Muzak - anno II - n.12 - ottobre 1974

BEATLES In effetti le p11ime avvisaglie del cambiamento cominciarono a farsi sentire in quegl-i anni. Prumi del '60, fine della « congiuntura », boom economico, benessere e utilitaria, tecnologia e lavatrice semiautomatica: il sogno della piccola borghesia, l'Italia repubblicana celebra i suoi fastigi. Dopo la erosi del '60, dopo i morti di luglio, le tensioni accumulatesi nel difficiile dopoguerra centrista si andavano leggermente rilassando, e il centrosinistra celebrava questo compromesso politico ed economico. In un clima di momentanea e fittizia pace sociale, nasceva la possibili26 tà di una critica a livello sovrastruttura-le ben più profonda e incisiva. Si delineava la possibilità cli un reale movimento di frattura generazionale. M di là della economia (o usandoqu esta, come spesso la politica, come protezione per discorsi più viscerali e individuali) si cominciavano a sentire quei contrasti verameµte violenti che avranno !,a loro massima espansione ed esplosione nel '68-'69, nel moviimento degli studenti e nella cosiddetta (scusate i,! termine 011mai insopportabile) contestazione. Quel che era messo in discuss-ione, il vero clou del problema, era soprattutto il modo di vita, nella sua globalità: dal sesso alla lotta all'autoritarismo, dalla politica ai rapporti umani, dagli ideali (spesso miti) alla realizzazione di questi. Al fianco di questa volontà e di questi momenti di differenzia2iione, nacquero una serie di caratteri distintivi che divennero come lo scenario di una lotta che ben presto perderà i suoi connotati esclusivamente generazionali in un tentativo di allargamento politico e sociale. Di fianco a!il'autoaffermaZJione nei confronti della società-padre, sorgeva anche la necessità di un'identificazione più nett,a all'interno di un insieme che trovava la sua omogeneità anche (e molto spesso soprattutto) nei molteplici segni distintivi attraverso i quali si caratterizzava. Così LI linguaggio, le espressioni idiomatiche e il gergo, il modo di vestire, la diversa idea di bellezza, l'atteggiamento molto più scettico nei confronti della cultura. La musica, infine e prima di tutto. Questi anni che vanno dal '63 ai tempi presenti hanno avuto una colonna sonora molto precisa, in cui è possibile leggere il t•rascorrere del tempo, l'evoluzione e la morte cli un movimento estremamente sui generis caratterizzato dal fortissimo connotato ideologico e dalla scarsa ingerenza del fattore economico. Un movimento che per la sua ambiguità sociale e per la mancanza di precedenti, si presenta fortemente creativo, vitalistiico, e inconscio. In un'Italia fatta di club della canasta, di case della cultura che sembravano più ohe altro circoli dopolavoristici, di ghetti « inesistenti» di intellet-tual1 d' avanguardia, in un'Italia dove il massimo momento cultura-le di massa era la partita di calcio, l'avvento dei Beaoles per lo meno per noi ragazzotti divisi tra oratorio, sport, scuola e sesso represso, fu come un fulmine a ciel sereno. Non si trattò di un'esplosione, quella ve11rà più tardi, ma di un risveglio dal to11pore di un letargo <lunato ormai troppo. Un lento risveglio. E se inizialmente si trattò di uno sguardo di sufficienza a questi matti ragazzini inglesi che scappavano di casa per potere sentire quei « quattro scatenati », nel giro di poco tempo non solo ci trovammo affascinati dalla musica, dalla diversificazione di massa, da questa co.1lettività di cui in qualci1e modo sognavano di fare parte, ma cominciammo a sentire anche una certa invidia, e nelle nostre menti ben presto scattò il mccanismo del trasformare una realtà lontana in simbolo. Nelle nostre orecchie stanche di Go Kart Twist, e di celentani vari, nelle nostre teste insoddisfatte dei miti correnti, esisteva uno spazio reale per i Beat-les, foritificato dal fatto che in fin dei conti trovare 4.50 lire per un disco non era una impresa impossibile. Non si tratta di leggenda, non sono i,! Cavern, Liver,pool, in sé, quel che conta è come la leggenda è stalla letta e vissuta da noi, al momento, su quei due centimetri di capelli in più che sono stati il trauma di anni e anni. Ovviamente abbiamo vissuto di riflesso quel che i ragazzi inglesi toccavano con mano, e nel rifilesso non c'erano solo i Beatles, ma c'era sopmttutto quella radice beat che ci sconvolgeva nel profondo. Così la confusione, beat, bearniks, Beatles, giocò molto; cosl pensammo ai quattro ragazzi di Liverpool come espressione di una protesta ben più profonda, li trasfor mammo in simboli della ribellione individuale che agitava ciascuno di noi. Ancora non eravamo un « popolo » come saremo invece nel '68, eravamo ancora chiusi nelle nostre individualità senre configurazione di mas. sa. Poi c'era la realtà, Twist & Shout che suonava fino alle tre di notte al piano di sotto scandalizzando tutto il palazzo, e il sogno, i miti, dai mods ai roke11s dai beatniks, caldi e freddi, agli hipsteris e l'accavallarsi di tut- (segue a pag. 34)

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