DYLA BIJ ~t et ista ta una ge orirà) ... SI e gu gnare 1 anti) sono "gi ON· THE TRACKS • CBS69097 disponibile anche su cassetta e stereotto DISTRIBUZIONE MESSAGGERIE MUSICALI - MILANO
CON OSSIDODI CROMO MRX2 ~~&) V••Poc:loor• I) 20122M•ll-4 ra1,u ISITLIVE ORISIT MEMOREX? E'VIVO OE' MEMOREX? ..;(:. ;_·.~:: : i<tt:.)~-. .~~?··~· 1:?_::::-;>· ► ' -~•. .
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Collettivo redazionale (Via Alessandria, 119 • 00198 Roma • tel. 8448483: Glalme Pintor (coordl• nazione). Danilo Moronl (caposervlzl musica). Carlo Rocco (segreteria di redazione). Lydla Tarantini (pubblicità e coordinazione editoriale), Maurizio Salata (musica pop). Gino Castaldo (musica Jazz), Piero Tognl (fotografia). Chicco Ricci (Inchieste). Danio! Caiml & Gianfranco Binari (tecnico• strumenti-Hl-fil. Sandro Portelli (mu• sica folk), Giovanni Lombardo-Radice (teatro), Ettore Vitale (Impaginazione o grafica). Hanno collaborato: Glauco Borrelll, Canzoniere del Lazio, Giorgio Conti (da Londra), Agnese de Donato, Davld Grleco, Roberto Lanerl (dagli U.S.A.), Fernanda Plvano, Mau• ro Radice, Sergio Savlane, Nancy Ru• spoll, Mario Schifano, Enrico Facco• nl, Laura Cretara (Illustrazioni). E noi suoneremo i nostri manganelli Lettera aperta al Ministro dello Spettacolo Contrappunti al fatti • I negri d'Italia Planet Waves Lassa stà la me creatura • Canzoniere del Lazio Nazionalismo Negro Intervista con Chlck Corea Nick Drake Virgin Discografia Don Cherry James Marshall-Hendrix Jimy Hendrix Cuba, que linda es Cuba Rivista • L'isola beata Tv • Piume al vento La canzone di Zeza Baden Powell a Roma Albero Motore a Milano Siam più della metà Comunicazione visiva come Servizio Sociale Teatro - All'ovest niente di nuovo Libri Cinema - Gordon Gay • California Poker Dischi La chitarra di John Mc Laughlin Cibo per la mente Maracas, bicchieri e bonghi Gesto umano Super 8 e cinema monodimensionale Hi-Fi Strumenti - Posta Edizioni: Publlsuono • Via A. Valenzlanl, 5 • 00184 Roma - Pubblicità: Publlsuono • Via A. Valenzianl, 5 • 00184 Roma - tel. 4956343-3648- Ama mlnlstrazione: Patrizia Ottavlanl - Diffusione: Parrlnl & C. • P.zza Indipendenza 11/8 • Roma - tel. 4992 - Direttore responsaQlle: Luciana Pensutl. Tipografia: AGL (Arti Grafiche della Lombardia) Gruppo MONDADORI • Milano Muzak non accetta pubblicità redazionale. GII articoli, le recensioni, le Immagini e la foto di copertina sono pubblicate ad unico e Indipendente giudizio del collettivo redazionale. Registrazione I nounale di Roma n 15158 del 26-7-1973. Chicco Ricci 6 Collettivo redazionale 7 Giaime Pintor 8 Chicco Ricci, Angelo Camerini 9 Francesco Giannattasio 1O Fernanda Pivano 12 Gino Castaldo 14 G.C. 16 Maurizio Baiata 18 Gino Castaldo 21 Danilo Moroni 22 Maurizio Baiata, Mauro Radice 24 Andrea Puccini 30 G. P. 31 Sergio Saviane 32 G.C. 34 35 '35 Agnese de Donato 36 Ettore Vitale 38 Giovanni Lombardo Radice 39 G. P. 41 42 44 51 D.M. 52 Glauco Borelli 53 Nancy Ruspoli 54 Enrico Facconi 56 Daniel Caimi 58 60
Ancora una volta, l'ennesima negli ultimi due anni, una tournée musicale è stata occasione di scontri, provocazioni, botte e lacrimogeni. Ancora una volta il potere ha scoperto la sua vocazione repressiva e, con l'eco distorta della stampa benpensante e no e il silenzio delle autorità, ha dato una lezione del suo concetto di cultura, libertà o civiltà: lacrimogeni sparati dalla galleria in platea, caccia all'uomo, cariche brutali. Tutto per difendere un po' di gelati e qualche coca-cola. Questa è la cronistoria di come si imbastisce una provocazione. Atto I: La digestione dei ooliziotti Il flusso al Palasport, nel tardo pomeriggio di sabato 15 febbraio, non sembrava buono: ma David Zard e Francesco Sanavio si fregavano le mani. Il guadagno, dopo tante sventure, sembrava promettente lo stesso. Verso le 19 alcuni, (tre o quattrocento) persone, tentano lo sfondamento dei cancelli. Il flusso si ingrossa, mo!tissimi entra no, altri vengono inseguiti dalla polizia schierata in assetto di guerra fin dal primo pomeriggio. Sono cariche senza mordente, tanto per far vedere che tutta quella polizia non sta con le mani in mano. i< Questa corsetta ci fa bene alla digestione! » grida ai suoi uomini un sottufficiale in vena di spiritosaggini. L'aria in realtà è tesa. Questa di Roma è una prova di forza: Zard ha già annunciato che ha in serbo « un divertente scherzetto per i contestatori » Tutti ci domandiamo quale, anche se in verità senza troppa trepidazione. Quando verso le 8,20 i cancelli sotto la pressione vengono aperti, e viene permesso a tutti di entrare, il dubbio che la grossa sorpresa sia ancora tenuta, per il clou della serata P. molto forte Alcuni episodi trascorsi di Enoi suoneremo inostri 11. mangane 1 mostrano però che la prova di forza è solo apparente: la provocazione deve ancora scattare, ma è nell'aria. Durante gli sfondamenti la polizia è già entrata all'interno del Palasport (cosa incredibile e mai vista), un soldato in divisa trovato a scavalcare viene picchiato a sangue: paga caro l'insulto alla divisa. L'atmosfera si calma e cominciano a suonare i gruppi di spalla. Tutto sembra tornato alla normalità: Zard sconfitto, la polizia costretta a ritirarsi. Solo l'ingenuità del pubblico non teme il peggio: e il peggio arriva. Atto Il: Vogliono i gelati? prendano i lacrimogeni! Verso le 22,30, caricati per il fatto di aver « preso » il Palasport, alcuni giovani prima, moltissimi poi si appropriano del bar: per le gradinate. girano cosi gelati, bibite, panini. Si pensa a quelli in platea: e cosi cominciano a scendere anche giù. E' un lancio da cuccagna, sembra di stare nel paese
dei balocchi. L'aria è festosa, la gente più strana si vede regalare gelati e coca-cola. Un modo di più, forse non politico, di dimostrare la propria forza e la gioia di stare insieme, non per concessione dall'alto ma per appropriazione diretta: se vogliamo un po' ingenua, ma senza dubbio innocua. Sono le 23 e Lou Reed ancora non si vede, la sua strumentazione è ancora da montare, al suo posto appaiono dalle gradinate i poliziotti in assetto di guerra. Lo « scherzetto » è scattato: adesso si diverta il pubblico in platea a vedersi sparare « addosso » (è testimonianza suffragatissima) lacrimogeni come prima avevano visto piovere i gelati! « E' la provocazione più bieca che si sia mai vista » afferma un ragazzo sui trenta anni che, insieme a sua moglie, si dichiara moderato. « Eravamo venuti per capire -¼i.tmosfera dei concerti pop » aggiunge la ragazza « sai, io sono profesoressa e le mie alunne mi avevano sempre parlato di questi concerti: volevo rendermi conto ». E si è resa conto: dalle lacrime, dal mezzo litro di latte che ha dovuto ingollare per l'intossicazione da gas. La battaglia si sposta all'esterno. Il bilancio: 15 fermi, moltissimi feriti, quasi tutti ufficiosi: ormai si sa che dagli ospedali si finisce direttamente a San Vitale. La regia Com'è scattata la provocazione? Per difendere quattro gelati, cioè un piccolo profitto? Difficile da credere anche conoscendo la pidocchieria di Zard e soci. E dunque? Un'ipotesi avanzata da molte parti, e che sembra molto probabile, è che i gelati e le bibite fossero stati volontariamente lasciati incustoditi. Sono stati l'esca a cui il pubblico ha abboccato e che è servita da casus belli di una provocazione nata altrove e programmata nei minimi termini. Può darsi anche che dopo i primi incidenti Lou Reed abbia rifiutato di suonare. Per gli organizzatori non c'era scampo: o restituire i soldi o imbastire la provocazione. Questa seconda stracia potrebbe aver fatto molto gola a Zard: salvare capra e cavoli, ossia non perdere i soldi e dare a questi « contestatori » una lezione storica. Ma forse ancora più in alto è l'ispirazione. In questa vicenda aleggia la responsabilità se non altro morale di un altissimo personaggio: colui che di recente s'è scagliato contro gli opposti estremismi e che ha cominciato da tempo a cavalcare il carro armato dell'ordine pubblico e del miglioramento di polizia. Un episodio in cui, con tutta la buona volontà, non si vede proprio dove sia, come ha scritto Paese Sera, la provocazione di un manipolo di fascisti: a meno che non voglia indicare con questo termine altre e meno anonime persone. Che non ci sia stata provocazione è stato, ci sembra, dimostrato dal comportamento tenuto dai giovani durante gli scontri: non s'è vista una molotov, le tanto «notate» spranghe sono per incanto sparite. Il dubbio che non ci siano mai state è forte. I giovani hanno risposto alla polizia. Ma è stata una risposta responsabile, di difesa; una prova di fermezza. In un'altra situazione se la polizia avesse sparato ad al- ,ezza d'uomo in un teatro, il panico avrebbe provocato molte più vittime. « La colpa degli scontri, ci dice un compagno di Primavalle, sarà data certamente a Stampa Alternativa. Ma tutti sappiamo che siamo stati tutti a rispondere a una vera e propria provocazione, a un attacco durissimo e ingiustificato: un modo di darci un sacco di botte per farci imparare a stare buoni ». Chicr:n Ricci 7 Lettera perta alMinistro dellospettacolo Le seriviamo dalle pagine del giornale perché speriamo che almeno, cosl, Ella avverta in • questa lettera il giudizio di quei giovani che il 15 febbraio a Roma sono stati malmenati e gassati mentre assistevano a un concerto. Le scriviamo sebbene sappiamo in partenza che ciò non servirà a farLa muovere e che, come al solito e come tutti i suoi colleghi, Ella si nasconderà dietro un dito o, se preferisce, dietro un manganello. Le scriviamo anche perché rosi dal dubbio, non poi tanto paradossale, che Ella abbia delegato ad altro dicastero, quello dell'Interno per la precisione, la tutela e la crescita del tempo libero dei giovani e delle nuove forme culturali che essi esprimono. (Non è del resto sintomatico che oggi sieda agli Interni colui che ieri era alla pubblica istruzione? Non è sintomatico del fatto che ormai solo un minimo senso di decenza impone che non si crei, anche ufficialmente, una sezione speciale del ministero di polizia che si occupi dei giovani?). Il concerto di sabato 15 febbraio dimostra ancora una volta che manca la volontà politica di affrontare questo problema e che dunque si sceglie la rapida scorciatoia di far passare la voglia di stare insieme (questa sl che Le fa paura, signor ministro), di contarsi, di contare di questi giovani. Ella non c'era, signor Ministro. E se c'era, neanche a dirlo, dormiva. Alle autorità, in questo come in ogni altre caso simile, interessava solo difendere un profitto miserrimo e miserabile e un privilegio: la gestione privata e monopolistica della cultura. Certo non. difendere la gestione in proprio del proprio tempo libero, né la « proprietà » della propria testa e della propria dignità: la testa è stata rotta ai giovani provocati ignobilmente, la dignità a voi, alla polizia a chi da anni conduce una politica gretta, impopolare, volta solo a conservare un consenso con le clientele o la bassa demagogia. Ma i giovani sopra i 18 anni che si sono trova ti con la testa sfasciata non hanno perso la capacità di ragionare: essi sapranno per chi non votare se sarà loro concesso questo diritto, se se lo sapranno conquistare, come alcuni giorni fa si sono conquistati il Palasport di Roma. Sappiamo che Ella non muoverà un dito per questa situazione, perso com'è in tutt'altri problemi e avendo giustamente in orrore questa «cultura degenerata », come la definirebbe Goebbels. E, tutto ·sommato, è meglio che Ella non si muova. Nessuno potrà toglierci il dubbio che, in caso contrario, Ella si indirizzerebbe verso piazza del Gesù, donde l'ineffabile e fatale senatore aretino non troverebbe di meglio che evocare un corpo speciale posto a difendere i Palasport dagli estremismi di tutti i colori. E la soddisfazione di veder sparare su questi « drogati, capelloni, omosessuali », questa, soddisfazione egregio ministro, non vorremmo proprio che Lei se la prendesse. Ci creda, fortunatamente, non Suoi. Il collettivo redazionale
Contrappunti aifatti I negri d'Italia Il recente scoppio del casoaborto (anzi: della tematicaaborto) ha riproposto con forza il problema del movimento in Italia e delle battaglie per i diritti civili. Un movimento non preformato e dunque non un partito o un gruppo, ma capace di formarsi e di lottare volta per volta su problemi sostanziali, di riscatto degli oppressi, di liberazione reale, di preparazione a una società più giusta. Un movimento pero, anche se eterogeneo, non generico, una lotta che individua sempre il nemico e la qualità vera dell'oppressione. Un movimento e una lotta che mettono ogni volta in luce che esistono anche in Italia, anche da noi, nel « civile » paese della tolleranza e del sole, i negri: essi hanno nome pazzi, carcerati, emarginati, donne, giovani, omosessuali. Dei negri che però hanno la pelle bianca e che dunque sono apparentemente meno identificabili. Ma in questo sta la forza del movimento: esso li identifica, li sorregge, li rende protagonisti della loro liberazione. E' stato interessante ed esaltante, in questi giorni, seguire le manifestazioni e i comizi abortisti: si vedevano le donne gestire in proprio la questione, e attuare, attraverso la pratica di autodenuncia una delle forme di lotta più imbarazzanti per il sistema repressivo: si può arrestare Spadaccia e Adele Faccio, ma è ben difficile arrestare le migliaia di persone, donne e uomini, che 8 si sono autodenunciate spontaneamente. Ma non arrestarle è reato: omissione d'atti d'ufficio! Ecco un sintomo della novità di queste lotte e del loro non essere subordinate, non aspettare mediazioni ad alto livello, non essere gestite in modo paternalistico e, alla lunga, inefficace e improduttivo. I diritti civili, la difesa delle minoranze. Due argomenti che ci hanno fatto, anni fa, invidiare nuovamente la grande America. E come allora in America il movement univa alla difesa delle minoranze un'analisi impietosa della piccola borghesia puritana e fascista, e un'analisi economica che individuava nel bisogno di mano d'opera supersfruttata l'apartheid razzista, così oggi in Italia il movimento deve saper risalire alle ragioni politiche ed economiche della sopravvivenza della legislazione fascista. Perché anche se oggi se ne parla, viene spesso dimenticato che il nostro codice penale è ancora quello del fascismo, e che l'aborto è punito non con motivazioni cattoliche ma in difesa della razza e in nome della politica demografica del fascismo mussoliniano. Cosi come sempre in nome del codice fa. scista vengono puniti i reati di vilipendio (chiaramente anticostituzionali), molti reati di istigazione, il reato di plagio (formula con la quale si può agevolmente perseguire l'omosessualità, altrimenti non configurata come reato) e via incriminando. Su queste scadenze, sulla riforma del diritto di famiglia, sul voto ai diciottenni, sulla riforma della Rai, il movimento sarà chiamato a pronunciarsi nei prossimi mesi. Su queste battaglie i negri d'Italia dimostreranno s1.1llascorta della vittoria del 12 Maggio di non essere pronti a tornare, miti e rassegnati, nei ghetti che si chiamano casa, manicomi, carcere, scuola, dandes tini tà, in cui la reazione cerca di ricacciarli e i falsi avanguardisti sperano che rimangano per continuare a « difenderli >>, a compatirli e dunque a sopravvivere. Giaime Pintor
Planet Waves In questo spazio pubblichiamo notizie, avvenimenti, indirizzi, per fornire un quadro, che all'inizio sarà indubbiamente incompleto, dei fatti « autogestiti » organizzati in I talia. Scriveteci, fateci sapere, oltre che un mezzo di pubblicità per voi, può essere utile a tutti. 1 La compagnia teatrale « La Torre di Guardia» ha lavorato alla costruzione di uno spettacolo tratto da « La morte di Danton » di Georg Buchner. Essi si sono basati sull'ipotesi che il teatro sia essenzialmente un modo di produzione di forme ideologiche: è importante secondo loro esprimere un'ideologia d'avanguardia: mettere in diverso rapporto, cioè, gli elementi specifici del linguaggio teatrale e usare contemporaneamente una successione di azioni e avvenimenti che interagiscono fra di loro. Le immagini proiettate, le scene teatrali simultanee, l'insieme di luci, brani musicali e la lettura del testo sono appunto funzionali a questo programma. La compagnia è disponibile per girare nelle scuole e nelle altre situazioni, anche per uscire dall'ambiente « off » in cui finora hanno agito. Indirizzo: Via Beccaria, 22 - Roma - te! (06) 315750. 2 A Villafranca d'Asti domenica 16 febbraio al teatro del1' asilo concerto a ingresso libero con i « Selekcia », «Alias », Sergio Baudino, non sappiamo come è andata, aspettiamo informazioni. 3 A partire dal 24 gennaio alla sala della cultura di Pavullo il Circolo « Iniziativa Democratica » e il Circolo « F. Seramini » hanno organizzato lo spettacolo « Canti e grida contro l'amerika, cioè l'America contro » serate di ascolto e discussione sulla storia della musica folk degli Stati Uniti dai canti tribali Sioux ai blues, a Dylan. Fateci sapere più precisamente come avete fatto, come era strutturata la cosa, quanto si pagava, quanto gente ha partecipato. 4 Al Circolo culturale « L'Arca», Vico Cappuccini 8, Monopoli (Ba), è disponibile l'audiovisivo « La scienza contro i proletari ». 5 « Branko », gruppo musicoteatrale di Casale Monferrato, un'organizzazione alternativa che sta lavorando per l'autogestione di tournée musicoteatrali in Piemonte per la formazione di locali e di spettacoli nelle scuole organizza spettacoli a partire da 9 maggio in Piemonte e in Valle d'Aosta insieme al gruppo teatraie di Vercelli e proiezioni di films e audiovisivi. Per contatti: Mauro Coppa - Telef. Casale Monferrato (laboratorio grafico) 0142/ 79040 (Tecnologia alterna tiva: Modo di costruzione di cose a basso prezzo). La più « anziana » e amata pubblicazione di controcultura « Paria » ( chi la volesse avere ci seriva), organizza per i suoi 5 anni di attività un grosso spettacolo a fine marzo. Cercano di tutto, pagano vitto, alloggio, spese. 6 Il « Gruppo Arte Dialogo» di Foggia è disponibile con questi spettacoli: 1) Medioevo ... e io che credevo (cabaret politico con ausilio di musiche e teatro). 2) Le crociate del crociato Fanfarendum (in occasione del referendum). 3) Chile: un golpe una storia (anniversario del golpe in Cile). 4) Scusa, perché non facciamo qualcosa di diverso? (spettacolo con canzoni e pezzi teatrali di dibattito alternativo),, 5) Chi U.S.A. l'Italia trova un tesoro. 6) Concerto-Prima-ricerca (solo musica). L'indirizzo è « Gruppo Arte Dialogo » Via Massava 14, 71100 Foggia. 7 Stampa Alternativa date le richieste da tutta Italia per l'organizzazione di spettacoli alternativi ed autogestm, contro i prezzi alti, contro le cifre da capogiro volute dai « progressive » italiani, ha lanciato, sull'ultimo numero del suo bollettino (gratis a chi lo chiede stampa alternativa cas. postale 741 ), un appello a tutti i « compagni e fratelli non coglioni che fanno musica teatro, film, audiovisivi », disposti a girare e partecipare a spettacoli autogestiti. Stanno preparando una lista di « artisti » disponibili. 8 Rassegna di musica al Gatto Selvaggio, Via Quadri 5 Bologna dopo le provocazioni poliziesche bellissimo concerto del C.D.L., il 7 febbraio, speranze per il prossimo futuro. Vanno senz'altro aiutati, sarebbe suicida spaventarsi o inorridirsi per queste cose. Se qualcuno può a tenere spettacoli in questo Circolo scriva direttamente a Via Quadri 5. 9 La Cooperativa Orchestra ha cambiato indirizzo, quello nuovo è C/O CINEMA DEMOCRATICO Corso Como 6, 20154 Milano. 10 Il « Teatro del Mago Povero » Casella Postale 200, 14100. Asti manda a richiesta il depliant pubblicitario sui loro 8 spettacoli. Dieci ore di musica il 18 febbraio al Palasport di Roma, organizzato dalla F.G.C.I. con i complessi cileni QUILAPAJUN ed INTI Illimani, Giorgio Gaslini, Luigi Nono, Mario Schiano, Lucio Dalla, Il Duo di Piadena, Della Mea, Pietrangeli, Marini, Amodei, Maria Carta, Rosa Balestrieri, Ernesto Bassignano, Maria Monti. A cura di Chicco Ricci e Angelo Camerini
Lassastà lamècreatura La paura della donna della classe media americana nei confronti del nero è dovuta non tanto al colore della pelle o alle sue differenti caratteristiche somatiche che anzi è risaputo non disdegnerebbe affatto, nei suoi sogni segreti, conoscere più da vicino, quanto per i modi assai diversi di linguaggio, di espressione, di vita che rendono il nero o il pellerossa, l'immigrato europeo o l'asiatico « altro » dallo yankee e dal suo schema di vita sociale. E' questo il vero razzismo insito nei principi di sviluppo del capitalismo occidentale se non di tutta la civiltà bianca: quello cioè di riconoscere solo a se stessa la capacità di fare cultura, ovvero di sintetizzare in forme di comunicazione e produzione le più alte potenzialità di una intera umanità. Tutto il resto è inciviltà e pertanto va soppresso. Esempi di questo processo ne abbiamo anche troppi: stermini di popoli interi fin dai tempi più remoti sono stati perpetra ti in nome della civiltà; basti pensare ai recenti fatti del Cile, al bisogno del1' America di distruggere, attraverso i generali fascisti servi suoi, oltre l 'opposizione politica ogni forma di libera espressione di quel popolo che si andava organizzando in forme culturali autonome (pensate soltanto ali' incendio degli archivi di Violeta Parra coi mille nastri e documenti di cultura contadina e operaia cilena). Anche in Italia di esempi ce ne sono a migliai• dall'od:J artificiosamente generato nei confronti degli immigrati meridionali al nord, alla lingua ufficiale di forza imposta sugli idiomi locali, alla repressione della chiesa su ogni forma d'espressione non ortodossa e via dicendo. 10 Oggi che esistano due modi esattamente opposti di esprimere la cultura è ormai chiaro a gran parte della nostra generazione. C'è una cultura falsa prodotta da chi detiene il potere e finalizzata quindi ai propri interessi di classe: priva di contenuti umani anche se formalmente curata; c'è poi la cuitura che nasce dal basso, dalle classi subalterne, dagli sfruttati e che ha radici profonde nelle tradizioni e si rigenera continuamente nelle esperienze di vita e di lotta. Esiste da noi- come in ogni altro paese il teatro popolare, una visione della storia popolare, una religiosità popolare, una poesia popolare e non da ultimo un modo popolare di fare musica. Quando siamo nati come Canzoniere del Lazio, agli inizi del '72, con le grandi lotte operaie e studentesche alle spalle, la voglia di fare era il nostro impegno e il gruppo aveva una precisa fi. nalità: quella di conoscere, studiare e rimettere in circuito elementi di espressività autonoma contadina e operaia della regione. I nostri strumenti erano le voci, l'organetto, la chitarra, il violino, il flauto e il tamburello. In collaborazione coi compagni del Nuovo Canzoniere Italiano anche noi cominciammo a portare le nostre canzoni in giro per teatri e piazze del paese. La nostra musica non era né nei testi o nelle forme dissimile da quella che registravamo nelle osterie e nelle campagne, ma neppure era perfezionistica o accademica. Spesso nelle feste di piazza i protagonisti delle nostre storie si sostituivano a noi sul palco oppure lo svolgimento alcolico delle feste ci costringeva più a ballare che a cantare, più a partecipare che a portare messaggi e allora il nostro populismo da studenti andava dritto dritto a farsi fottere... nel frattempo scoprivamo col significato di strani riti e dietro ai simboli di testi strani modi di fa. re musica; di improvvisare armonie, ritmi, discanti che neppure ci immaginavamo. Da allora molte cose sono cambiate nello sviluppo del gruppo e della musica ma c'è una continuità precisa.
Innanzi tutto è bene parlare di quanto avveniva in Italia più in generale. L'accrescersi dell'interesse per la musica popolare, interesse tutto economico e di calcolo politico, provocava strani e repentini cambiamenti nello geografia dei cantanti e musicisti italiani. Mentre la « cucina rustica », gli abiti contadineschi, l'aneddotica e le ambientazioni letterarie agresti diventano merce preziosa e nuova italica cultura cominciando la Berti e la Cinguetti a cantare canzoni di cui neppure conoscono il significato, molti fra gli operatori della ricerca e della genuina riproposta della musica popolare sono costretti a dure scelte: alcuni vengono irretiti dalle allettanti proposte del nuovo mercato, altri si chiudono in dignitoso ma sterile silenzio o si affogano nei ricordi mentre altri ancora continuano, con difficoltà sempre crescenti, per la loro strada. In questo periodo il nostro gruppo vive una storia tutta sua: dall'incontro con alcuni vecchi amici che nel frattempo hanno sviluppato esperienze diverse nasce una nuova formazione e accanto ai tradizionali strumenti compaiono basso e chitarre elettriche, sassofoni e batteria. Per prima cosa si attacca uno studio intensivo delle forme e i modi che il Canzoniere nella sua prima esperienza aveva acquisito adattandole alle sonorità dei nuovi strumenti. Le esperienze di quelli di noi che vengono dal jazz e dal rock servono come nuovi modi di interpretazione mentre ritmi e armonie restano quelli originali. Si sviluppa moltissimo l'improvvisazione. La musica che ne scaturisce non è una versione in chiave rock-jazz di temi popolari, ma piuttosto una nuova musica tutta basata sulla reinvenzione su schemi tradizionali. Passare da un gruppo di quattro persone a uno di sette in un anno cosl difficile per gli operatori della musica da ascolto ha certamente aumentato le difficoltà del gruppo (dagli inizi il C.d.L. si è mosso sul piano professionale). Tuttavia anche l'attività del nuovo Canzoniere del Lazio è stata in tensa: siamo tornati nei vecchi posti, nelle feste di piazza, nei teatri di città e l'impatto è stato positivo: anzi un nuovo pubblico si è aggiunto a quello già nostro, un pubblico fatto di gente come noi interessata al discorso musicale oltre che a quello politico. In situazioni come il festival di Re Nudo a Milano, nelle scuole dove abbiamo tenuto concerti, ci siamo sentiti dentro una musica attuale e nostra. Perché in fondo nonostante le varie etichette che molti ci hanno voluto asse11:nare.auello che 11 facciamo è in sostanza molto semplice, almeno negli intenti. Come il rock nasce dal blues e il blues dai canti di lavoro del proletariato nero americano, sviluppando le tradizionali forme musicali rispetto al modo nuovo di lottare, cosl si propone di fare la nostra musica, non pretendendo di essere altro che un contributo allo sviluppo di nuovi modi di comunicazione e di vita collettivi verso una liberazione totale dai bisogni e dai ruoli. Non ci va affatto di diventare nuovi simboli o oggetti di consumo, magari rivoluzionari, e non ci troviamo più a nostro agio in dimensioni di oceaniche adunate, tipo l'ultimo concerto al Palasport di Roma per il voto a 18 anni, dove è del tutto impossibile qualsiasi momento non isterico di comunicazione. Vogliamo suonare molto ma in situazioni dove chi suona e chi ascolta si riconosce, fa musica insieme, trasmette esperienze. Come nelle feste di paese dove chi suona non è artista per missione divina, ma serve per stare insieme, per ballare e rinsaldare i vincoli affettivi della comunità. Francesco Giannattasio Piccola biografia del C.D.L. Nasce - Primavera 1972: Piero Brega (voce e chitarra); Francesco Giannattasio (voce, organetto e percussioni); Sara Modigliani (voce, flauto); Carlo Siliotto (voce, chitarra e violino). In questo periodo il C.d.L. svolge una certa attività con il Nuovo Canzoniere Italiano e assieme partecipano a rassegne, spettacoli collettivi e festivals. Nell'Inverno '73 insieme a Giovanna Marini, Elena Morandi, Gianni Nebbiosi e alcuni componenti di Alberomotore danno vita allo spettacolo « Fare musica». Le felici repliche dello spettacolo rafforzano quelli del Canzoniere nel proposito di tentare una fusione con altri modi musicali. Nasce una nuova formazione per l'album Lassa Sta' La Me Creatura e agli originali componenti meno Sara Modigliani si aggiungono: Pasquale Minieri (chitarra elettrica e basso); Luigi Cinque (sax tenore, soprano e clarino); Gianni Nebbiosi (sax soprano e clarinetto); Giorgio Vivaldi (percussioni). La formazione attuale è la stessa ma senza Nebbiosi e con Pietro Avallone alle percussioni. Discografia Quanno nascesti tune - Dischi del sole - DS 1030/32 Lassa sta la me creatura Intingo - Ital 1400:
Nella rivolta negra d'America da Malcom X in poi i bianchi sono stati presi contropiede dai negri proprio nei loro argomenti cruciali del nazionalismo e del razzismo: i movimenti rivoluzionari si sono costituiti non più per l'ennesimo tentativo riformistico di conquistare le posizioni bianche inaccessibili ai negri ma per I'affermazione di una « Nazione Negra », autonoma nella sfera d'azione della « Nazione Bianca », che risolvesse l' antica ambiguità per la quale gli uomini di colore sono considerati americani quando devono morire in guerra o vincere le Olimpiadi e invece sono considerati negri quando devono essere assunti negli impieghi o sedersi nei ristoranti dove è obbligatoria la cravatta. Naturalmente il jazz fu l'argomento chiave delle rivendicazioni per l'autonomia negra. Dalla solita ambiguità bianca secondo la quale il jazz non è negro ma americano, i rivoluzionari di colore si difesero costatando che a essere sicuramente americano e non negro è lo sfruttamento del talento negro: le compagnie discogra.fiche, i clubs notturni, i festivals, le riviste, le stazioni radio, perfino le agenzie di preno tazione dei posti ai concerti sono senza eccezione in mano dei bianchi (si sa che l'organizzatore dei concerti e della Nazionalismo negroerivoluzione nellamusica produzione discografica di Charlie Parker ha potuto raccogliere una collezione di quadri famosa nel mondo mentre Parker moriva in miseria da tossicomane disperato); e sicuramente americano e non negro è l'ininterrotto sabotaggio che ha negato sistematicamente riconoscimenti pubblici alle « stelle » negre (in tutta la storia della fondazione Guggenheim premi a jazzisti negri non ne sono mai stati dati tranne a Omette Coleman; in una escalation che raggiunse il suo culmine nel 1966 quando contro ogni aspettativa Duke Ellington non ricevette il Premio Pulitzer per la musica, in quello che dalla critica internazionale venne considerata un affronto al mondo musicale, culturale e negro d'America). Per la musica come per tante altre cose i negri sono stati e sono tuttora trattati come una specie di terzo mondo, una colonia sottosviluppata usata dalle metropoli bianche come un capitale che produca nuovo capitale, e usati a volontà nei movimenti del capitalismo industriale: per esempio durante la seconda guerra mondiale molti negri furono assunti nelle fabbriche (svuotate dal richiamo alle armi e d'altra parte impegnate nel boom della produzione bellica) e dunque gettati nel mulinello del consumismo, soprattutto discografico; ma intanto il razionamento del materiale discografico, per esempio della gomma lacca, produsse un razionamento della produzione dei dischi e per quattro o cinque anni gli artisti negri che stavano creando il nuovo stile detto poi bebop dovettero elaborarlo senza che fosse accessibile al pubblico consueto (vale a dire agli ascoltatori di dischi) e dunque tenendolo underground: alla fine della guerra furono in mo!- ti i reduci negri che « scoprirono » il bebop di Parker e di Gillespie, già trattato in una specie di culto superesoterico e considerato alla stregua di un « movimento» ma non ancora divulgato dai dischi. Questa sorte non toccò al cool jazz bianco. Con la Guerra Fredda (che va all'ingrosso dalla guerra di Corea al primo periodo della presidenza di Eisenhower) il romanticismo disinibito e le passioni denudate del bebop - dello hot jazz - di New York si smussarono e si smorzarono nell'introversione e nelle tensioni soffocate del cool jazz della California. Senza razionamenti di gomma lacca Chet Baker e Jerry Mulligan diventarono gli eroi del cool jazz, ed è con qualche orgoglio che i nazionalisti negri sostengono che appena i negri, dopo il capovolgimento economico che seguì la guerra in Corea, poterono rientrare nel mercato del jazz sia come creatori che come consumatori, il cool jazz, che a parte Miles Davis era eseguito e creato da bianchi, fu soffocato da una nuova ondata di musica negra che venne definita hardbop (e più tardi funky bop e ancora più tardi soul jazz) e si basava sul bebop dell'underground. Fu proprio Miles Davis a iniziare quello che ad alcuni parve un movimento musicale di ribellione negra con-
tro il fagocitamento bianco esercitato dal cool jazz californiano: forse la proposta dello hardbop iniziò il 29 aprile 1954 con la registrazione di W alkin', polemico sia perché riprendeva la forma dei blues negri dopo le complessità sinfoniche di stampo europeo praticate dai compositori bianchi del cool jazz, sia perché già nel titolo riproponeva il mondo folkloristico negro, con l'uso consapevole del dialetto inteso ormai come manifestazione di orgoglio nazionalistico. Non c'è dubbio che lo hardbop come rivolta dei musicisti negri andò di pari passo col Movimento di Liberazione d'America, in quel primo momento ancora riformista quale lo aveva proposto la non violenza di Martin Luther King (il cui boicottaggio degli autobus avvenne infatti nel 1956) o ancora teso nell'estremo tentativo di integrazionismo scolastico (gli avvenimenti di Little Rock ebbero luogo nel 1957); ma and6 anche di pari passo con le varie rivolte che avvennero in Africa per l'abolizione del colonialismo, e infatti in molti titoli di musiche negre di America, dal 1954 in poi, cominciarono a comparire sempre più frequenti gli accenni alle rivolte africane. Mentre alcuni titoli si concentravano su veri e propri temi africani, in un filone forse iniziato dalla composizione Airegin, o, letta al contrario, Nigeria, del sassofonista Sonny Rollins, che poté incidere il disco per l'aiuto di Miles Davis e fu considerato con Davis e Coltrane un leader simbolo dello hard/funky/soul jazz, altri si concentravano su temi afroamericani (esperienze religiose o orgogliosi manifesti razziali o riferimenti alla storia negra d'America o panegirici dei leaders della liberazione negra), fino a entrare nel proselitismo politico: nel Fire Music di Archie Shepp la canzone « Malcom Malcom - Semper Malcom » non è soltanto una delle prime commemorazioni musicali del leader asassinato ma è la dimostrazione che almeno una parte della musica afro-americana, o jazz che sia, a un certo momento è diventata una vera e propria estensione del movimento nazionalista negro. Il canale del nazionalismo musicale negro si andò precisando all'inizio degli Anni Sessanta preludendo alla radicalizzazione politica con temi e proposte sempre più intrecciati alla rivoluzione: il disco di Max Roach e di sua moglie Abbey Lincoln The Freedom Now, inciso nel 1961, diede nome nel 1964 al partito negro nazionalista Freedom, scatenando se ce ne fosse stato bisogno l'aggressione dell'opinione pubblica al « razzismo alla rovescia » sia del musicista sia del partito. Non c'è dubbio che la connessione tra il nazionalismo negro della musica e della letteratura con quello dei ghetti negri creato dalla Nazione di Islam (enorme prima della scissione tra Malcom X e Elijah Muhammad), diventò anche più stretta, dopo l'assassinio di Malcom X con la costituzione per le elezioni 1964 del partito Freedom Now solo per negri e poco dopo con la diffusione delle Pantere Nere. Non è a caso che le Pantere Nere nacquero leggendo una poesia di rivolta: tra la élite dei musicisti (come degli scrittori) negri e la vasta comunità negra c'è sempre stato un rapporto spesso ignoto invece alle varie élites culturali o economiche bianche nei riguardi delle loro comunità. Anche il precorritore bebop, che per tutta la durata della guerra e nell'immediato dopoguerra rimase underground si accentò intorno al Blues di Parker Now's the Time. E' venuto il momento, connesso coi problemi sociali del momento. Now's the Time veniva ascoltato più o meno mentre i lavoratori afroamericani organizzavano una marcia su Washington per raggiungere negli impieghi la parità di diritti coi bianchi, o mentre avevano luogo le sommosse di Harlem e di Detroit o mentre nelle caserme si protestava sempre più violentemente contro la discriminazione Jim Crow, e cosl via; e dunque voleva significare che era venuto il momento di abolire razzismo, discriminazione, segregazione, oppressione. La protesta underground del bebop, contemporanea per intenderci alla protesta precontestataria di Allen Ginsberg e Jack Kerouac, venne soffocata dal Cool Jazz, che però venne soppiantato attraverso Miles Davis dallo hard bop e subito dopo dal funk/ soul movement, che a sua volta fece da punto di partenza ai musicisti del nazionalismo negro in senso poli, tico; e via via che la musica negra sall da underground sulla superficie, sall upground, diventò sempre più chiaro che allo stesso modo che i vecchi blues erano serviti a diramare da una piantagione all'altra, da un campo di lavoro all'altro, la voce della protesta e della speranza degli schiavi, la nuova musica non si limitava a divulgare la creatività negra ma si faceva veicolo di una protesta sempre più dura. Quando la nuova musica tentò di definire il jazz, ripeté l'antico credo che è nato dall'oppressione e dalla schiavitù, ma ne dedusse che dunque si rivolge alla liberazione non soltanto dei negri ma di tutti i popoli; e per esempio prese posizione contro la guerra in Vietnam e a favore della Rivoluzione di Cuba. Fernanda Pivano
D. Perché non fai dei con• certi a Roma visto che sei qui? R. Ci sono problemi di or• ganizzazione; ci hanno chie• sto di suonare, ma il tutto si è svolto in maniera confusa; ognuno ci ha detto una cosa diversa. D. Il tuo ultimo disco « Where have I known you before » è molto ricco di idee stimolanti, ed è senz'al. tro un passo avanti rispetto a tutto quello che hai fatto pri• ma. Come vedi questo lavoro in prospettiva? R. Prima di tutto devo dire che « Where ... » risale alla scorsa estate e che tre setti• mane fa abbiamo registrato un nuovo album, con la stes• sa formazione ma ancora di• verso. Il nuovo album uscirà tra pochissimo in America e io lo preferisco al prece• dente. Quando scriviamo la musica e la mettiamo insieme, non pensiamo molto alle note, ma piuttosto a quello che sentia• mo emotivamente. Vogliamo essere sicuri che la musica comunichi con la gente. Comporre musica è molto fa. cile, oggi ci sono molti com• positori che fanno musica facilmente; quello che mi in• teressa è comunicare con la gente. E questo mi riesce grazie alla stabilità che c'è ora nel gruppo ( « Return to fore,ver »). Per questo non voglio smettere di suonare con loro. Per quello che vo• gliamo fare è una composi• zione molto giusta per riu• scire a comunicare in questo momento. D. Cosa pensi del rapidissi• mo sviluppo delle tastiere e• lettriche, che pur essendo strumenti relativamente nuo• vi, sembrano già essere ac• quisiti come se fossero più antichi di quello che real• mente sono? R. Il sintetizzatore viene suo• nato da dieci anni, e gran parte della sperimentazione è stata fatta, ma il primo passo è sempre tecnico. Do• po, qualcuno cerca di urna• nizzare questi strumenti. E' così anche per gli altri a• spetti della scienza. La prima cosa che viene fatta è la bom• ba atomica. Ma questo non è difficile. Il difficile è !'al• tra faccia del problema e cioè umanizzare questi strumenti. Il difficile, con il sintetiz. zatore, è ottenere gli stessi risultati che si possono ave• re con uno strumento acu• stico. D. Per te è lo stesso ora? R. E' una cosa nuova. Io suono il piano acustico da vent'anni e non mi è diffi. cile esprimermi con questo. Le tastiere elettriche le co• nosco da pochi anni e ho ancora bisogno di molto stu· dio per esprimermi ai mas• simi livelli. Comunque non sono molto interessato alla sperimentazione tecnica. Se imparo qualcosa la voglio usare subito. D. Ti interessa il modo di suonare di Sun Ra? R. No. Mi piace lan Ham• mer. E ci sono dei tastieristi che suonano gli strumenti elettronici in modo intelli• gente anche in alcuni gruppi rock; Keith Emerson per esempio. D. In questo momento riesci ad avere un buon rapporto col pubblico americano? R. L'America è il posto più facile. E' molto più difficile in Europa ed in Giappone. Il pubblico americano capi• sce molto velocemente le CO· se nuove. I giovani, special• mente; ma è normale che i giovani, e questo avviene in tutto il mondo, capiscano le nuove cose della cultura me• glio degli altri. D. Come ti sembrò il concer· to di Milano dello scorso anno? R. E' stato buono. Pazzo. Era parecchio tempo che non facevano concerti a Milano e venne molta più gente di quella che poteva entrare. Così quelli che rimasero fuo. ri si arrabbiarono e comin• ciarono a rompere tutto. Ma la gente che era dentro reagì molto bene al concerto. D. Nel disco « Hymn of the seventh galaxy » c'era un pezzo chiamato appunto CO· sl. In « Where ... » c'è un pezzo chiamato « Beyond the seventh galaxy ». Questa 14 Intervistacon ChickCorea
successione mostra volutamente un passaggio, un superamento? R. Questa è l'idea. D. E nel prossimo disco ci sarà « Beyond beyond the seventh galaxy? » R. Vuoi dire come la serie « Frankestein », « Il figlio di Frankestein », « La moglie di Frankestein? » D. Scherzi a parte, intendo come superamento, come spinta in avanti. R. In un certo senso si. Facciamo una cosa diversa ma seguendo una stessa linea di sviluppo. Se prima la musica andava cosi =, adesso va cosi. >. E' più aperta. Da una parte è stato accentuato l'elemento ritmico, che ora è molto più « funky » per ballare. Dall'altra è più spaziale. Comunque, suoniamo anche strumenti acustici, e facciamo anche un pezzo spagnoleggiante. D. Con la tua musica riesci ad ottenere un impatto veramente forte, ma tu sei anche un musicista di sfumature, di passaggi sottili ed eleganti. Continuerai anche questo discorso? R. Sicuramente. Quando stabilisci un contatto col pubblico e comunichi con loro, allora puoi andare avanti, come hai detto, e fare cose più sottili più profonde. L'ultimo disco, almeno mi pare, è appunto più pieno di queste sfumature. D. Qualche anno fa, incidendo « Now he sings now he sobs » hai dimostrato ai critici scettici di essere un eccellente pianista. Probabilmente ora sei allo stesso livello con le altre tastiere. R. E' difficile dirlo dal mio punto di vista perché sono io che lo sto facendo. Alla base c'è sempre la stessa intenzione di creare cose di qualità, e sta a voi decidere. Io cerco di creare cose belle per comunicare, e voglio studiare ancora, specialmente il sint., per esprimermi agilmente, per parlare umanamente. D. Keith Jarrett ha criticato la tua musica. Perché questa polemica? R. Non me lo ha mai detto in faccia. 15 D. Forse sono i giornali che travisano. R. Io e Keith siamo molto amici. E' più questione di emotività che di musica. A me piace molto il suo modo di suonare e penso che se il suo atteggiamento verso la gente fosse più aperto, la sua musica sarebbe ancora migliore. D. Cosa ha significato per te l'esperienza con Miles Davis? R. E' stata una esperienza molto buona. Ho imparato molto da lui. E' pieno di capacità creative, e si impara molto vedendo come lavora, come crea. D. Hai imparato da lui come comunicare col pubblico? R. No, non questo. Da Miles Davis ho imparato. qualcosa sulla musica, ma non la comunicazione. Perché non è nelle sue intenzioni essere comunicativo. D. Oggi la situazione musica in America è molto confusa, quale pensi sia la causa principale? R. Sono successe molte cose importanti. Prima di tutto non esistono più i vecchi leaders: Armstrong, Ellington, Parker, Coltrane e infine Davis. Dopo Davis non esiste più questo tipo di figura che emerge e influenza gli altri come un maestro. In secondo luogo la musica commerciale e la cosiddetta musica seria, prima erano nettamente separate, mentre ora tendono a sovrapporsi, e questo per me è molto im_portante. Questa situazione si deve a dei musicisti che vogliono creare delle cose importanti, ma nello stesso tempo vogliono realizzarle a stretto contatto col pubblico. Tutto questo è molto stimolante. D. Prima hai parlato di « maestri » che non esistono più, ma molta gente pensa che tu ora sia un« maestro ». R. Questo mi da la responsabilità di dover fare delle cose molto buone. Ma l'importante è che adesso la musica commerciale non è sinonimo di disonestà. Contrariamente a quanto pensano molti. La gente comincia a fare e a volere questo, ed è una cosa positiva. Negli Stati Uniti questa trasformazione sta avvenendo velocemente; la possibilità, cioè, che la buona musica sia anche commerciale. Stevie Wonder, per esempio. A me piace molto la sua musica; la trovo molto bella e molto onesta, e nello stesso tempo comunica con chiunque. D. Cosa altro ti piace parlando di cose estremamente comunicative? R. Molte, ma non tanto quanto S. Wonder. Mi piacciono gli « Y es », la « Mahavishnu orchestra », i dischi di H. Hancock, Larry Coryell e mo!ti altri. Mi piacciono le cose « funky », quelle che ti mettono voglia di ballare. D. Pensi di fare cose acustiche come « Light as a feather » in futuro? R. Farò certamente cose acustiche, ma diverse da « Light as a feather ». Oramai « Return to forever » è un gruppo molto stabile, e ognuno può fore delle cose separatamente. Stanley Clarke, per esempio, ha fatto un disco veramente buono insieme a Jan Hammer, Bill Connors ed altri. lo ho molti progetti; farò dei dischi da solo con musica acustica ed elettrica; forse far6 qualcosa con una grande orchestra. D. Deve essere molto importante per te lavorare con dei compagni veramente eccezionali. R. Naturalmente. Il « feeling » che c'è ora è molto forte, e lavorare in gruppo è molto creativo, perché nei « Return to forever » non c'è un leader. Abbiamo tutti la stessa funzione. D. Come ultima domanda. Cosa pensi ci sia oltre la settima galassia? R. Immaginazione. Niente di serio e di profondo. E' un gioco di fantasia che ti fa immaginare una galassia molto bella e molto grande dove la gente si diverte molto. Gino Castaldo con l'aiuto di Serena e Pasqualino foto di Piero Togni
Credo ancora che il vento passi tra quei capelli senza scompigliarli, ricevendo da essi quelle onde di energia e di amore che vivevano solo un palmo il viso del dolce Nick. E credo anche che la mancanza di Nick sia una questione di pochi attimi, giusto l'accorgersi della presenza immutata della sua musica, il prendere coscienza dei miracoli dentro di lei, respirarne il profumo a pieni polmoni e con un grazie grande un mare dalla bocca... Nick dorme ed è ad un risveglio pronto a portata di mano al sole di sabatò o nel cuore di una bambina, mentre il sole ti aiuta a decidere quello che devi fare nel tenere un occhio puntato alle stelle: è un suono meraviglioso colto sul selciato di una chiesa una figura di Buddha impagliata nel sangue di un compagno, un'armonia dolcissima voce di angelo ed immagine che si sdoppia nello spazio ed il tempo che non ha più ragione di esistere e tormentarti... e lo puoi amare, questo tempo, cosl come Nick Drake - quasi nel silenzio - ci ha detto una volta. Proprio ora, e con tanto ritardo, parliamo di questo ragazzo dal magico alfabeto di amore fatto note, di un folksinger e del suo suono che giunge dalle anticamere della felicità triste, di un autore schivo dall'evidenza quotidiana, di un uomo giovane che ha portato in spalla il segreto di raccontare se stesso e lo specchio dei suoi occhi in una scrittura a cristalli, a rifrazioni dolci e magnetiche... ed in sole tre comunicazioni diritte al cuore. Five Leaves Left e Bryter Layter e Pink Moon gioielli di un linguaggio che ha il sapore di una pipa raccolta tra le ceneri o la magia mito realtà di una scrittura indecifrabile e pure piena di energia: opere il cui calore risiede tutto nella voce disciplinata ed ipnotica di Nick, nella strumentazione raccolta Nick Drake e che il vento si sciolga nell'amore sulle sue labbra e nel dar colore e causa al suono con i mezzi espliciti della dolcezza e del purificarsi stesso delle armonie. E che Nick Drake sia un grande della musica moderna questo basta scoprirlo nelle sue composizioni rarefatte, quasi invisibili, tanto filiforme e tenue è la costruzione su cui poggia il suo Tutto, tanto più grande è, invece, il modo con cui le cose ti vengono porte, con un'insistenza dolce e suadente e con una filosofia personale davvero sconvolgente... « Questo fiume è cosl sconosciuto che non se ne conosce neanche il nome » e Nick canta del suo fiume e del suo parlare con lui alla luce di un crepuscolo e narra della sua passione per Mary Jane senza eufemismi ed incertezze, puntando diritto al sodo di una poesia solida e pulita ... Five Leaves Left è una prima opera, datata '69, che racchiude in sé ogni gemma della bontà umana e musicale drakiana ed è incredibile l'accorgersi di trovarsi dinanzi a piccole gemme incastonate in un solo grande gioiello perché il suo è sempre penetrante e giusto nell'equilibrio dell'elettroacustica e del mercato celeste di parole dolcissime... « Time Has Told me », « Day Is Done », « The Thoughts Of Mary Jane » e su tutte « The way to blue », narrate a calligrafia minuta e comprensibilissima, interrogazioni romantiche e sconvolte, forse una paura innata, quella di non poter dire sino al fondo tutta la verità, forse la fatica di comunicare... nella vie del blue ... 16 ...chitarra, pianoforte, archi contenuti in un fazzoletto intriso d'acqua e zucchero, questo il Drake della sua musica. Sempre. Anche nello splendido « Bryter Layter » gli incantesimi vivono un'altra volta e ne sentiamo l'ansia farsi più pressante, più accesa, cercare di scoprirsi nell'assoluto ... ché l'uomo e l'artista muovono passi più maturi nel circo magico della conoscenza, e nella consapevolezza di non conoscere ancora il Nulla - la cosa più importante - ed il senso in fondo panico del suo carattere viene tuttavia cancellato in composizioni che lasciano il cuore aperto solo ad una gioia triste e coerente, non certo alla paura del vedersi tingere le sabbie del cervello di rosso e poi nascondersi nell'ombra... con Nick questo viene a galla, è vero, ed in fondo è semplice scoprire in lui l'artista sconvolto ed intimista al massimo, il classico essere schivo, forse, anche dalle persone, l'individuo alle prese con la propria sottile continua sofferenza da trasformare in gioia pura per gli altri e quindi per sé. John Cale, Richard Thompson, Dave Pegg, Chris Mc Gregor ed altri geni dell'ambiente inglese contemporaneo lo accompagnano in « Fly » « Poor Boy » « Northern Sky » « Sunday » «Hazey Jane» e son tutti capolavori ... solo da sentire. Poi l'ultimo tracciato lieve di pensiero « Pink Moon », opera più ancora personale delle precedenti, lavoro di acquisizione completa del pensiero rarefatto, magia di un momento portato all'infinito del tempo ... Drake ed i suoi colori cosi leggeri e le pennellate di suono tanto vicino ai Grateful Dead di Jerry Garda quando era ancora Maestro e la strada tutta da percorrere nel viaggio dell'io libero, e molte sono le parti che legano ancor più fermamente l'artista alla natura ed all'osservazione flebile e dal sapore di incenso, il corpo di un filo d'erba restituito alla sua sconvolta bellezza dalle parole di un poeta ... e che la vita sia anche tempesta ... Hai visto la luce degli alberi - dimmi quello che vedi mostrami quello che hai da mostrare se conosci la strada - guidami e che sia il suono della tua voce a guidarmi verso le stelle. Maurizio Baiata
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