A quasi quindici anni dalla ,sua prima compa-r1Sail « free jazz » continua a suscitare ,polemiche ed equivoci. Alcuni negano che abbia mai avuto una rea:le consistenza, altri invece sostengono che è stato un breve momento transitorio destinato a morire presto non avendo possibilità di sbocchi di nessun genere. Ci sono altri ancora, poi, che addirittura negano al « free j.µ:z » qualsiasi eventuale funzione musicale e storica, definendolo assolutamente gratuito e troppo « facile » da suonare, o addirittura un comodo paravento che si fa scudo della parola « libertà » per proteggere alcuni musicisti che sarebbero del tutto incapaci di suonare qualcosa di tradiziona:le. Gli equivoci ed i pericoli sono tanti, evidentemente, e probabilmente la migliore risposta a certe assurdità sarebbe U comportamento di Archie Shepp al festival jazz di Lecco nel 1968. Shepp, aU'inizio della sua esibizione fu vivamente osteggiato da una parte del pubblico che non sopportava il suono stridulo e aggressivo del suo sax e la provocatoria libertà del suo gruppo. Il sassofonista, allora, attaccò con enfasi le note di un celeberrimo classico, « The shadow of your smile », che scatenò in sala ·un coro di « Così si •suona! » e « Questa è musica! ». A questo punto Shepp cominciò a frantumare la melodia del famoso brano con ironia e cinismo scatenando di nuovo il putiferio nel teatro che lo accoglieva. In questo modo Shepp ha dato una risposta diretta, senza veli, a queste polemiche, coerentemente al suo ruolo di musicista, proprio attraverso il « free». Ma cerchiamo di fare un bilancio su quello che è sta42 FREEJdZZ to il « free jazz" e sui suoi sviluppi nella musica di oggi. 1960 - Il 1960 è un anno estremamente importante perché proprio allora il nuo- 'VO corso deHa musica jazz viene ufficialmente alla ribalta, con la pubblicazione di un disco di Omette Coleman intitolato « Free Jazz», con un sottotitolo altrettanto esplicativo: « A collective -1mproviisation ». Questo disco, oramai divenuto leggendario, apre la nuova era, servendo da manifesto-programma per il futuro, e allo stesso tempo ne chiude un'altra, essendo il frutto di un lavoro portato avanti da molti musicisti che, lavorando sulle strutture tradiziona. li, cercavano nuove strade in funzione ~ una maggiore libertà espressiva. Omette Coleman, raccoglien. do i numerosi stimoli presenti in tutto il fronte del jazz d'avanguardia, -riunì in sala d'incisione otto musicisti, il cui organico costituiva formalmente un doppio quartetto: quattro fiati, (Don Cherry, Eric Dolphy, Freddie Hubbard e lo stesso Coleman) due contrabbassisti (Scott La Faro e Charlie Haden) e due batteristi (Eddie Blackwell e Billy Higgins ). La seduta d'incisione di '« FREE JAZZ » è costituita da un'improvvisazione collettiva che dura ininterrottamente per 36 minuti. L'unico elemento ad essere prefissato è l'ordine degli assoli, separati l'uno dall'altro da brevissimi intermezzi. Mentre è in atto un assolo, gli altri musicisti improvvisano un fitto contrappunto totalmente estemporaneo, che si basa unicamente sulle intuizioni individuali e collettive del gruppo. Non esistono schemi armonici o modali e tutto avviene in virtù dell'affiatamento collettivo degli otto musicisti. Questi 36 minuti di improvvisazione liberatoria, sono, ovviamente, qualcosa di più che un manifesto program: matico. Costituiscono un' opera compiuta, non solamente provocatoria come è stato detto, ma stravolgente, profondamente rivoluzionaria (ancora oggi, del resto, è di un'attualità sconcertante). E' un' punto fermo nella storia della musica e sembra la finalità alla quale il jazz fin dalle origini era destinato. IL RAPPORTO CON LA TRADIZIONE - E' un punto fondamentale da chiarire, per capire il ruolo storico del nuO'Vojazz. Da un lato il « free », liberandosi dell'apparato formaile che apparteneva al jazz che lo aveva preceduto, ha costituito una rottura tota- -le, violenta col passato, esprimendo contenuti del tutto nuovi attraverso inedite formule sonore. Dall'altro ha mantenuto alcuni elementi fondamentali, esaltando le possibilità espressive dell' improvvisazione, sia pure scarnificata da ogni sovra- ·struttura, e riallacciandosi alle fonti più autentiche del folklore afro-americano. E del resto, è innegabile che il « f.ree jazz » sia una logica conseguenza del,J'ampio fermento creativo che già alla fine degli anni cinquanta stava aprendo al jazz nuove strade, attraverso il lavoro di rinnovamento operato da Mingus, Miles Davis Paul Bley, Bill Evans e molti altri. In conseguenza di questa ambivalenza, il rapporto col passato è stato spesso di amore-odio, di esaltazione e di dissacrazione aHo stesso tempo. Vale ,per tutti l'esempio di Archie Shepp, che spesso ha inciso alcuni classici di Duke Ellington. In « Sophisticated Lady », ad esempio, il rapporto amore-odio è evidentissimo e Shepp passa da una ragionata e poetica esposizione del tema, alla frenetica ricerca di nuovi spazi, ottenuti violentando lo schema armonico-melodico del pezzo, per poter lanciare il suo urlo cinicamente distruttore. Lo stesso ·« Ritorno all'Africa » costituisce una ricerca deHa tradizione, - sebbene ,spinta fino alle origini - rivista e attualizzata con precisi significati politici. MUSICA E POLITICA - La comparsa e lo sviluppo del ·« free jazz » hanno coinciso con la completa presa di coscienza dei musicisti afroamericani, o perlomeno della parte più consapevole di essi. Nel corso degli anni '60 si <Sonosviluppati i movimenti rivoluzionari del popolo nero, che hanno rivendicato l' auto-gestione di una loro cui.tura diversa e contrapposta a quella dell'America bianca; Makom X ha proclamato l'appartenenza dei negri d'America al terzo mondo, in senso economico e culturale; Leroi Jones ha pubblicato « Il popolo del blues », in cui fina,Jmente la musica nera viene vista nella giusta dimensione sociale e politica. Questi avvenimenti sono strettamente collegati alle vicende della musica afroamericana. Solo se <Storicizzato il « free jazz » può essere compreso nei suoi giu- 'Sti termini. E certamente è ,sempre un discorso politico, anche se non ha, come nelle bellicose esaltazioni di Malcolm X composte da Shepp, dei riferimenti precisi ed espii citi. Questo perché :raramente i jazzi.sti neri sono degli intellettuali borghesi nell 'eterno conflitto fra arte e politica. Sono invece in gran parte armoniosamente inseriti nella comunità dalla quale provengono e ne san- .no esprimere in forma artistica i reali contenuti di ri-
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