KEVIN AYERS The Confesslons of Doctor Dream and Other Storles (ISLAND) Un tempo marmorizzati nel ricordo di qualche ostinato appassionato, i nomi degli emarginati, dei concreti artefici della new thing del rock '60, hanno avuto fortunato disseppellimento e l'operazione di riesumazione condotta dalla lsland inglese si quò dire abbia dato buon i frutti'... uno storico concerto che ha rivisto insieme la Nico ed il John Cale entrambi ex Velvet Underground. Mike Oldfield, Wyatt ed il genio forse maggiormente misconosciuto. quel Kevin Ayers membro primitivo dei Soft Mach'ne e purtroppo per lui. lucido possessore di idee musicali tanto personali da non essere mai comprese completamente. almeno nei suoi precedenti albums, nella sua stessa attività fuggita lontano dalla realtà del business inglese ... Ayers torna alla ribalta con un « Confessions ... » dalle connotazioni precise e lucide, diversificazioni de,la personalità ora annientata nel nihilismo più completo ora proiet• tata nel futuro con serenità, insomma artista disarticolato quanto coerente, uomo-musica mai geometrico o schematizzato. Lo contraddistingue. dal resto del mondo pazzoide ed introverso degli emarginati inglesi, una sua struttura precisa ed originale che nell'a:bum si evidenzia soprattutto nella seconda parte, quando il discorso si fa univoco. non c'e frazione infatti tra le composizioni, la progress!one è limpida e forte. l'idea di base tirata sino in fondo concre. tamente: Confessions. in qualche modo è accostabile al « Desertshore • di Nico e la stessa musa di ve'luto dipinge la prima parte, • Irreversibile Neural Damage » del suo cantato alienato e sconvolto. ma vorrei dire piuttosto delle successive « lnvitation •. « The One Chance Dance » e « Dr. Dream Theme • con organici sogno e musica giusta, Mike Giles redivivo protagonista di nuove perfezioni, Mike Ratledge (!) e l'ottimo Rupert Hine alla sezione elettronica. i bassisti John Perry e John Gustafson ... i germi di una scuola antica ed iconoc'asta che vede ancora Gong ed Allen, Hatfield & North a ricordarci della pazzia inglese corrodono il linguaggio di Ayers sino al midollo e ne nascono suoni che sono figurazioni nevrotiche, di• stese di polvere ritmica minutissima e gelida ... ma più ancora momenti di sporca fo;lia bella e buona come in « Ballbearin Blues » ed « lt begins with a blessing / once I awakened / bui it ends with a curse ». DAVID BOWIE Dlamond Dogs (RCA) m.b. Lo spettro di Lou Reed aleggia sulla nuova civiltà elettrico-de• cadente, e viene ad aiutare non poco una musicalità filiforme ed ingenua quale quella dell'ultimo Bowie, dall'hard rock pieno di preziosismi e cineserie salottiere sino al tragicomico revival del nazismo in musica, forme attualmente in auge nel• l'Inghilterra dello sberleffo travestito in tuta marziana ... giunge ad hoc la figura spaventevole di Reed, rock uscito dalle catacombe di velluto e suffragato dalla presenza dei veggenti Ayers, Nico. Wyatt. vecchi pazzi relegati per anni in un sottoscala strano. ed oggi. fra nozioni purtroppo prestabi,ite e coordinate del tutto previste, nuovamente riesumate dalla società dei miti in scatola ed in cassetta ... ma Bowie coglie, almeno parzialmente, il segno: il rock è ac:do e puteolento, perverso e cristallino più di una volta, pure se le visione che muove il lavoro rasenta un pes• simismo di cattivo gusto, una pesantezza di intenti non ritmici. quanto di contenuti. che rasentano il kitch. Diamond Dogs è opera che convincerà i vecchi amanti del Bowie più duro, seccamente ritmico ed audace, ma che non tarderà ad annoiare quanti desiderano. almeno in qualche linea. l'invenzione tematica, l'evoluzione... una prima parte si snoda sul b:nomio • Diamond Dogs-»-« Bebel Rebel • come appunti ulteriori al racconto del rock « estremizzato • e dell'insieme « Sweet Thing » (in due parti) • « Candi· date». questultime come porzioni forse più convincenti dell'intero album ... più statica la seconda parte tra frasi di decadentismo spaziale. « We are the dead » e la musica fatta fantasma di se stessa. m.b. JIM CROCE I Got A Name PHILIPS Sulla scia del successo americano e:sploso dopo la morte prematura del cantautore, anche in Italia ci si decide a pubblicare questo album ('I terzo di Croce) che contiene la canzone I Got A Name colonna sonora del film Last American Hero. All'interno della crisi del folk americano. questo LP si impone sugli altri per buon gusto e per una certa forza espressiva. Ma si tratta sempre di un frutto del tristissimo periodo della presidenza Nixon. Il qualunquismo più totale, il mito della vita pericolosa, l'essere uomo in senso hemingwayano, l'attaccamento ai sani valori della tradizione, fanno di Croce. unica scintilla all'ultima edizione. del folkfestival di Newport in un mare di gentilezze campagnole, veramente l'ultimo eroe americano. ma eroe di una America reazionaria e sempre più incamminata su una strada di morte. Gli eredi di Dylan? Croce, in una sua canzone. canta pressapoco: « Sono cresciuto. mi sono fatto ucmo, andando a picchiare i negri con gli amici». mi pare estremamente indicativo. La musica è quel che in Italia viene chiamato country, canzoncine dolci, con qualche impennata vitalistica e rock. con un notevole gusto e un lindore mai eccessivo. Canzonette taci i. che 29
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