Muzak - anno II - n.08 - giugno 1974

Kevin Coyne è senz'altro un personaggio di grossa portata umana, uno che vive emozionalme.nte a tutti i livelli lo spirito della propria musica. Forse sarebbe più esatto affermare che in lui il blues è parte integrante del carattere; un tipo di blues molto sassone dove si precisa conti-nuamente lo stato d'animo cattivo di un uomo buono. Vedere e sentire parlare Kevin attraverso la sua musica e poi incontrarlo di persona non cambia molto l'immagine umana che ci si è fatta dl lui; l'uomo rimane poeta in ogni momento della giornata, un poeta triste, angosciato e profondamente deluso ma fondamentalmente ottimista. L'ho seguito nel tour italiano e la prima cosa dl cui mi ha parlato è stato dl come soffrisse a dover lavorare come gruppo di spalla. D'altro canto tutti sanno bene qual è la sorte generalmente della band di supporto nel nostro paese. Tutto il grosso del pubblico aspetta la star della serata e i musicisti che precedono si trovano quasi sempre a dover battere cont10 un muro d'isterismo e volontà precisa di non ascoltare. Quando ho chiesto a Kevin di parlare un po' di sé stesso, ha raccolto la mia proposta con entusiasmo anche se stanchisismo e avendo saltato la cena per motivi di orario. Quello che segue è il resoconto di un musicista che alla vigilia dell'uscita in Inghilterra del suo quinto L.P. (Blame -it on the night - Prenditela con la notte) si rende conto una volta di più che la battaglia è appena cominciata e che non basta assolutamente essere onesti per essere compresi.

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