ei•••• LA CLASSE DIRIGENTE Jack, il quattordicesimo Lord Gurney eredita, per la morte improvvisa del padre, un'immensa fortuna oltre naturalmente al titolo nobiliare. I parenti considerano una pazzia questa decisione testamentaria perché Jack è paranoico a causa degli anni passati in college a E!on, ed ha vissuto per anni in ~- na clinica per malati menr1li. Le cose si complicano quando il nuovo Lord appare e prende possesso dei suoi averi; convinto di essere Gesù Cristo e agendo coerentemente a questa convinzione, sconvolge l'establishment vecchio di secoli della perfetta nobile fa. miglia inglese. Travestito da Redentore va predicando di stanza in stanza nell'immenso castello la povertà assoluta, saltella attraverso i prati della sua tenuta glorificando se stesso in quanto reincarnazione . di Dio sulla terra, medita, appoggiato ad un'immensa croce, suo unico effetto personale, che si è fatto istallare nel soggiorno. E' chiaro come i parenti cerchino di prendere delle contromisure necessarie per salvaguardare la tradizione e l'onore, sconvolto dalla follia del nobile Jack Gesù Cristo. Le conseguenze saranno impreviste, Jack smette di essere il salvatore degli uomini per diventare il crudele Jack lo squartatore. Disseminerà, allora, i corridoi di cadaveri anche se per lo psichiatra ed il sistema viene considerato perfettamente guarito e normale. L'onore è salvo la famiglia un pò meno. Jack riuscirà comunque ad arrivare alla Camera dei Lords, pronuncerà quei discorsi sull'immoralità, la pena di morte degni di un fascista in qualsiasi parte del mondo, accolto entusiasticamente dai Lords, che si trasformano in tante mummie e tanti scheletri; il nuovo Lord Jack lo squartatore diviene il loro beniamino. E' impossibile raccontare tutte le invenzioni che troviamo in questo straordinario film. Più di un film sembra un balletto che ha come base la presa in giro di tutto quello che è vecchio è conservatore: il rito del the alle cinque, le bigotte delle parrocchie, l'impero, God save the Queen, il college, la psichiatria per i ricchi, Scotland yard ecct. ecct. Il fatto che un Lord, futuro membro della classe dirigente sia un pazzo non preoccupa granché, ma che pensi di essere Gesù Cristo e si comporti come un paracomunista, mette in crisi i piani di chi ha come unico pensiero il mantenimento del dominio di classe. « LA CLASSE DIRIGENTE» non è un film contro la nobiltà in senso generale, ormai quasi ovunque morta e sepolta, ma è contro la nobiltà inglese; una classe che ha saputo mantenersi in vita abbastanza decorosamente integrandosi e scendendo a patti con la borghesia. Questo film segna un salto di qualità rispetto alle stesse migliori opere inglesi che apparvero negli anni 60, migliore certamente di « Morgan matto da legare » o di « Non tutti ce l'hanno », sintomo di come il 68 non sia passato invano neanche in Inghilterra, di come ideologicamente i discorsi si siano approfonditi. Un contributo enorme alla riuscita del film lo dà Peter O'Toole, eccezionale nel trasformarsi da Gesù Cristo, ingenuo, ironico, simpatico, a Jack lo squartatore tetro, furbo, doppiogiochista. VOGLIO LA TESTA DI GARCIA La storia è questa: Alfredo Garcia, un giovane messicano, ha avuto la sventura di mettere incinta la figlia di un sanguinario latifondista delle parti di Mexico City. La conseguenza più logica è che i sicari assoldati dal padre della ragazza gli diano una caccia spietata. La ricompensa di un milione di dollari andrà a chi riporterà la ~esta di Garcia. Ma il caso vuole che Garcia sia già morto in un incidente d'auto; fra i vari cacciatori di teste, Benny, il protagonista del film, è l'unico a sapere della morte del cacciato. Incurante del particolare, il povero diavolo che ha come massima aspirazione una definitiva tranquillità economica, non si perde d'animo, cerca la tomba, la scoperchia, si impadronisce della testa e attraversa mezzo Messico, difendendosi prima dagli attacchi dei parenti del morto che vogliono vendicare la profanazione del cadavere, poi facendo piazzapulita della concorrenza. Alla fine Benny riuscirà a raggiungere la meta: il milione di dollari, ma un ultimo e più sanguinoso scontro lo vedrà perire. Peckimpah è uno di quei pochi autori americani che vale la pena di seguire. Ci ha abituato però ad alti e bassi come pochi altri. Accanto al « Mucchio selvaggio » o alla Ballata di Cable Hogue » da considerarsi fra i migliori western di questi ultimi anni, ha scritto e diretto lavori quali « Cane di paglia »; esempio di storia che ha la pretesa di giustificare la violenza del borghese che difende i sacri valori della proprietà e della famiglia. Era quindi da aspettarselo che dopo lo stupendo « Pat Garret e Billy Kid », toppasse. E così è stato. « VOGLIO LA TEST A DI GARCIA » è un film sprecato, quella che poteva essere un'occasione per parlare del Messico in modo serio si perde miseramente dietro i giochi che l'autore ripete senza sosta e che hanno come base sempre le stesse cose: massacri, carneficine, sangue e pistole fumanti. Al di là di questi giochi si nasconde l'incapacità di Peckimpah di comprendere le contraddizioni che esistono realmente in Messico e più in generale in Sud America; non riesce a scrollarsi di dosso il suo habitat mentale USA, progressista forse qualche volta, ma sempre MADE in USA. Cosi mentre in « Pat Garret » coglieva nel segno là dove individuava il contrasto fra integrazione nel sistema e ribellione, in « Voglio la testa » sembra muoversi a tentoni in un corpo estraneo, rifugiandosi appena possibile nei temi preferiti del tanto sangue e dei tanti morti. Questa volta però i suoi elementi preferiti non hanno alcuna giustificazione logica, diventano manierismo e quindi vanno buttati via. Eppure Peckimpah aveva sicuramente l'intenzione di affrontare nel modo migliore una vicenda interamente messicana, proprio perché al Messico è attaccatissimo. Basta ricordare come in « Getaway » il confine messicano diveniva la terra promessa per i due eroi, o in « Pat Garret » Billy può contare sull'amicizia fedele dei peones, ma un po' in tutti i suoi migliori film ci sono accenni entusiasti al Messico. Una cosa è, però, parlare intorno ad un argomento ed un'altra è parlare precisamente di quell'argomento. Cosi, infatti tutto in « Voglio la testa di Garcia » affonda in un mare di sangue e la storia rivela la sua fragilità non sorretta neanche da quel ritmo incalzante che salva, talvolta, tanti mediocri film USA. Benny durante la sua corsa allucinante, indugia, chiacchiera con la testa di Garcia, caccia le mosche attirate dal sangue, ma tutto avviene con una tale lentezza da stancare ed annoiare profondamente. In questo modo arrivi alla fine della pellicola con l'amaro in bocca, deluso, accorgendoti che Peckimpah ha sbagliato completamente il film. Peccato. Gianfranco Giagni 39
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