Muzak - anno II - n.10-11 - agosto/settembre 1974

JOHN.CALE il drarhmè. ingEinub dell 1artTidnia Articolo di ~aurizio Baia-ta L'artista spesso sa essere eclettico, anzi sa abbandonarsi nel suo eclettismo senza curarsi della bontà della sua opera in assoluto, limitandosi ad affondare memoria, spiritualità e musicalità in ogni senso qua e là, senza rigore logico. Nella maggioranza dei casi il risultato, soprattutto nella storia giovane del rock, è stato disastroso: al rock manca la via molteplice per giungere all'ascoltawre, giacché se si tratta di vero rock, '1avia è una sola, quella sensuale, impattante, durissima, pur nelle sue forme più diverse. Il suo linguaggio è fluido e scarnificato, ma unilaterale; le forme di questa lingua vanno dall 'acustica all'elettrica, mentre non si può fare del buon rock tenendo presenti la musica classica, sinfonica, o tonale ... in questa dimensione il musicista ha bisogno di un appiglio pratico, lo trova, ma resta un musicante, resta fermò alla pura sensualizzazione delle sue idee e nulla più: ben altro avviene quando l'artista scioglie in linee larghe una scrittura minuta, quando è nelle sue mani il mezzo tecnico, e non estetico, per esprimere in insieme di sensazioni aperto e libero, esteso sull'intero panorama dell'espressione musicale. La grande contraddizione di quanto fin qui detto (male) è fohn Cale, conosciuto tra il sontuoso melodizzare sue immagini· poetiche strane ("PARIS 1919"), suonare tra le chimiche nero decorate dei Velvet Underground e poi risolversi nelle pagine nobili e divertenti di "ACADEMY IN PERIL": cos'è dunque il Cale, •un teatrante ottocentesco, un italiano pieno di sentimenti, un "vellLto sotterraneo" acido ed incontrollato, musica semplice, còmplessa, estetica, naturale? Probl~matiche contraddittmie che, attualmente, vanno rudemente risolvendosi a favore del • rock, 1 e per ora ne siamo immensamehte felici, musica espressa in c~mune con Nico, Kevin Ayers, Eno, Robert Wyatt... LE GENERAZIONI INGOZZATE E STROZZATE Sono figure simboliche, calde, umane e ad un tempo puzzano di una morte psicok,gica sottile ed inquietante... sembra quasi che la stJria dell'ultimo rock, dal '70 in poi, le abbia volute strozzare silentiosamente, tra i morbidi tapJ>d.tidel businness americano, e rallucinata ricerca di una materia. sonora che fosse libera, non ghettjzzata... sciarpe di velluto sapientemente avvoltolate dal sistema hanno loro tolto la. giusta voce per molto tempo... ma Wyatt, tra tutti, canta con una forza metafisica e purissima, Nico eice dalla sua catacomba ed innalza a Jim Morrison un'immort~le "THE END", Kevin, attrayerso esperienze autonome, spinge i suoi singhiozzi sino alla chiarezza ed i suoi lavori sono 'leggibili e pazzi, godibili e slegati finalihente ... Eno non dimentica Cage,e la California, ma dimenti: ca i Roxy Music ed il loro dandysmo decadente, le vene elet17

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