Muzak - anno II - n.13 - novembre 1974

Quando Muzak ha raccontato quest'estate il suo « sogno », abbiamo subito avuto la sensazione che per lui Ja parola sogno significasse una cosa bellissima, ma che non si può realizzare. E questa sensazione si è chi arita nel numero dopo, qqando Chicco Ricci dice che « ci vuole una linea, uno studio profondo alle spalle, condizioni economiche floride; un apparato tecnicamente e politicamente perfetto; tocca parlarne ancora molto »: l'aspettare strutture, collegamenti, ideologie, soldi ecc. significa aver paura di cominciare, significa non aver fiducia in se stessi e nel movimento, significa voler agire coi tempi e metodi che vanno a ricalcare quelli dell'attuale sistema neocapitalistico e quello di grandi movimenti politici. Il che è l'opposto di quello che Muzak stesso vorrebbe fare. Il Partito Radicale finora ha sognato poco ma ha agito, ed i risultati - crediamo - sono stati abbastanza validi. L'elenco che ora seguirà non è per dire « vedete come è bravo il PR », ma in quanto riteniamo che un discorso è credibile se è basato su fatti reali, su esperienze realmente acquisì te: A Roma Palasport 28 marzo {Sorrenti, De Gregori, Venditti, Guccini, Rocchi, Bennato, Battiato, Canzoniere del Lazio, Dodi Moscati, Rosa Balistreri, Mauro Pelosi, NCCP); piazza Navona 13 maggio (Trincale, Dalla, Maria Carta, Bennato, Aktua la); S. Paolo 10 luglio, concerto per i soldati della Cecchignola (Sorrenti, Bennato, Alberto Motore, Dodi Moscati, Strada Aperta); S. Paolo, 1 O giorni contro la violenza 26 luglio - 4 agosto (oltre ai soliti, Area, Saint Just, Loy e Altomare); piazza Navona, Piazza dei Mirti, 19 settembre (Arti, Area, Pem ecc.) Piazza Mazzini, davanti alla RAI, 20 settembre (Moscati, De Gregari, Graziella Di Prospero, Old Time Jazz Band). A Firenze, piazza Santa Croce 19 settembre (Perigeo, Guccini); cinema Eolo 17 ottobre (Area, Loy e Altomare). A Trieste, Ospedale Psichiatrico 17 settembre Gino Paoli). .Dopo i primi concerti hanno cominciato a chiamarci vari compagni (particolarmente dal Lazio, Umbria, Abruzzo) chiedendoci consigli su come organizzare, chi far venire, amplificazione ecc.; e noi, nei limiti di quello che era possibile, abbiamo cercato di aiutarli. Ma evidentemente non abbiamo potuto faremolto, in quanto un partito politico ha una struttura che è finalizzata in un senso ben determinato, ha delle priorità da rispettare. Ed allora, avendo da una parte il bagaglio di esperienza dei concerti realizzati, e dall'altra le continue richieste dei compagni ed .i pareri della maggior parte della gente della musica che avevamo interpellato, si è andata formando l'idea di un qualche cosa di più sistematico, di una struttura che esulasse dalle scadenze « concertistiche » del P.R. In base a questo, quindi, noi diciamo: l'idea del sogno è bellissima ed allora agiamo SUBITO, con un minimo di struttura, con un minimo di soldi, con il massimo dell'entusiasmo e della fiducia. Si tratta di far si che: a) coloro che fanno musica e che sono impegnati in un discorso libertario e socialista possano esprimere pienamente i propri contenuti; i propri modi di far musica, e nello stesso tempo possano rompere ,il rapporto strumentale creativo e di lotta, possano farlo senza intermediari, senza dover ricorrere a coloro per i quali la musica è solo elemento di consumo e strumento di guadagno. Noi vogliamo, cioè, costruire un circuito autogestito, efficace, che riesca finalmente a rompere il monopolio culturale ed economico della grande industria musicale e della RAI-TV. Per realizzare tutto questo il Partito Radicale ha realizzato e mette a disposizione del movimento questa struttura iniziale: un ufficio di due stanze (Roma; via Dandolo 40 ); due compagni che lavoreranno a tempo pieno a questo che non è più il «sogno», ma è una realtà; 2 linee telefoniche (5816462-5816649). Inoltre, come « capitale iniziale » avremo: per ciascun cantante e gruppo una scheda con numero di telefono e indirizzo, cachet e rimborso spese richiesti, amplificazioni e luci disponibili, genere di musica; quadro, il più completo ed aggiornato possibile, degli spostamenti e delle tournées dei vari artisti. Saremo in grado, cioè di 5

coprire tutto il quadro della musica italiana. Abbiamo, inoltre, possibilità di buoni contatti con l'estero (Virgin, Charisma, gruppi tedeschi, e forse anche qualcosa con l'America). Questa base di partenza servirà per realizzare, inizialmente, 2 ipotesi di lavoro: 1) struttura di « servizio »: quando qualcuno (gruppo, sezione di partito, circolo culturale) vorrà organizzare un concerto potrà telefonarci, e noi, in base alJa disponibilità economica, al significato che dovrà assumere il concerto; ed in base ai vari elementi che ci verranno comunicati faremo da tramite tra chi vuole organizzare il concerto e i gruppi e cantanti. A questo punto sembrerebbe molto più logico e semplice fare un ciclostilato con tutti i dati dello schedario, e distribuirlo; ma a nostro avviso questo non risolverebbe nulla: per iniziare a costruire il circuito autogestito la scelta di ciascun artista per i vari concerti dovrà essere fatta in modo il più sistematico possibile, cercando di riunire più concerti in wne vicine, approfittando dei giorni liberi tra un concerto e l'altro del circuito normale, evitando che uno stesso artista si rechi spesso in una zona e diserti poi altre zone; 2) la seconda ipotesi sarà quella di organizzare « noi » (nel senso di « movimento ») concerti e tournées. Una ipotesi più impegnativa, dove le responsabilità che ci assumeremo nei riguardi del movimento saranno più grosse, e dove sarà indispensabile l' impegno di tutti i compagni realmente interessati alla creazione del circuito. Per attuare questa seconda ipotesi dovremo cercare di impostare in modo abbastanza chiaro il nostro rapporto sia con gli artisti, sia con chi va ad ascoltare la musica. Ci sono varie possibilità: rapporto privilegiato con due o tre artisti, dove noi ci impegneremo a far fare loro un certo numero di concerti al mese, e loro richiederanno un compenso ridotto (es. le 6 spese+ metà o un terzo del proprio cachet); oppure si potrà arrivare ad una forma di cooperativa tra vari artisti; oppure un accordo tacito per cui quando un artista fa un concerto per il nostro circuito richiede un compenso in ogni caso più basso di quello richiesto per il circuito normale. Per quanto riguarda il prezzo dei biglietti, pure qui varie ipotesi: offerta libera (che poi significa gratis), e questo si potrà attuare solo in casi molto particolari; inizialmente prezzi non molto più bassi dei normali (es. il 50% in meno), in quanto i soldi raccolti con i primi concerti serviranno per fare altri concerti; prezzi notevolmente bassi, dove vengono solamente coperte le spese: il che comporta notevoli rischi ed un notevole ritardo nella realizzazione del circuito; un'altra ipotesi potrebbe essere quella del tesseramento: lanciare una campagna nazionale di tesseramento per finanziare il circuito, ed ai concerti che si faranno potranno accedere solo coloro che hanno la tessera, pagando un biglietto a prezzo molto basso. Quando avremo un circuito funzionante su queste due ipotesi iniziali, noi siamo convinti che si potranno fare moltissime altre cose: incidere e meaere in circolazione dischi e cassette; ampliare il discorso al teatro, al cinema ed a qualsiasi altra forma di rappresentazione; recuperare e far conoscere il patrimonio musioale italiano. Ma sono tutte cose di cui è molto più logico parlare in seguito. Da questo momento, comunque, la storia del nostro circuito, il circuito del « movimento », è cominciata: lanciamo un appello a tutti i compagni interessati, a scriverci, telefonarci, venirci a trovare, servirsi di noi. Intervento del Partito Radicale. E' uscito su Muzak un articolo che invitava alla discussione al confronto, per la costruzione di un movimento alternativo in grado di rispondere alle più svariate esigenze che i giovani oggi (e non solo da oggi, ma ora con particolare intensità), esprimono. Un articolo che pur nella sua contraddittorietà ed ambiguità (più che dell'articolo quest'ultima di Muzak come rivista) era di per sé positivo, perché poneva le basi - teoriche - per un confronto-scontro tra realtà diverse che attualmente operano nel settore ed esprimono, bene o male, parte del movimento, in ogni caso occupano degli spazi precisi e soddisfano delle esigenze precise. Un articolo che presuppone anche un impegno più preciso da parte di Muzak, lo abbandono cioè di uno spazio ambiguo ed interclassista per occupare lo spazio che il movimento richiede ed offre. Già questo, di per sé, è positivo, significherebbe mettere uno strumento di dibattito-confronto e discussione al servizio del movimento per la costruzione di una alternativa a livello politico-culturale. Sembra, però, che una volta aperta la porta sulla strada i compagni di Muzak non abbiano saputo che strada prendere o peggio ancora abbiano imboccato il rettilineo. lo credo che siano rimasti sulla porta senza sapere da che parte andare. E' bene, una volta aperta questa porta, che ~ collettivo redazionale s1 chiarisca rispetto a quelle che sono le esigenze del movimento e non di Muzak ed imbocchi una strada precisa e la porti avanti. Non si può dare spazio a provocazioni, non si può se "ogliamo costruire vera: mente una alternativa accreditare su una rivista tu tre le cose che dice e serive Stampa Alternativa (o altri) c'è il dovere prima ancora di compagni che di giornalisti di verificare la veridicità di cene cose che si scrivono. QuelJo che S.A. ha scritto sull'ultimo numero di Muzak è lapanissianamente falso; basterà dire chhe Pino Masi non si è mai dimesso né tantomeno· è stato espulso dai C.O. e che nessuno - al di fuori della lotta di classe - ha mai imposto nulla a Lotta Continua o ai Circoli Ottobre. E' troppo facile gettare il sasso (MuzakSogno) e· poi « stare alla finestra » avvalorando, di fatto, tutte le più o meno puttanate che vengono dette o fatte, c'è l'obbligo se si crede in una alternativa sovrastrutturale strettamente legata alla struttura di imboccare una strada - stando attenti ai rettilinei che non ·rappresentano nessuna scelta - e fare delle scelte conseguenti. Da parte nostra da anni lavoriamo organizzando spettacoli, proiezioni, dibattiti, producendo films, audiovisivi, spettacoli teatrali ecc. non è nostra intenzione fare il resoconto dell'impegno che ha caratterizzato l'attività dei C.O. in questi ,anni, ma se solo guardiamo alla campagna per il divorzio, (segue a pag. 53) O{)

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Chi abbia cominciato non è dato sapere: alcuni dati importanti, gelosamente conservati per anni, sono andati tragicamente distrutti in un incendio spaventoso, nel maniero-serraglio di un certo Beefheart ... Il resto è pura leggenda ormai ... mito vivo sino in fondo perché si tratta della 5comparsa storia degli ultimi tempi in musica, giù giù sino alle nostre strabuzzate d'orecchie di oggi e di una dannazione, quella del rock chhe pare un morbo sconosciuto, inesorabile... c'era Jimi ... Fugs ... Larry ... Maskera Snake, Jim ... sole per alcuni anni questa gente ha vissuto tra le spire di fumo. chiusa in un altrove assoluto che l'ha emarginata alla nascita, che l'ha allontanata dal suono del rock (sesso, politica, cultura, realtà, verità alternativa), sino alla silenziosa scomparsa ed al paradosso. Si può dunque parlare della musica miserabile, della musica dei mutanti nei ghetti delle città, della musica rimasta da sempre nei circuiti alternativi e di quella che ha saputo strizzare l'occhio al sistema ... di quanto è stato fatto per dare scossoni, la creazione di autogestioni artistiche e di comuni, le proposte sèmpre rimaste allo stato embrionale od esclusivamente personale ... di storie relegate ad un album e via nulla più poi per anni. .. L'esposizione dunque non potrà essere chiara se non a grandi linee, giusto nel delimitare il numero dei partecipanti a questa saga del « fuoriuscire », giusto nel dare qualche indicazione ... e si è scelta la formula a nostro avviso più impattante, più immediata e rispettosa nei confronti di queste espressioni, cioè il resoconto grafico, l'immagine ed il disegno ad unire qua e là le fratture inevitabili della storia, insomma le tappe del vero « underground » viste con gli occhi stessi del surrealismo e del realismo fantastico, del far politica anche nel gesto di porgere il prodotto discografico, dello scegliere una strada di comunicazione « visiva » che non fosse scissa nell'ambito strettamente musicale. A queste semplici note introduttive seguirà un lavoro di più amplio respiro che tenterà di dare il quadro tecnico - musicale - politicod'ambiente dell'intero movement al quale, per ora, preferiamo dare la visione più sognante, più irriverente e forse più onesta. I! viaggio Pazzia ne era già circolata in abbondanza, eppure l'anno di fuoco sembra essere il '65, più propriamente, i mostri tenuti in laboratorio si liberavano finalmente dalle catene ed uscivano all'aria aperta: molti, ma disorganizzati, ruotavano attorno ai santoni dell'acido lisergico, qualcuno credeva ancora nei profeti-poeti della beat passione, altri improvvisavano ex-novo una danza che durerà qualche anno, Richie Nixon presidente Vietnam Berkley fantascienza. Gran parte di questi giovani è comunque influenzata da due figure, Timothy Leary ed Allen Ginsberg: il metodo del sitin, del be-in, dell'acid-test trovano estimatori ovunque, non saranno comunque quelli a • tirare fuori la musica nuova... nasce anche il culto della nuova narrativa fantascientifica ed i nomi di Ray Bradbury, Robert Heinlein, Norman Spinrad, Michael Moorcok valicano il confine della loro espressione e divengono simboli cii evasione cosciente, sinonimi in libertà « galattica» o di una nuova realtà. Nasce dunque di getto un rock duro, metallico, ossessivo: è bene notare, si sghettizzano determinati canoni tecnici del R&R tradizionale e se ne trasforma l'essenza, unendo alla componente disinibitrice ed irrazionale il concetto di apertura mentale, di lucidatura delle men15

I a Ckrgsalis vola sempre pil.Jin alto \ I DISTRIBUZIONE DISCHI RICORDI S.P.A. ,i \; •

In campo pop hanno cominciato gli Area. Oggi sono decine e centinaia di gruppi grandi e piccoli ad accordare la loro presenza a festival e concerti di inequivocabile connotazione politica: dalle feste dell'Unità alle manifestazioni internazionaliste, dai concerti organizzati dai Circoli Ottobre a1 pop-festival di Re Nudo, dalle manifestazioni radicali alle feste della gioventù socialista. Qualcuno dirà che era ora, altri rimpiangeranno i vecchi tempi accusando la pro• gressiva politicizzazione di tutto, altri ancora grideranno alla strumentalizzazione e via scandalizzandosi. Ma ci semb11a·chealcuni dubbi sorgano spontanei e per due ordini di motivi. Da una parte • insospettisce questd impegno massiccio dei mu: sicisti proprio nel momento di massimo logoramento dei circuiti ufficiali (vedi il recente fiasco del « grande » festival di Villa Pamphili) e tradizionali; d'altra parte sembra che anche le manifestazioni politiche, lungi dal creare nuovi modi e nuove iniziative, si limitano ad ereditare, in una logka di lento progresso, l'eredità, di quei circuiti logorati. Ci sembra cioè che né da una parte né dall'altra (né dai musicisti, cioè, né dai « politici ») ci sia un minimo di chiarezza su cosa voglia dire fare musica politica o fare musica in modo politico. Certo, rimane il fatto positivo che suonare nelle manifestazioni politiche (o para) dà alla musica già un senso più globale: la fa uscire dalle strettoie del ghetto per collegarla ai grandi fenomeni, che, lo vogliamo o no, ci sono intorno. Ma anche qui il fatto positivo rischia di divenir negativo se la musica viene usata in modo tradizionale, messa come fiore all'occhiello, come sovrappiù promozionale, a sostituire i vecchi baracconi del tirassegno o gli stand con i tortellini romagnoli. Non è, crediamo, svecchiando un po' le manifestazioni e i festival democratici che si ricuce un discorso dialettico con i giovani (per natura progressisti e democratici). Usando il Banco come un tempo si usava (e anche oggi si usa) Claudio Villa vuol dire semplicemente sprecare un 'occasione. Come è sprecare un'occasione, sempre, usare da parte delle organizzazioni, i musicisti come veicoli di finanziamento. E non perché non ci sia differenza fra dare i soldi a Zard o Mamone e darli invece a forze che, pur fra errori che si possono variamente giudicare, portano avanti un discorso di impegno sociale. Ma perché usare i musicisti solo come mezzi di finanziamento riporta la musica e con essa tutta la nascente nuova cultura in un'ottica commerciale e tradizionale: da nuova cultura si passa alla cultura (vecchia) rinnovata, il che è assai diverso. Quando poi le forze politiche (dalla sinistra cattolica alla sinistra extraparlamentare) si lamentano di una perdita di forze giovani, dovrebbero piuttosto mettersi una mano sulla coscienza e chiedersi che cosa fanno d1 concreto per la nuova cultura, quale apporto nuovo sono stati capaci di portare, quali valori propongono perché la parola democrazia e progresso non siano puri slogan, come pensano di rinnovare strutture e modi di pensare burocratici e elefantiaci. E la palla va adesso ai musicisti. Se sul problema non c'è chiarezza e in direzione di una cultura diversa e non ipotecata da necessità commerciali tutti si muovono goffamente e con notevoli ritardi, la colpa è anche di una mancanza di impegno fattivo e non parolaio da parte dei musicisti. Tutti sappiamo benissimo quali sacrifici compiano in Italia i musicisti, e sappiamo che molti muoiono letteralmente di fame, sommersi da cambiali e da frustrazioni. Ma questo, crediamo, dovrebbe essere lo stimolo a cercar nuove vie e non ad inseguire instupiditi le fortune dei pochi privilegiati, la carriera ecrinomicamente fortunata dei supergruppi italiani. Alcuni propongono di andare a suonare per le strade: giù i palchi e via i riflettori. Altri tendono a ritirarsi in meditazione, altri ancora si dicono disposti solo ad esperienze alternative· (o comunque non tradizionali). Ma c'è anche, di converso, da denunciare la pratica degradante, di pur ottimi e impegnati musicisti, costretti a far pagare le case discografiche (se ce l'hanno e se son disposte) per partecipare a festival nemmeno tanto importanti o di richiamo (per Villa Pamphili l'ineffabile Zard chiedeva fra le 100.000 e le 300.000 lire). Ecco su quale confusione, su quale rifiuto di prendere seriamente in mano la questione tanti commercianti possono beatamente guadagnare (le loro lacrime da coccodrilli sazi non ci ingannano, i dati da noi ·raccolti in più occasioni sono esemplari di un settore che la crisi sembra non toccare). Collegare musica e politica non significa dunque per i musicisti né fare comizi piti o meno elettorali né fare professioni di fede che lasciano il tempo che trovano, né accettare a pagamento di suonare dovunque sia. Avere un impegno oggi, significa collaborare, crediamo, a far crescere i terreni su cui far nascere i cento fiori di una nuova cultura, significa capire che la musica non è un fenomeno isolato, un'isola beata in un mare in tempesta ma che, suo malgrado, è costretta ad affrontare temporali e maremoti, a difendersi giorno per giorno e centimetro per centimetro spazi autonomi: per far crescere tutti, per aiutarci a rintracciare una umanità nuova, una nuova comunicazione, un impegno concreto e creativo. Per trascinare a nuova vita la sua autonomia e con la sua forza, tutte le altre forme di cultura e di morale che sono proprie di_· una concezione rinnovata d~l- mondo. 19

ABBONAMENTI ... ? un ,egnlo nd ogni nbbnnto a scelta fra: unlibrofra iseguenti: Il cinema di Andy Warhol di A. Aspra' /E. Ungari. ]oanna Leary come diventare un star di Mariarosa Sclauzero. fuga di Timoty Leary. Il 1libro delle visioni di Piero !\l erni. I Beat Hippie Yppie di Fernanda Pivano. Omessesuale pppressione e liberazione di Dennis Altman. Underground: A pugno chiuso di Andrea Valcarenghi. Pop Super Stars: interviste a vari artisti. "Il pop inglese di Autori vari. Bob Dylan di Antho~y Scaduto. Controguida di Londra (I libri sono editi Arcana). oppure La collezioneMuzak( i primi 6 numeri) oppure

2manifesdtieiDeepPurple di McLaughlin I manifesstoi noa colori,misurano 62 x 90 cm.e vengonsopeditni egliAppositiubidi protezione. COMAEBBONARSI Costoabbonameanntonuo (12 numeric}onomaggio L. 5.300. Il versamevnatofattosulC/C/PN. 1-69489 intestaatoDomenicRoicciV, iaMassimi, 119,00136 Roma. Sul retro(vedifax-similvea} indicatlo'omaggio scelteo in casodivecchaiobbonamento i dicarslcoriv~1do « Rinnovo». RACCOMANDAZIONE Compilare il C/CP/ in stampatello PER CHI PROPRIO NON VOLESSE ABBONARSI A lire 2.500 è disponibile la collezione Muzak. A lire 2.000 sono disponibili i manifesti. Il pagamento può essere effettuato in francobolli, inviandoli all' ufficio diffusione in Via Alessandria n. 119 - 00198 Roma o tramite C/C/P come per gli abbonamenti. 21

• t 26 Potrebbse mbrarcehesi tenti,conquestaorticolod, i totalizzauren'esperienza cheinvecehatuttele carteperapparirestremameintdeividualCe.hipiùdi FrancoBattiatoha sempreinseguitosuoisogni,sue illusioni,suoibisogni di· chiarezzea di coerenzaIn? Italia,indubbiamenltae,figuradi Battiato è stranae, quasif,uoripostoU. nmusicistcai,oè,chedicequelchesentedi poterdire,machedicesemprteuttoallacciandoasl ipubblicos,tabilendco n ,gliascoltatoqrui alcosdai piùcheunrapportdo'adorazioonedi mistificazione artistica(o di falsaprovocazionUe)n. rapporto(e scusatsee la parolaè sputtanatnao, nè colpanostras)inceramendtiealettic.o .,, ,. lillli .. Fu quasi una presa di coscienza collettiva, sia pure a livello élitario, un 'illuminazione inattesa: l'accostarsi

ai meccanismi dell'esclusione, 'della violenza, dell'istituzione, della « follia » indotta e recuperata come emarginazione - da un lato - e come condizionamento - dall'altro -, maturò in consapevolezza d'un tratto. E altrettanto rapidamente - non a caso era il '68 e molti miti erano già stati smantellati o andavano crollando - con un, sol gesto il totem della malattia fu abbattuto. A far calare la riflessione su una dimensione fino ad allora misconosciuta, o quasi, dai non addetti ai lavori, era stato un libro d'autore amer-icano: quell'Asylumus che, scritto da Erving •Goffman nel '61, giunse in Italia, da Einaudi, solo 7 anni dopo. Dalle proprie investigazioni di sociologo, Goffman trasse un libro che fu, ed è una « bomba ». Il quadro viene fuori pagina per pagina, pezzo per pezzo: dalla spoliazione del « soggetto » appena mette piede nell'istituzione - ed è prima di tutto spoliazione fisica, quasi un rito che ti inizia al culto e ti predispone al trattamento - attraverso la spersonalizzazione progressiva - può essere la costrizione a mangiare solo con il cucchiaio, o il mettersi sull'attenti quando entra un ufficiale, o l'essere chiamati per nume- ·ro, invece che per nome - Si va avanti con il lavoro non pagato, o sottopagato - nobilitato con il nome di ergoterapia -, purché l'internato intenda che non di un diritto si tratta, ma di un gesto di generosità. E per controllare la risposta al metodo, e indurre al consenso laddove ci sarebbe da attendersi ribellione, c'è il sistema privilegi-punizioni. Cosi, con la pratica della mortificazione, in vista della distruzione e oggettivazione dell'individuo, l'istituzione traduce l'ideologia del potere dominante e si fa garante dei suoi interessi. « In America - dice Goffman - c'è la convinzione corrente secondo la quale una volta che l'uomo sia stato portato al « punto di rottura » non sarà più in grado di opporre resistenza ». Il medesimo discorso è applicabile a tutte le istituzio- ·ni totali (manicomio, carcere, esercito, comunità religiose... ). La maggiore attenzione dedicata da Goffman all'universo manicomiale ha l'effetto, ancor più dissacrante, di sconfessare il po• stulato della scienza psichiatrica la quale è deputata a gestire « l'aspetto sociale della malattia mentale, e non la malattia in sé». « Lo studio di Goffman - scrive Basaglia nell'introduzione - ha dunque spalancato le porte delle istituzioni totali smascherando l'ideologia scientifica - religiosa, custodialistica, pedagogica - che ne copre la realtà comune a tutte ». In Italia questa rottura era. stata espressa nel concreto: nell'ospedale psichiatrico di Gorizia, Basaglia e la sua équipe portavano avanti già da qualche anno ( 1961) la battaglia per la liberazione dei « matti » dalle catene, per l'apertura dei manicomi, per un modo antitetico di fare psichiatria. QuelI'esperienza fu divulgata con un libro L'istituzione negata Rapporto da un Ospedale psichiatrico (Einaudi, 1968) che non meno di Aslumus ebbe la capacità di coinvolgere larghi strati di persone in un problema fino ad a!Iora rimasto in un ambito chiuso, riservato all'attenzione degli operatori. Con questo documento, un libro ricco di fertile problematica, non certo un'agiografia, Basaglia formulava un'ipotesi, sottoponeva un metodo « rivoluzionario » alla critica e al dibattito: ancor oggi esso è aperto. E se L' Istituzione negata, produsse, come prima manifestazione, un ottimismo frettoloso, che fingeva certezze di obietti vi già raggiunti, laddove, come in seguito si sarebbe visto, c'era ancora molta strada da fare, ciò fu in certo senso giustificato dal grande contenuto di uguagiianza che il lavoro di Basaglia aveva in sé e che fu il risultato più immediatamente tangibile dell'ipotesi- della « Nuova psichiatria ». Il deviante non è colpito da un male oscuro e incomprensibile, ci disse Basaglia: è l'individuo che, schiacciacoto dall'universo capitalistico e dai suoi meccanismi, reagisce sfuggendo al controllo. E' allora che la società (con lo strumento della scienza, o dei tribunali, o della morale) deve interve• nire con la repressione, pena la rimessa in discussione dei rapporti di produzione indispensabili alla propria sopravvivenza, delle scale gerarchiche, pena la perdita del consenso. Concetti, questi, che saranno meglio definiti, teoricamente, con La maggioranza deviante, di Franco Basaglia e Franca Basaglia Ongaro (Einaudi 1971). In realtà nodi come la praticabilità della negazione del ruolo, la riluttanza o l'opposizione interna delle componenti paramediche, il rigetto del « diverso » da parte della realtà esterna, sono ancora ben lungi dall'essere sciolti. Di essi si fa espressione (1971) un libro di piccole dimensioni: La fabbrica della follia-Relazione sul mani• comio di Torino. Curato dall'Associazione per la lotta contro le malattie mentali, sezione autonoma di Torino, questo libro è una testimonianza agghiacciante della situazione manicomiale italiana, denunciata attraverso lo stereotipo dell'ospedale di Collegno. Osteggiati, prima, calunniati poi dagli stessi sindacati e anche dagli infermieri, i quali troppo spesso non riconoscono il proprio ruolo di vittime, a loro volta, del sistema, da cui accettano la delega del potere, invece di appropriarsi della coscienza di uno sfruttamento che li accomuna ai degenti, gli autori fu. rono accusati di aver voluto far soldi con il libro. Per aver denunciato, nei fatti, la trafila del malato mentale, - emarginazione, segregazione, tortura, distruzione - e l'ideologia che la guida. « Questo è un libro di denuncia e di testimonianza - cosi il gruppo di lavoro presenta La fabbrica della follia -. II suo scopo immediato è di portare aiuto a migliaia di persone chiuse in una istituzione il cui carattere repressivo ammantato di « scientificità » le priva di ogni difesa politica e giuridica; ma tale scopo si iscrive nella prospettiva di fondo della abolizione del manicomio come carcere e delle ragioni ideologiche e politiche generali che, nello ambito del sistema sociale dato, ne fanno una istituzione « necessaria ». Alla disperata aspettativa degli interessati non basta contrapporre la promessa di una palingenesi rivoluzionaria, ma si deve rispondere con azioni immediate che richiedono un duro, •frustrante, contraddittorio lavoro di tutti i giorni, compiuto con la consapevolezza de!Ia permanen• te insufficienza e provvisorietà di ogni risultato par• ziale ». Ciò è vero ancor oggi, malgrado i tentativi ininterrotti, le lunghe battaglie, gli scontri anche aspri, talvolta vittoriosi, più spesso perdenti, malgrado le diverse ipotesi a!I'interno di una volontà comune. Questi pochi titoli, nel panorama non vasto delle pubblicazioni italiane sull'argomento, possono rappresentare un primo approccio a un problema di così grandi dimensioni. Da essi una consapevolezza, soprattutto, si può derivare: che i meccanismi di controllo della malattia mentale riguardano tutti - e non solo un ristretto gruppo di operatori e una fascia più o meno ampia di internati - in quanto sono gli stessi che controllano, pronti a sbarazzarsi di noi se necessario, che le nostre azioni rientrino nella norma della soggezione al sistema dominante. 27

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Se ne parlava ,in giro da tempo. Voci, sussurri. Poi la notizia definitiva: i gruppi sperimentali si sono confederaci. L'organismo destinato a mediare le diverse esigenze e le comuni rivendicazioni si chiama A.T.l.S.P. (Associazione del Teatro italiano di sperimentazione professionale) e, a quanto dice lo statuto, ha come scopo primario quello di promuovere lo sviluppo di una libera attività di sperimentazione, di tutelare gli interessi dei Soci in tutti i campi dell'attività teatrale, facendo opera di mediazione presso tutti gli Enti pubblici e privati preposti a tale attività». Benissimo. E come potremo non essere contenti proprio noi che da queste colonne (n. 8 di Muzak) dicevamo, facendo un bilancio della stagione appena terminata, che i gruppi avevano la scelta tra l'unione e la morte? Neanche il fatto che l' A.T.I.S.P. sia praticamente nato nella sede della sezione culturale del P.S.I. riesce a intaccare la nostra gioia. Anzi. Se quasi tutto quello che accade, nel bene e nel male, di« politico » nel panorama del teatro italiano ha all'origine .il P.S.I. ci sarà pure una ragione. E la ragione è che tutte le altre forze di sinistra ritengono di avere altre gatte da pelare. E, per carità, fra attentati, carovita e Fanfani non si può dargli tutti i torti. Basta che poi nessuno si lamenti (e a proposito a quando il famoso C.C. sui problemi culturali?). Comunque chiusa parentesi. L'A.T.I.S. P. c'è ed è un bene che ci sia. Anche perché raccoglie veramente tutto quello che di buono c'è in Italia nel campo sperimentale (adesioni finora pervenute: Mario Ricci, Gruppo Vasilicò Albatro, Aleph, Gruppo' Alfred J arry: Nino De Tollis, Gruppo Ottavia, Club Teatro, Meta-Virtuali, Teatro Lavoro, Gruppo La Maschera) e perché le clausole di ammissione (un anno di attività o qualche componente del gruppo con precedenti esperienze nel campo della sperimentazione) sono tali da garantire al tempo stesso una notevole apertura e un alt a certi tipi di proposte teatrali che nascono e muoiono « dans l'espa-. ce d'un matin » con il solo risultato di confondere le idee al pubblico. Grandi assenti (ma le loro adesioni possono essere sul punto di pervenire mentre noi scriviamo) Sepe, Cecchi, Leo e Perla e Nanni. I primi tre ci auguriamo che vadano presto a ingrossare le fila dell'A. T.I.S.P., primo perché sono bravi e secondo perché non riusciamo a vedere i motivi di un loro possibile rifiuto. Nanni è bravo anche lui, ma mentre gli altri pensavano a federarsi lui era probabilmente a cena da Zeffirelli. Come si suol dire: « Ognun per se e Dio per tutti ». Gli scopi dell'A.T.I.S.P. sono, come è giusto che sia, prevalentemente tecnici in base al vecchia e saggio detto che la unione fa la forza. Ma speriamo che vada anche in porto il progetto di gestire una Rassegna tra i gruppi associati e quello di promuovere incontri rivolti allo studio dei più importanti problemi che il teatro sperimentale si trova oggi a affrontare. Speriamo insomma che l' A. T.I.S.P. sia capace di non limitare le sue funzioni all'impostazione di un più corretto rapporto con il Ministero e con gli Enti pubblici, ma che divenga un punto di riferimento culturale a cui tutti possano far capo: teatranti, pubblico e, perché no, anche i giornalisti, visto che prima o poi dovremo romperlo questo benedetto circolo vizioso del tu mi inviti - io vedo e scrivo - tu ti arrabbi oppure no. E tanto per cominciare al presidente Mario Ricci e a lui per tutti il mio personale augurio di buon lavoro. Nello stesso momento in cui è stata annunciata la nascita dell'A.T.I.S.P. i gruppi sperimentali hanno comunicato i loro programmi per la stagione '74 . '75. Vediamoli insieme e sapremo più o meno quello che ci aspetta. Mario Ricci dopo una ripresa del Joyce consigliata dal successo pescarese presenterà Paperopoli e il titolo lascia supporre che si tratterà di uno sviluppo della satira sui personaggi di Disney iniziata con Le tre melarance. Valentino Orfeo e il suo Teatro Lavoro debutteranno in gennaio con una nuova edizione della Cimice di Majakovsky curata da Orfeo e Ubaldo Soddu. L'infaticabile Perlini, una volta terminata l'esperienza veneziana dell'Otello allestito per la Biennale, riprenderà sia Candore giallo che Tarzan. Questo ultimo parteciperà in febbraio al Festival Mondiale di Los Angeles. De Tollis prepara una sinfonia teatrale in quattro frammenti da un'idea su Mallarmé e Debussy, il gruppo Aleph un Dracula, l' Alfred J arry una rielaborazione del Don Giovanni, il gruppo Ottavia una riduzione dell'Armata a cavallo di Babel, il Teatro Club pensa a uno spettacolo che ha come titolo provvisorio Richiamo, i Meta-Virtuali preparano I canti di Maldoror di Lautréamont. E questo per quel che riguarda i confederali. Il cartellone del Beat '72 quest'anno estremamente ricco e vario. Terminate le repliche di La Festa, lo spettacolo di Lucia Poli atttualmente in scena, ci sarà una pausa musicale con le Microtensioni, concerto per nastro e moog di Antonello Neri. Seguiranno Il giovane T orless, una riduzione da Musi! di Ida Bassignano presentata dal gruppo Teatro degli Opposti, Pulcinella e l'anima nera di Giancarlo Palermo (Compagnia Lo specchio dei mormoratori), Il mito della caverna da Platone di Donato Sannini (Gruppo il fantasma dell'opera), Escursione di Gianfranco Varetto da Kafka (Gruppo Otradek). In progetto una Rassegna Sperimentale curata da Ulisse Benedetti sul tema: Violenza individua, le e società. L'iniziativa dei lunedì musicali proseguirà anche quest'anno. Sepe dopo la ripresa di Scarrafonata metterà in scena Mascheropoli. E per ora è tutto. Giovanni Lombardo Radice , .. ,,. 29

Quando si parla di avanguardia arust1ca, generalmente si usa separare il discorso tecnico-teorico da quello pratico. Se ciò in musica, può andar bene per un'analisi, ad esempio, del movimento romantico o delle avanguardie storiche, senz'altro non vale a chiarire sufficientemente posizioni ed atteggiamenti più complessi ed ambigui. E' questo i·l caso dell'opera di Paul Hindemith, dove la struttura del linguaggio musicale si pone come limite necessario per l'identificazione di prassi e metodo. Riprendere oggi il discorso su Hindemith significa fare un bilancio dell'attuale situazione musioale teorica, ma soprattutto compiere una valutazione sulle possibilità oggettive di un suo ritorno in auge. Il primo spirito rivoluzionario della produzione hindemithiana (,lo stesso spririto che portò alla stesura della prima Kammermusik e dei Quartetti) era chiaramente sollecitato dal bisogno di modificare in modo netto e privo di compromessi, la « odiosa struttura » dell'orchestra classico-wagneriana; ciò comportava, anzitutto, l'eliminazione della ben nota pesantezza formale e della brilantezza tutta costruita, proprie dei Tedeschi di fine secolo; in secondo luogo, la riforma di Hindemith (cosi come quella, contemporanea, di Stravinsky) prevedeva l'impiego, o meglio, l'adozione onoraria, di formule e di schemi propri del jazz, giacché la nuova composizione dell'orchestra. assumeva, come elementi base, sezioni ritmiche assolutamente rinnovate, ed anzi, originali. A questa rivoluzione formale corrispondeva un idealismo tutto germanico (non dimentichiamo che il musicista non osò mai alterare la forma classica della sonata, né il contrappunto, e che si servi in quasi tutta l'opera per pianoforte e per organo, di esposizioni e strutture proprie del corale e della fuga); tuttavia la straordinaria portata dei suoi contenuti, specie nei giochi quasi-tonali, nei tempi spezzati e nella libera figurazione, conteneva dialetticamente in sé, la lucida consapevolezza di ciò che di Il a breve avrebbe significato la svolta totale nel costrutto e nell'anima del discorso musicale: la dodecafonia, e il susseguente crollo della tonalità. In tal modo, per un ben curioso paradosso, il giovane Hindemith, da sempre valutato come il negativo del Webern più radicale, si avvicina spiritualmente al gioco dodecafonico, secondo una linea ideale che prevede come punti focali ma intermedi, il pessimismo espressionista post-romantico (Berg) ed una sorta di ottimismo filofrancese (Messiaen). Ma di fronte al nostro giudizio, vi è un altro Hindemith: un musicista che dopo la defezione del 1940 si trasferisce negli U.S.A. e prende a scrivere musica profondamente borghese ed ostinatamente barocca; un razzista che, dimentico della sua ostilità al regime nazista, si scaglia contro il lavoro di Schoenberg, definendolo « sporca musica ebrea»; un formalista affascinante da un neoclassicismo immobi,le e pesante. In questo periodo della sua produzione, inoltre, tutti i fattori di rinnovamento, sia formale che di sostanza, che avevano caratterizzato la sua giovinezza, si sclerotizzano, ed anzi, divengono un pretesto per dare addosso ai rivoluzionari, ai dodecafonici, lanciando epiteti pressoché identici a quelli che i critici più reazionari avevano lanciato a lui. Ciò, se non si può interpretare storicamente, si spiega tuttavia mediante la valutazione di quel che la sua opera, già in embrione, presupponeva: la spinta rivoluzionaria del giovane Hindemith si legava strettamente ad una consapevole celebrazione dei valori di un mondo musicale diverso sì, ma regolato pur sempre da norme e strutture interne tali che, anziché autodefinirsi, finivano per identificarsi in modo esasperato col classicismo e con l'ideale romantico. Nessuno ci potrebbe, quindi, distogliere dall'idea che la vera maturità si esprima paradossalmente, in Hindemith, nella prima giovinezza artistica. R.G. 30 ,.. oente■,-er•n•• HINDEffilT DISCOGRAFIA ESSENZIALE SONATE PER PIANO N. 1 2 3 GOULD-COLUMBIA LE SETTE KAMMERMUSIKEN CONCERTO AMSTERDAM-TELEFUNCHEN SONATE PER ORGANO (1 2 3) PRESTON-ARGO MATHIS DER MALER VON KARAYAN DEUTSCHE GRAMMOPHONE

,... ... Recensionoi contraddizioni? Il nostrointervento Dopo anni di esperienza nell'ambito della musica pop, la sensazione prima che esce dalle righe della storia viissuta fin qui in Italia, è quella di ... mandare tutto a quel paese. Sarebbe a nostro avviso cosa giusta chiudere con i dischi e dischetti per molte ragioni che ben conoscete, sarebbe inoltre molto meglio per noi non doverci continuamente trovare a lottare contro il compromesso « questo buono questo cattivo questo commerciale questo giusto questo sincero questo sputtanato ... »: chi ha risolto ogni problema è il critico « estetastrutturalista » il quale molto saggiamente prescinde nei suoi giudizi, e nella vita, da ogni intervento di analisi storica, sensitiva e socio-politica soprattutto per rendere il ghettino del rock italiano sempre più beUino e « decadente », dimenticando se non altro quello che alla base, negli anni '60 mosse il rock americano, ma lasciamo perdere. Il nostro è un tipo di compromesso ben più grave: parliamo di dischi che possono piacere e non, ma parliamo di un prodotto industriale; possiamo dimenticare questo postulato o la situazione non rosea dei cantautori, dei gruppi che vivono all'interno di questo sistema e, volenti e nolenti, prima o poi ne moriranno, senza una lira... questo è importante: ma Muzak è qualcosa di attivo, che si dirige ad un pubblico di non rimbecilliti, di gente che fa politica personale e di gruppo, di compagni che lavorano, studiano e non vogliono essere presi in giro... e noi, per loro, tirriamo le nostre brave somme sui prodotti della musica rock folk jazz ed oltre per la modica somma di lire 5.000 ad album; per rendere un certo tipo di cultura, di cui la musica deve essere, può esserne, il filtro, per renderla cioè alla portata di tutti: ecco la contraddizione, che autodenunciamo perché dentro di noi, nelle macchine da scrivere, nelle strade, dappertutto e primariamente in Muzak. Con i mezzi che abbiamo, cambiamemi galattici non ne verranno, questo lo dobbiamo premettere, e forse il Sogno resterà sempre tale, forse non usciremo mai dal compromesso, c'è però il corag. gio di vo.'erne uscire e di parlare chiaramente. Il collettivo di redazione _... 31

f FRANCO BATTIATO: CL;IC (BLA•BLA) « Un'idea è, ,per cosi dire, un per.petuum mobUe spir,ftuale. Lo spirito creativo delfuomo è capace di trarne forme sensibili sempre nuove. Ha un va• lore universale e, contrariamente alle concrete forme sensiblli diverse in cui si manile· sta, è impersonale. Ognuno può r~en.sarla quando voglia e collferirle ,un aS1pettonuovo e particolare. Questo aspetto, che risvMa da un processo di pensiero e di r-affigurazione personale, ,presenta anohe ,fi,- neaineotl ,personali, oioè quel• •li del suo creatore•. Josef Ruler Giuste rif.le9Sioni, sana introdu• zione per questa nuova opera di Franco Battiato, l'unico uomo-awanguanclia italiano. Que• sta volta iol commento oi sarà, anohe dal punto di vista tecnico perché !'opera è tale da necessitare un'anaHsi approfondita e cosciente ... solo dopo molti ascolti... M pen,siero diiviene leggibfie e traSlferlblle sulla carta ... Battiato ed il Clic dell'lnivenzione 4ibera, Bamato ed il suo trip personale, noi Piut- -10$\o Ba1tiato aiola sua prima vera uscita in pubblico, o meglio in faccia al pubblico e con tutta la sinceri-là, l'acredine e la simpatia che gli è dovuta (al pubblico)... lnnanzi,tutto la gioia di cogliere un artista che non lo è e non vuole esserlo, più di rimanere pulito e uomo sincerameme... aWaria le etic~ette... poi il senso di ricominciare daccapo, magari por- ~andosi appresso qualche buona teoria di costruzione di • Aries • e nulla ,più, soprattutto nel dedicare a Karlheinz Stochkausen un lavoro autoconsiderato d'esordio. Bene, • tentiamo di seguire il pensiero... elettronica e musica con34 muza creta, ormai un dualismo inevitabile ... ed ancora rumori, voci, suoni, lo spirito • Stochkausen • e poi da distensione sulle membra del imellotron... il suono va ~assettato qua e là ... parole comprensioHi e non... gli atti finali di • Aries •, stu1pendameme •ripresi: della tra• dizione tedesca Battia.to sa cogliere ex novo lo strumento «pianoforte» nelle sue accezioni tec•niche e signilica,torie e in ciò la souola di Colonia riporta H Nostro ad un dosaggio deMa materia preciso e -limpido, l'atmoSlfera diviene quasi religiosa ... il rpiano è perversione e gioia mistica. • I CANOELLI DELLA MEMORIA• è la portante della prima parte ... poi ancora voci doppiate e moltiiplicate, poi finestre di elettronica e l'armonia nasce proprio laddove sembrerebbe non essere di casa. Il classico, in • Clic • atliora con compostezza ne « ►I Mercato Degli Dei » poi il terminare stupendo, senza ripieghi, senza ripetizioni ... Passi, rumori, gong, pisciare, latrare di cani, elettronica, ancora passi, concitazione ed idea, clap cla.p a dieci mani, voce e gola, un deux trois quatre, Vienna, Parigi, la storia, odori d-1 sensi: Il Suono. M suono è can,ta,to, biascicato, toccato, pizzicato. e distorto assieme allo str,umento, ora è stravolto ed irridente, ora fermo e crista,liino ... ancora il pianoforte. STOP. Elettronica pu- ,ra, Introduzione, sviluppo e nascita del capolavoro • PROPIEDAD PROHIBIDA » ed il suo sctiema: f.requenze {percussioni ln frequenza), tastiere (forse Riley), pianoforte (forse Florian Fricke), generatori (sono fiati questi), fiati ... il disegno si concretizza nell'elettroacustica che è Ispirazione, tecnica, teoria e fine ad un temrpo. E ci sono !<atti davvero difflcili, di complessa intelligibilità, (« Nel Cantiere di Un'Infanzia•) da ,rlpor:tare al • Gesang Der Junllngen • di Stochkausen •, ed Il momento d'impatto, tra uomo e sua creazione, è proprio qui: Battiato deve scegliere tra elettron!ca pura e musica concreta, giacché <l'el&ttroacustica già abbondantemente sperimentata non può soddisfarlo appieno ... gioca allora e nasce la sua « Radio •, quella vera. con i circuiti e le manopole fuori ;posto, ma con fa verità proprio a galla. Ricerca di onematopee inverosimili, presa per i fondelli, Marocco, Cile, « quando tu sei partita mi donasti una rosa •, cornamusa, Mussolini, Napoli e faccetta nera, marcia di regime ... • Signore e Signori, Buonanottef,ln,no di Mameli •. AHora la cronaca è latta, pur:troppo, ma ricordiamo che di questa musica « ognuno può ripensarla quando voglia e conferirle un aspetto ooovo e ,particolare ». YOU•GONG-VIRGIN RECORDS M. B. Prosegue l'epopea del pianeta Gong, dei folletti testacHfumo e del nostro antieroe Zero (appunto soprannominato The He• ro). Per chi è nuovo di questa storia, che nello stile In qual• che modo ci ricorda il Signore Degli Anelli, diremo che la band Gong, a suo tempo beneficiata del potere di trasmettere messaggi di brocca in brocca dai folletti testadifumo a,p,positamente calati sul nostro pianeta a bordo dello loro Teiere Volanti, va avanti a raccontare sulla frequenza di Radio Gnome (e dopo Radio Gnome 1 e Angel's Egg siamo ora a Radio Gnome 3) la famastica avventura di Zero ... Abbiamcr lasciato Zero in Angel's E,gg quando, passato attraiverso M grembo di Madre Luna, dopo aver bevuto una magica po~ione, si era ritrovato sul pianeta Gong. In questo nuovo ca,pitO'loc'è lo stupore di Zero per essersi ritrovato In terra straniera ed Il suo tentativo, nel corso di un magico party, di scoprire il suo terzo occhio. I folletti testadifumo gli hanno voluto dare una possibi- •lità di raggiungere uno stato di • altezza naturale • permanente da cui guardare ai problemi angusti dell'essere umano rparticolare. Ma Zero è un po' il lreak prototfpo europeo, con tutte ·le inibizioni di una cul,tura marcia, e spreca questa chance rarissima. Rara ma non unica, • e tu non devi smettere di sperare,/ non devi smettere di fumare/almeno rmentre fumi) » « ... ed e-eco la Zero/Che gira intorno alla spirale delle nascite e delle morti/ogni vol,ta sempre più prossimo a di,ventare 'uno' ... ». Onmai Gong è l'unico gruppo ad occuparsi di magia, è vero, una volta c'erano i Pynk Floyd, ma erano i tempi d-i Syd Barre! e ci volevano appena sei mesi prfffia che -tutta l'energia favolistica da lui lasciata al 9-ruppo venisse dispersa in atmosfere sidera•II. Per un po' di tempo molti si sono cimentati a favoleggiare, daffe sdolcinature dei Moody Blues all'istrionismo medievale di Jethro T•ull, da un po' questa vena sembrava inaridita senza rimedio. Si ,pensava ai bei trip di Barret come a qualcosa di or.mai irrimediabU,mente superato e già tutta la produzione inglese proiettava in avanti Roxy Music e C. spaMeggiando la già diftusa tendenza di ritorno al -rock'nroM classico cpl suo bagaglio di alcohol e barbiturici. Ma all'improvviso, ecco ritornare all'attacco Capitan Capricon e la sua famiglia Gonq dopo un esilio forzato ln Francia: L'Alieno Australiano, al secolo Daevid Allen, ha 'sentito' ovviamente dei suoni e torna a riproporceli più sconvolgenti e complessi che mai. Questo è un altro punto in favore d1 Gong: Il gruppo è nel pieno d1 ,una evidentissima evoluzione (consolante in un ambiente dove o~mai ci si involve a de• stra e sinistra) e in ogni album troviamo una tecnica migliora• ta, una padronanza nuove acquisita rispetto al linguaggio, tutto a comporre uno stile già inconfondibile e peculiare. D. M muzaklp

I CAN STAND A LITTLE RAIN-JOE COOKER (CUBE RECORDS) Qualsiasi rpossano essere i problemi attuali di Joe Cocker come intrattenitore (,cronache del •la sua recente 1ournee in L. A io vog•liono sconvolto e senza alcun peso sulla scena) questo suo album ce lo ripresenta, r,ivisto e corretto, ma parecchio lontano dall'essere finito come <:a!ltante. Cento Joe non è più l'-allegrotriag·ico trascinante clown di Mad Dogs and Englishemen e chiunque si aspetti da questo suo disco l'atme-sfe~a festosa e circhequestregg,iante dei tempi del Cocker (Russel Power? ci "lien fatto a questo punto d,i chiederéi)- avrà una sorpresa e g,rossa pu,re. Joe rientra dopo un periodo doloroso della sua vi•ta nel corso del qua-le ha pagato di per· sona lo scotto di un successo magari un po' troppo facile ed improv-viso ohe lo a,veva trovato im::,reparato a d',fendere la propria sensibilità. Già nel film « Mad Dogs .. proiettato anche in Italia avevamo visto come tu.Mo il ,gioco cominciasse a pesare a Cocker. La tournee in l,ta•lia tu 4a confenma del sospetto d•i un'artista in crisi che non riuso;va addirittura più a dominare fisicamente la imponente stru,ttura musicale che g·li era stata creata attorno; le due batterie, il coro d•i 5.000 fanciulle, le sezioni d'ottoni, gli organi, i pianoforti tu,tto sembrava schiacciare 1a verve stanca d•i Joe ohe fati<:ava dolorosameme .per rimanere il sogget- •to del discorso. A ques10 dolore, di cui non tutti si accorgevano allora, questo ,L. P. è un tributo creato con la coscienza di mostrare una faccia di Cocker magari triste e meno popolare ma senza dubbio più vera. Questa è la pecu- ,liarità del disco e forse anche il pregio suo fondamentale. Diversi sono gli autor•i che hanno contribuito al mosaico musicale che attraverso composizio etereogenee tra loro rende invece con omogeneità la personalità dell'uomo. I testi raccon,tano tutta I' angoscia della vita tra uno show e l'altro: nel brano Guilty (Colpevole) Randy Newman presta le parole ,per cantare il senso di colpa di non riùscire a tenere testa ai propri impegni « Perché non faccio mai/quanto dowrei... .. è più oltre « ... Ci vuole tanta medicina/per fingere di essere di-verso da quello che sono ». La condizione intossicata viene quind,i fredda• mente _messa a nudo e non si può fare a meno di commuoverci quando la voce straZ!iata ci canta nel-le orecchie • Non dimenticatemi • dal brano • D1mt' Forget me• di Harry Ni·lsson. Ci sono anche un paio di tentativi di resuscitare il vecchio ,personaggio ma entramb,i cadono nel vuoto e quando Joe ,prO"la a cantare I Ge1 Mad, ,scri•tta da lui stesso con Jim 1Price, la sua ,yoce fa inwidia aMa giovane Regan ne « L'Esorcista ». Molto più be1He suggestivi sono i brani slow che costituiscono la strutlura portante del disco (questo hon è un album rock'nroMante). Commovente è You Are So Beauty,ful, scritta da Billy Preston, che conti,ene nel finale una nota ir· raggiungibile per Cocker, ed eccolo lottare, sfotzarsi, gettare •la voce il più in alto possibile e in fine faMire. E' un es-pediente (perché di espedien.te si tra,tta) che ferisce l'orecchio dell'ascoltatore ma è proprio I' ef;fetto voluto dall'autore che anco,ra una volta vi.loie mettere ·in risano la fragi~i,tà di questo artista spremuto. Una nota sul retro di coperti· na, 'Ringraziamenti speciali a Joe Cocker', ci da una dimensione di quanto il nostro fosse 'fuori' nel corso delle registrazioni e •in qualche modo spiega anche la distanza già rilevata tra voce e orchestrazione. D. M. ERIC CLAPTON-461 OCEAN BOULEVARDS (RSO • Records) Suonato bene, cantato con decente discrezione, composto di brani scritti da altri, parecchi anche di sicura presa come I Shot The Sherrif di Bob Marley o I Can't Hold Out, tutto sommato questo album non ci sembra avere alcuna caratteristica per uscire dalla massa della produzione discogr8Jfica più recente specialmente se si considera che ne è autore quello stesso Eric Olarpton che solo pochi anni fa introduceva un modo tutto nuovo di suonare I-a chi,tarrra. Un album facile, ,leggero, piacevole ma assai poco interessante: un album d•isintossicato come il suo autore. Tanti auguri Er,ic e... ad res maiora. WAR CHILD-JETHRO TULL l Chrysarlis) D. M. Buon vecchio la-n, ma a chi ser,ve questo disco? A noi no, e tan-to meno a te. Che fine hanno fatto i tempi in cui ci svelarvi nuove possibi'iità del •rock ed er·i un pioniere ogni volta soffiavi in quella canna? Poi il plauso popolare ti ba dato al cer,veltlo (e pure al certVelletto) e hai cominciato a fare musica per i nostri fratelli ancora teen-agers che and,atVano in visibilio a vederti bilanciare su una sola gamba come ,un pavone tu,tto pieno di te. L'ultima volta che ci siamo vis,ti ti sei addirittura portato dietro un pa•lombaro, quasi che avessi bisogno di strappare I' ap,plauso a tutti i costi! Poi è wenuto Passion F\lay, te 1o hanno stronca,to, e tu ti sei ritirato offeso coi cri,tici di tutto il mondo. Credevo c,he avessi cercato di, metter·e giudiz-io in questo tempo, e invece eccoti qui con fennesi,ma svioJ.inata a base di tepi scontati, acco~di scontati (e scontato è onmai pure il tu0' modo di cantare) per venirci a propinare una serie di par-ole messe •insieme da una fantasia congelata dal temrpo di Aqualung. Sei proprio sicuro che è stato quanto avevi da dir<:i dopo questa lunga separazione? D. M. I NOMADI INTERPRETANO GUCCINI (8MI) Oper•a pt,lita ed importante, la- )IOro che apre a<l una tradl:z,ione, quella gucciniana, che t'ar- ,tista emi1liano, pa,rco e sincero nel giusto, r,ischia nel s·uo silenzio di far trascolori re pericolosamente. Ben vengano •le rein,venzloni, se di gusto e di forza ... i Nomadi optano comunque per i! Guccin•i più fiabesco e pu-lito, rinunciano a queltl'aspetto vagamen,te politico pro:prio del cantautore, per toccare qua e là proprio i•marqini « letterari .. di queMo strano modo di cantare f,a vi,ta quotidiana... ma non sarà i,I tempo a-ndato a ,garMe,ggiarenei solohi, né le amarezze d·i rapporti inuHl·i e 4o s.perpero del ,proprio seme menta:le, piuHost9 l'osser,vaZ!ione indiretta ed i•I can,tare puntuto, a-Ila Buzz-a,ti... troviamo ql)indi «Asia», « M Vecch•io ed Mbaimbi.no», " La coll•ina », " La Canzone deMa Bambina portoghese »... ed aH•ra realtà fanta, stica, per suoni sufficientemente eleganti e lo spirito vocale immutato, l'espressione triste, la psic,ologia vera ... M. B. ASH RA TEMPEL WITH TIMOTHY YEARY: SEVEN UP (KK/PDU) Un album che è fedele testi,mo- ,nianza della ri,vol-uzione socio• musicale tedesca degli ultimi anni, la volontà di uscire, dal ghetto ideologico trasposta in musica, sulle intenzioni del padre-acido nm Leary, sino alle soglie del1la musica elettroacustica, e " cosmi,ca » come erroneamellte vien detta. " Seven Up» raccoglie il gioco caleidoscopico delle ,intenZ!ioni dei gr-uppi tedeschi d'avanguardia in solchi a tratti confusi a tratti i,Muminati, lo fa comunque con sincerità e spontaneità, data -la sua natura di regis•trazione dal vivo al festivail di Berna del '72, riprocessata in chiave quadrifonica e coraggiosamente proposta al mercato itali,ano. Prescindendo dalle successi,ve usci,te discografiche, Ash Ra Tempel tocca qui ,il vertice della propria Iibertà espressiva, elaborando definiti35

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