58 La storia del Perigeo può essere riassunta nella produzione discografica. Tre sono i dischi all'attivo: 'Azimut'. 'Abbiamo tutti un blues da piangere' e il recentissimo 'Genealogia'. Tre dischi che testimoniano un continuo crescendo di affiatamento di gruppo, di appropriazione e di approfondimento di nuovi modi d'espressione. Il crescendo qualitativo è coinciso con un sempre più vasto dibattito sulla novità dei contenuti musicali del gruppo e sulla sua unicità nel contesto italiano. Dibattito interessante per almeno due motivi; per l'interesse specificamente musicale che il Perigeo ha destato, e per una chiarificazione dei rapporti tar i musicisti cosiddetti 'progressivi' e il mercato discografico. Ecco i motivi di questo incontro con tre dei componenti del Perigeo: Giovanni Tommaso, Bruno Biriaco e Franco D'Andrea. Anche se la storia del Perigeo è piuttosto recente, non lo è altrettanto quella dei singoli musicisti, tutti collaudatissimi profesionisti, passati attraverso varie esperienze e poi approdati, con un nettissimo salto stilistico, al nuovo genere, che si potrebbe definire genericamente jazz-rock, o jazz che, in quella terra di nessuno che è l'avanguardia, si è incontrato con certe ispirazioni tipicamente rock. Sarebbe interessante, comunque, conoscere i parametri e i punti di riferimento che inizialmente sono stati alla base delle scelte del Perigeo. Tommaso - « I pezzi compresi in 'Azimut' sono stati composti prima della formazione del gruppo e prima dell'incontro con le esperienze di gruppi come i Weather Report, i Nucleus, chick Corea ... Nomi ovvi, quando si parla di un certo tipo di musica. L'unico di cui si conoscevano le recenti esperienze era Miles Davis che poi è il caposcuola di questo genere. Ma in realtà non è il caso di parlare di riferimenti precisi. Le nfluenze ovviamente, ci sono ma a livello inconscio, filtrate dalle personalità di ciascuno di noi. E certamente, più che le singole influenze, l'elemento catalizzatore, che ci ha unito, su quale c'era una perfetta convergenza di idee, è stato l'esigenza e la volontà comune di un nuovo atteggiamento nei confronti della musica e soprattutto nei confronti del pubblico. Si può dire, anzi, che siamo arrivati a definire certe scelte musicali in funzione di questa volontà di parlare ad un pubblico più vasto, meno smaliziato ed élitario del consueto pubblico che segue il jazz». Coerentemente a queste intenzioni il Perigeo ha suonato un po' dovunque, sia nelle tipiche manifestazioni jaztistiche sia in rassegne e fe. stivals di carattere prevalentemente rock. E le reazioni, logicamente sono state diversissime. Tommaso - « Agli inizi non è stato facile e bisogna sottolineare che le maggiori difficoltà le abbiamo avutte proprio nei templi del jazz, da cui noi provenivamo e in cui, rientrando sotto la nuova veste del Perigeo, venivamo o rifiutati o accettati con molte riserve ». Nei tre dischi realizzati dal Perigeo c'è una costante evoluzione qualitativa. Nell'ultimo, certamente il più completo, tutti i componenti appaiono a loro agio e sembrano aver recuperato nel nuovo stile quella disinvoltura espressiva che dimostravano prima della formazione del gruppo. Biriaco - « Questo dipende dall'affiatamento che abbiamo acquisito in tre anni di lavoro, e che ci ha permesso gradualmente di rinnovarci. Ora non ci sono tra noi elementi trainati e passivi ma tutti spingiamo con convinzione nella medesima direzione, lasciando però integre le nostre singole personalità. Inoltre, il modo in cui oggi suoniamo è il risultato di un continuo esame autocritico sulla validità delle cose che facciamo ». Malgrado questo c'è ancora chi sostiene che il vostro nuovo sound è opportunistico, e che voi siete voi stessi quando suonate in un contesto più tradizionale. D'Andrea - « Si tratta, evidentemente, di una proiezione. Chi sostiene questo, cioè, proietta su di noi quello che ha dentro e tende a veder-- ci realizzati in un modo piuttosto che in un altro come certi critici che accettano, senza riconoscerli, i nostri pezzi se invece di eseguirli come Perigeo, li suoniamo, ad esempio, in trio con strumenti acustici ». Forse è proprio per questa connaturata avversione per i cambiamenti bruschi che molti critici vi osteggiano. Biriaco - « Io penso che generalmente il critico si abitui ad un certo discorso musicale e al mondo che ne deriva. Tanto è vero che la storia del jazz la fanno i musicisti e non i critici "· D'Andrea - « La difficoltà è che spesso nella musica avvengono delle svolte improvvise e radicali che fanno cambiare parametri e metri di giudizio. E questi cambiamenti mettono in crisi chi, come il critico, è abituato a giudicare e non a creare, e che quindi ha bsogno di crearsi certi scherni che poi fatica a distruggere». Bisogna aggiungere, inoltre, che per il vostro particolare discorso, si aggiunge anche un preciso discorso generazionale. Tommaso - « Il discorso generazionale è certamente uno dei più importanti. E' un conflitto che esiste e che difficilmente può essere superato, perché ogni generazione tende a negare i valori di quella che l'ha preceduta. Il jazz, poi, che è un'arte recente e che ha subito numerosissimi capovolgimenti acuisce questo
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