Muzak - anno II - n.10-11 - agosto/settembre 1974

trifìcate da generatori e paillettes per "preludi e sintetizzatori" ... la sua "BABY'S ON FIRE" è stupenda ... Cale sta a guardare con aria ironicamente ingenua, ma è in lui, credo, che si compia maggiormente il dramma, perché il sistema lo colpisce con più forza e il cappio si è stretto con maggiore velocità: in lui vediamo la morte dell'altro rock, nella sua musica sconvolgente e fredda, nel soggetto ora esotista ora chiaramente occidentale del suo tipo musicale scorgiamo la fine del sogno... il rock muore con Jim Murrison, Dio non voglia sia così. ma se ne può avere una gran paura ... ed il nome di Jim muove sperò le fila della rinascita silenziosa e buttata in faccia al sistema... Jim Morrison non era i DOORS, Jim Morrison era realtà, forza di penetrazione musicale attraverso vie sessuali e mentali, era percezione libera e suo simbolo ritmico, era l'incarnazione della dimensione fisica del rock, con le ombre. le paure. le esperienze nero pallide eh 'esso comp0rta... e questo, con lui, non è morto, ma raccolto per strada da 'un nucleo di straccioni. pazzi ed infidi che il sistema si sforza di far rientrare nei margini di un discors<>beli<>e pulito. di controllarli senza sforzi ... ma l,>- ro, gli emarginati, vogliono essere tali, pur nella vita estenuata, pur nell'abbandono al morbido incanto delle pillole. pur nella consapevolezza del cedimento di una generazione ... John Cale è l'espressione tecnica ed umana di quanto va accadendo in questi anni alla gente del rock vero: chi aveva disturbato il sonno dei buoni benpensanti è stato messo a tacere, o su di lui s'è fatto un pesante silenzio naturale, i sopravvissuti e specialmente gli inglesi sono apparizioni scheletriche, improvvise luci ed ombre che si stendono sulla vita del rock "decadente'· (accidenti) e il ghetto si allarga a dismisura, sino alle provocazioni degli Sparks, sino ai nuovi deliri uterini per ritmi che della spiritualità elettrica delle origini non hanno un bel niente. Proviamo un po' a pensare come sarebbe il rock attuale senza il retaggio dei Velvet: una boutade motoria e basta. semplice piacevolezza. musica salottiera ... purtroppo siamo vicini all'estetica per l'estetica e così John Cale resta sotto, sott0 la tonalità appena un po' d'avanguardia, sotto il respiro meno pesante e di cattivo gusto di un Elton John o dei Genesis, soth) un gioco lineare e non difficile che per anni il suo eclettismo ha espresso con com18 CALE 1. Cale insieme a Nico, Eno e K. Ayers in un recente concerto londinese. piutezza, con forza nel toccare dove si voleva, con dolcezza nell'avvolgere l'arte fine ed elegante della "nobiltà acida": musica socialmente e di che interesse? L'ACCADEMIA SVENTRATA Attraverso tre albums e partecipazioni laterali Cale ha contrapposto una vitalità aspra e priva di falsificazioni ai torbidi fantasmi dell'ultimo espressionismo angloamericano. Sparks e consimili sono fantasmi ... e puzzano di nazism0 ... eppure la musica caleiana non è mai uscita allo scoperto. a scontrarsi di 0 forza con questa disumanizzazione sistematica e programmata, a fare a calci per la strada c0n i giovani adorat,>ri del "bel canto'' attuale, ed il suo modo di dire le cose ha colpito soprattutto le mura dell'accademia classica e putrescente, del suono antico e vero da riscoprire. magari per mezzo della libertà che l'avanguardia elergisce nel contatto quotidiano con la vita dell'artista... così le tre 0pere principali giungono sulle sogl°ie della nuova armonia. pur senza superarle, bussano furiosamente alla loro porta, menano gran botte, frutto di un'apparente pazzia ma... Cale non è iconoclasta né completamente pazzo: musicista innanzitutto, suona le corde in modo inimitabile, sa rendere elettrico il marmo. e fili d'invenzione gli scorrono nel corpo dalle vene più sottili dell'elettroacustica, alle dita larghe dell'armonia tradizionale ... Cale ha colpito dove la musica si era fatta dotta e borghese, lungo le innervl\ture di una struttura melodica che era proibita ai giovani, tra le righe di un classico sinfonico tabù e monolite. "ACADEMY IN PERIL" è la sua opera di maggior respiro e di migliore intensità di contenuti: Andy Warhol sposa l'immagine poetica indicata da Stravinsky ed il risultato sono composizioni pseudo-tutto, semi-sconvolte, come "BRAHMS" e "THE PHILOSOPHER", come "KING HARRY" e "DAYS OF STEAM", mentre l'intuizione della nuova, drammatica armonia, nasce di spontaneità e vigore, tra "ACADEMY IN PERIL" e la montagna di rumori svincolati, di distensioni illegali, di non costrizioni, in quel perfido "JOHN MILTON" che è tutto il temperamente classico del Cale post Velvet. Il musicista compositore di "PARIS 1919" è l'uomh, innanzitutto, tradito dallo spirito francese e vellutato dei suoi sogni lirici: nasce un album stupndo e privo di ogni alienazione, lo stile è peiano e semplice, piccole cellule sonore intrecciate alla perfezione e con estrema eleganza ... e poi i testi, la cui trama ti coinvolge e ti porta in "HALF PAST FRANCE" ed in "ANDALUSIA" con lucidità e purezza cristallina. E' quanto ritroviamo in ogni suo lavorn "solo" e nel tocco per onale delle sue partecipazioni speciali: mai frettolosità ud approssimazione, una visione completa della musica da scoprire, tra Terry Riley e Nico, tra "Church of Antrax" e l'ultimissimo "JUNE '74", mondo angloamericano a morire ... miti a morire, ma non morte né decadenza ... piuttosto il rito perpetuo del rock delle metamorfosi, del passato e del futuro. M.B.

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