Muzak - anno II - n.12 - ottobre 1974

CARLABLEr guando le strutture orchestrali a·lle nuove esigenze, panlelamente a quanto avveniva in a,1,tre sedi. I risultati più importanti, i,n questo senso, sono stati ottenuti sopra,ttutto, e in modi estremamente diversi, da tre grandi personaggi: George Rrussell, Sun Ra e Carla Bley. La Bley è quello che si dice soprattutto una formidabile organizzatrice musicale, nel ,senso più lato. Compone, arrangia, dirige con una riserva di idee quasi inesauribile, si presta ai più svariati esperimenti lasciando sempre l'im• pronta della sua inconfondibile personalità, Per anni, assieme al trombettista e compositore Mike Mantler, la sua storia si identifica con quella della Jazz Composer's Orch~- stra, che rimane un punto fermo nel dibattito creativo esploso negli anni '60. LA JAZZ COMPOSJ:;RORCHESTRA - La JCO nasce come diretta emanazione del Jazz Composer's Guild, un'associazione di musicisti che comprendeva tra gli altri Bill Dixon, Ceci! Taylor, Paul Bley, Sun Ra, oltre che, naturalmente, Mantler e la Bley. Questa associazione aveva l'intenzione di dare una certa autonomia ai musicisti che in questo modo avrebbero potuto lavorare senza ,subire pressioni e compromessi di ogni genere. Questo avveniva alla fine del 1964 a New York, in un momento particolarmente denso per l'avanguardia jazzistica, che in seguito è stato definito la 'Rivoluzione d'ottobre in musica'. Ai primi concerti del Guild, pa11tecipò il primo ,nucleo della JCO che si chiamava aHÒra Jazz Composer's Guild Orchestra, guidata dalla coppia Bley-Mantler. L'attività dell'orch"stra continuò anche dopo lo scioglimento ;del Composer's Orchestra. Nel 1966 fu creata la JCO Association, come sostegno all'attività dell'orchestra. Questa associazione si proponeva di rendere totalmente e indipendente l'attività dei musicisti sia a liveHo creativo che a livello tecnicoorganizza tivo. Appare subito chiara, per almeno due motivi, l'importanza di questa associazione. Primo, per aver reso possibile un continuo scambio creativo tra musicisti ohe avevano modo di verificare continuamente le loro idee nel lavoro collet• tivo. Secondo per aver sostenuto questo impegno con una organizzazione che rendeva totalmente indipendente :1 lavoro, arrivando addirittura a produrre e a distribuire autonomamente i dischi sotto l'etichetta JCOA. Alila base di tutto questo lavoro c'erano Carla Bley e Mike Mantler, i quali componevano il repertorio-base dell'orch~- stra, ccmmissionavano partiture ad altri musicisti e riuscivano a reperire i fondi necessari per sostenere l'organizzazione.· In realtà i due sono stati gli unici elementi fissi della JCO. Per gli altri c'era una rotazione continua realizzando, se vogliamo, non una orchestra nel senso stretto del termine, ma un luogo idea,Je di incontro tra musicisti. I risul• lati più impor.tanti sono stati ottenuti con la pubblica• zione del doppio album della JCO, in cui sono contenute composizioni di Mantler, e, in seguito, col triplo 'Escalator over the hill' con musiche di Carla Bley e parole di Paul • Haines. Già il primo album doppio mette in rilievo le caratteristiche della JCO, (da notare soprattutto la partecipazione eterogenea di musicisti come Don Cherry, Larry Coryell, Ceci! Taylor e tanti altri) ma la vetta massima sarà raggiunta con l'opera-jazz 'Escalator over the bili'. ESefllflCt)I~ OVEFl unE n1u.. CflflUl BLE9 PHUL nrnnEs ESCALATOR OVER THE HILL - Quest'opera è certamente la summa del lavoro della JCO. Sia perché ad essa hanno coJ.laborato uno straordinario numero di musicisti delle più varie estrazioni; sia per il gigantesco sforzo di sintesi tenden• te a inglobare stili ma soprattutto culture diverse in un tutt'uno coerentemente or,ganizzato. La diver,sità dei temi e degli stili è già indi,cata sulla carta dall'incontro, forse senza precedenti, di musicisti come Jack Bruce, Gato Bar,bieri, John Mc Laughlin, Don Cherry, Leroy Jenkins, Enrico Rava, Don Preston, Paul Motian, Charlie Haden, Roswell Rudd, Jimmy Knepper e tanti altri. Il senso globale dell'opera sfugge ad un'analisi esclusi• vamente razionale.' A proposito di questo Carla Bley ha detto: « Francamente non saprei dirvi a cosa esattamente si riferisce 'Escalator' ... può trattarsi di relazioni mistiche. Penso che bisognerebbe ascoltarla in una specie di trance... Le immagini verrebbero allora; perché si tratta di un collage di idee, di sensazioni ». L'unico senso che si può dare a 'Esclator ...' è quello indicato dal sottotitolo: 'A chrontransduction', un attraversamento del tempo; un insieme di momenti, di atmosfere legati tra loro daU'interdipende-nza dei fatti emotivi della vita di un uomo; un collage di idee e di riferimenti ohe esprimono la molteplicità delle culture e del continuo rinnovaip.ento in seno alle stesse culture localizzate geograficamente. L'idea originale era quella di rappresentare un incontro-scontro tra oriente e oocidente. Questa idea riaffiora a tratti nell' opera, anche se abbandonata in seguito, perché troppo riduttiva nei confronti della complessità che si voleva rappresentare. Le vere coordinate sonù quindi lo spazio (localizzato geograficamente neille culture specifiohe e nella dimensione globale del lavoro) e il tempo (la storia, cioè, intesa come rinnovamento continuo nello scambio che av• viene continuamente tra elementi delle diverse culture). In questo sforzo enorme tut .. ti i musicisti vengono valorizzati e per,fettamente personalizza ti, grazie alle partiture della Bley, aperte e recettive ai singoli influssi. Senza vuoti o sbavature la Bley ha messo insieme uri' enorme mole di materiale che spazia tra gli stili più diversi dal raga indiano all'opera buffa, dalle canzoni alla Kurt Weill al rock, oltre ovviamente ad un semp1·e presente sottofondo orchestrale nel tipico ,sound jazz della JCO. I musicisti sono 49

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