Orchestra di Gil Evans Horace Silver Keith Jarrett 38 5. giorno • Villalago (Terni) Un'altra lunga e accattivante suite di Keith Jarrett ha aperto la penultima serhta. Inevitabile il confronto stilistico con l'altro grande pianista, Horace Silver, che, accompagnato dal suo quintetto ha suonato immediatamente dopo. Dopo la tensione accumulata da Jarrett sulla platea, Horace Silver ha alleggerito l'atmosfera col suo piano frizzante e scorrevole, con le sue immagini musicali di New York e con atmosfere latino-americane. Dulcis in fundo, ha suonato l'ensemble di Mario Schiano, formato da musicisti sinceri e impegnati anche se forse inadatti, con l'eccezione del bassista Bruno Tommaso, a rendere credibile una musica difficilissima da suonare, contrariamente a quanto pensano alcuni, come il free jazz. Anche stavolta, comunque, applausi per tutti. 6. giorno - Perugia 11finale di questa seconda rassegna umbra è stato un crescendo travolgente. Si sono esibiti per la seconda volta la "Perugia big band", il quartetto di Sonny Stili e il quintetto di Horace Silver. Come fuoriprogramma si è presentato il pianista Joe Albany che da solo ha. suonato alcuni celebri temi parkeriani. Poi ci sono state le due grosse orprese della serata: il sassofonista Anthony Braxton e il trio Freedom con Sam Rivers ai fiati e al piano, Barry Altschul alle percussioni e Dave Holland al contrabbasso. Braxton ha suonato da solo come .ha fatto spesso. E non gli manca I.apossibilità da farlo. Certamente è uno dei pochi sassofonisti in grado di prodursi in una esibizione da solo riuscendo egualmente a coinvolgere la platea, ad emozionarla e ad aggredirla violentemen"'-. Braxton grazie ad una tecnica sbalorditiva e ad una carica travolgente, è ca;,ace di scaricare migliaia di n,lle laceranti 1>ul pubblico, per poi passare a ·melodie più lineari e arrotondate, sfruttando la tensione della pau- -se, seguendo una logica apparentemente caotica e in realtà stringente, lucida, strutturata secondo schemi matematici. Alla fine della serata e del festi- • val, il gruppo Freedom, e non poteva esserci una fine migliore. Sam Rivers, sostenuto da una delle migliori sezioni ritmiche del mondo (Altschul e Holhind) ha potuto improvvisare a lungo scuotendo a fondo il pubblico. liberando energie represse e contenute, in un crescendo espressivo, ricorrendo al sassofono, al flauto, al pianoforte e anche alla voce per urlare un messaggio che la folla ha dimostrato di capire partecipando ed entusiasmandosi. E' stata un'esperienza emozionante e indimenticabile, forse anche per lo stesso Rivers che certamente non si aspettava un successo così clamoroso. Gli è stato chiesto un bis a viva forza e al trio, nell'entusiasmo del pubblico, si sono aggiunti Tony Sc'ott al sassofono e Don Pullen al pianoforte, concludendo il festival con una breve jam session improvvisata. Gino Castaldo
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