Muzak - anno II - n.12 - ottobre 1974

cui la coscienza di chi ascolta viene ft:molata a cavallo di un discorso melodico interessante e f,,'.Jessonuovo con profonde radici popolari (specialmente nel ,lato in dfaletto, che diciamolo, noi preferiamo} in cui il rock si va a inserire con funzione catalizzatrice deM'interesse. SLAPP HAPPY Slapp Happy (Virgin Records) d. m. Definire lo stile di una band è sempre un fatto comples,so quar.do poi ci si trova a parlare del gruppo protagcni,sta di uno dei pochi esperimenti d' avanguardia del momento la cosa diventa ancora più complicata. In un periodo in cui il rock britannico sembra,va non essere sta,to capace di dire niente di nuovo ormai già da un bel po· un gru,ppo di tre eclatanti eccentrici ha concluso il suo patto discografico con la casa c'ie più di ogni altra si prende cura delle avanguarde ed ecco che Slapp Happy e Virgin Records ci regalano (per modo <di dire} uno degli album più interessanti della stagione musica,le. La difficol,tà più evidente nell'analisi degli Slapp è trovare degli antecedenti nella loro musica riconducibili alla scena deMe più grosse star. 11 fatto è ,èhe gli Happy arrivano a questa prima esperienza d'incisione come trio (in realtà fa seconda ma il loro primo a!bum è ad un livello troppo sperimentale per consentire un giudizio a due anni di distanza} con una personalità di gruppo ,iià complessa e arricchita dalle diverse esperienze per,sonali dei singoli componenti. E qui si parla di Peter Blegdav un tempo compositore serio in Germania poi abbacinato dagli sfavilli del rock e della sua 30 muza amicizia che dura. da sempre con Anthony Moore, paroliere del gruppo, già studioso di letteratura a New York fino all' inco,n,trn con Dagmar la cantante che si è già fatta le ossa esibendosi in tutti i locali Jazz di Amburgo. Ora ascoltiamo attentamente l'album (possibilmente con l'aiuto del libretto d,i lir,iche accluso) per renderci conto -una volta di più d'i come esis•tano strane bestie nel mondo musicale. L'ambiente melodico in cui gli Slapp si muovono è evidentemente territorio assai familiare e ogni nota o parole suonano pri,prio al posto giusto e anche l'artificiosità di certe ricerche d'espressione sia in fatto di n:iusica che di paro,le viene completamente assorbi,ta dalla gaia e spedita ironia della esecuzione. Le musiche sono tutte di Peter Blegdav e i testi di Anthony Moore men,tre Da,gmar par,torisce in continuazione im,p,licazioni sempre diverse al significato delle une e degli altri con la surreale drammaticità del modo di cantare frutto in parte della virtù di essere una tedesca che canta in ingles•e. Da questo ibrido penmeato da un sottile eccentricismo nascono piccole gemme come Casablanca Moon dall'atmosfer,a vagamente bogartiana e Mr. Rainbow da uno studio degli Happy su Rimbaud. Poco più avanti ci si imbatte in un Michelangelo intento ad un affresco con fa sola compagnia di un fiasco di vino vaticanense " ... e non ci sono dubbi che conosca il corpo umano alla perfezione ... » L'album si chiude con Slow Moon Rose un brano liricamente sugge::tivo ma qui occorrerebbe entrare troppo nel merito e mi limito quindi a segnalare gli Slapp riservandomi di approfondire il discorso più tardi e utilizzando i loro stessi pareri. d. m. JERRY LEE LEWIS Southern Roots (Back Home to Memphis) (Mercury) Jerry Lee, buon vecchio Jerry Lee, impomatato nei ricordi, uomo del sud, torna a Memphis. Circondato da sessionman di tutto rispetto ci ripropone una carrellata di successi sud,is,ti, dal country & western al sou•I, dal R&B a,I R&R. Tutto sud, ,dunque, la musica i compositori, gli esecutori, il produttore, lo spirito. Non si cogli,e, anzi, non si vuole cogliere, •l'es,senza del sud, non si propone la vera musica del ,sud la musi-ca del popolo, il bl,ues che è 1anto diverso da ques,to mondo un tantino nauseante di eterni ,della canzone, quel che si -vuo,le negare o fare dimenticare è la contraddi,tor•ietà degli Stati Uniti del Sud. Ancora una -volta musica di intrattenimento (per i figli dei proprietari deMe piantagioni .di cotone), non popolare. Comunque, esecuzioni perfette, siamo li'!''""-'-~~::.:..:: -=~ ,:flRYLEE: di fronte a un disco curatissimo, un vero e proprio rilancio di Jerry Lee. E Jerry ha una stupenda voce e suona il piano in modo veramente originale. Comunque non esce dai vetusti ed esausti schemi di sempre, musica tisica che vuole solo trascinare l'epidermide, gli odiosi fia,ti usati come sezione ritmica, i coretti femminei in falsetto. p. m. r. JOHNNY GRIFFIN Collana 'Jazz a confronto (N. 1O) La coll•ana 'Jazz a confronto', di cui si è già parlato, si arricchisce -di un nuovo LP, il decimo per l'esattezza, dedicato al sassofoni-sta Johnny Griffin. Dire GritHn è come dire hard bo1p. tan,to sia l'uno che l'al-tr-o si caratterizzano a vicenda. Gr,i,Min è, anzi, uno dei pochi a rendere ancorn plausibrle, accettabile questo stile. Suona hard bop perché non potrebbe suonare altrimenti, perché è •la sua musica. Ci si ,trova perfettamente a suo agio e riesce a non farne una 'routine' ,logora e ri,petitiwa. Il suo stile, infatti, non è fermo, statico, o tmppo lega,to agli standands classici deH' 'Ha~d bop'. Suonando, Griffin, non tralascia mai quello che nel jazz è suc,cesso dopo l"hard', filtrandolo nel suo personalis,simo stile. Inoltre G. è uno di quei, generosi musicisti che sembrano tirare fuori tutto ciò che hanno da dire in ogni singola esibizione. Anche questo nuovo LP registrato dal vivo al Music lnn è una riuscitissima conter,ma di questa sua generosità, della

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