canottiere rosse »), fanno venire voglia di andare avanti e di sviluppare un problema certo non marginale nella costruzione di un'alternativa culturale. Di diverso impegno e stile, si diceva, il porsi di Re Nudo. Per il giornale milanese le discriminanti sono date a priori, da loro stessi senza alcun confronto con il movimento reale. E dunque via, rischiando il qualunquismo, all'attacco (non la critica çhe è cosa nobile) dei gruppi. Lo editoriale apparso su L.C. quotidiano che poneva problemi reali di gestione proletaria e popolare della cul31 tura riferendosi alla grande esperienza della Magliana, viene attaccato istericamente in nome della difesa, vecchia, dell'operatore culturale come tale, cioè « in sé ». Re Nudo non è d'accordo sulla critica della figura dell'intellettuale esterno (e dunque previlegiato) in nome della difesa delle nevrosi dell'intellettuale. Siamo al delirio. L'intellettuale e l'operatore culturale non devono essi in prima persona mettersi in rapporto alla lotta di classe e al servizio del popolo ma, secondo Re Nudo devono essere corteggiati perché « lo star male è generale ». Il fronte culturale .rivoluzionario (o foss'anche solo progressista) è sempre stato collegato al fine politico a due livelli: l'uno che è quello, che ormai generalmente si rifiuta, di coinvolgimento strumentale, l'altro quello di far trovare agli intellettuali la strada per mettersi al s~vizio della rivoluzione (o almeno del progresso). La frase del Che « gli intellettuali come tali si devono suicidare » non ha certo (come sostiene Re Nudo) carattere tattico, ma ha un ben più ampio respiro: pone l'accento sul fatto che gli intellettuali « come tali » incarnano il privilegio e dunque la reazione. E per suicidio non si intende suicidio degli uomini-intellettuali ma, come appare chiaro anche ai bambini, degli intellettuali in quanto intellettuali, in quanto certi della loro inamovibilità, del loro non dover rendere conto alla storia ( « oggi sono intellettuali borghese domani sarò intellettuale proletario » ), cioè del loro essere « mandarini », depositari della « vera » cultura. Quanto alla difesa di De Gregori, naturalmente ospitata da Re Nudo per livore antigruppi, la lettera si commenta da sé: per le sue contraddizioni e le continue affermazioni « realiste » e mette a disagio il lettore per un certo tono che la percorre tutta da « excusatio non petita ». Ma Re Nudo, più realista del re, si guarda bene dall'affrontare seriamente il problema dei musicisti, nonché la stranezza del fatto che De Gregori per il viaggio da Roma Trastevere a Roma Magliana con una chitarra chieda L. 400.000: non un divo di plastica, ma d'argento a giudicare dal prezzo di quasi 10.000 al kg. (G.P.) ~RE.NUDO
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==