Muzak - anno II - n.08 - giugno 1974

Sessantainbiblioteca Gli anni sessanta (e la musica di quegli anni) sono storia: è ormai un dato di fatto quas.i ovvio, una certezza portata sulle onde grevi e melmose di una restaurazione che non ci deve cogliere né rassegnati né nostalgici. Ma è pur sempre una certezza. L'altro ieri era ancora lava incandescente; oggi è materia quasi tutta inerte, stratificata, dalla cui osservazione - a seconda degli interessi e degli scopi - si possono trarre insegnamenti stimolanti per il futuro o assunti qualunquisti per il trionfo del conformismo. Solo oggi che il tumulto si allontana, la critica si fa avanti (più o meno timidamente) a storicizzare. Dopo i fatti (e i suoni) s.i sente bisogno delle parole... Un meccanismo per lo meno sorprendente, ma è indubbio che il pubblico per primo desidera ordinarsi le idee, conoscere i temi fondamentali che hanno condizionato lo sviluppo della sua musica. In fondo anche gran parte della cr.itica, che si è dedicata alle nuove forme musicali sorte negli anni sessanta, è formata da giovani e le necessità dei lettori sono (nonostante qualche tentativo prematuro di trombonismo) prima di tutto le proprie. In questo clima ancora pionieristico, particolarmente sentito in una provincia musicale come quella italiana, i primi libri interamente dedicati al pop o al jazz più recente sono appars.i piuttosto timidamente qualche anno fa ed ancor oggi sono un esiguo mazzetto di pubblicazioni poco promozionate e poco lette dagli stessi appasisonati, e ovviamente guardate ancora con una certa diffidenza dagli editori. Oggi comunque, magari in ritardo, qualcosa si sta muovendo anche in questo senso. Il primo volumetto pubblicato in Italia sulla « rivoluzione pop » è apparso soltanto agli albori dei settanta e non è senza significato che si trattasse già di un consuntivo. «Guida alla musica pop» (Mondadori) è opera di un tedesco, Rolf-Ulrich Kaiser, esperto di sociologia e seguace di Theodore Adorno, .tutto teso a divulgare anche con troppo semplicismo le motivazioni sociali di una involuzione che in pochi anni precipitò il gusto dei giovani dall'underground fino al neoconsumismo dei grandi festival, al boom dello hard rock, alle nuove fabbriche d.i divi. Pur partendo da tesi sostanzialmente giuste, quella del Kaiser è un manualetto spesso confuso e approssimativo, i cui due maggiori meriti (ingigantiti dalla penur.ia di informazione esistente alla data della pubblicazione) sono: 1) l'aver restituito, nell'epoca degli Uriah Heep, un peso stç,rico a personaggi allora quasi dimenticati come i Fugs o i Velvet Underground; 2) l'aver disposto in appendice un agile « Pop Lexikon » per i novellini con un'ottantina di schede di gruppi, aggiornati discograficamente fino al '70. Affiora subito sin dalla prima pubblicazione sul pop il problema (fondamentalmente ambiguo) della di· vulgazione: il grosso pubblico, quello dei ragazzi che riempiono i palasport (non i pochi amatori che divorano tutte le •pubblicazioni straniere), ha una terribile sete di conoscere, di crearsi un minimo di base culturale con le poche lire che gli restano, dopo l'acquisto dei dischi e dei biglietti per i concerti. D'altronde spesso divulgare significa anche appiattire, spersonaFzzare, rendere tutto generico e opaco, affogare i sign.ificati in una zeppa di dati informativi, che allevano il lettore alla passività consumistica. La giovane critica italia· na tentenna, si rosicchia le unghie, ma non se la sente di uscire ancora allo scoperto, al di là degli interventi sulle riviste. Esce intanto in Italia - siamo nel '72 - il secondo libro di uno straniero: è il « Bob Dylan » di Anthony Scaduto, che· inaugura la coraggiosa politica di editoria musicale dell'Arcana, la sola casa editriche che intraprenb b '"'"""'' o '-.1,1d1J!o dylan Id h1tHJr ,1li,1 ..... JL , de decisamente questa strada. E' un libro esemplare: una cronaca tipicamente americana, fitta di aneddoti, ma impietosamente purgata da ogni tentazione mitologica. Ne esce una realistica e ambig~ raffigurazione dell'uomo Dylan, geniale ed enigmatico, irresponsabile e meschino. Sono anche da noi gli anni dell'eçlisse per il « gran bardo » del Minnesota e l'uscita della sua migliore biografia contribuisce noil poco al risveglio di ,interesse; ma è un interesse nuovo più profondo e insieme più distaccato, come per una pagina di storia già scritta da tempo, che sta hrdendo i finti piumaggi ltel mito. Quasi contemporaneamente un'altra casa editrice (la Newton Compton) pubblica una raccolta di testi dylaniani, (con traduzione a fronte), « Blues ballate e canzoni » ottimamente curato da Fernanda Pivano ed il successo è cosl immediato da spingerla a pubblicare di seguito un secondo volumetto ( « Canzoni d'amore e di protesta ») che si inteBOB DYLAN CIIIZIIIId'amare I cl protesta ........... , .. filllW"OONOMPl'OH nAt.WiAgra al primo, raccogliendo i testi esclusi dalla prima selezione. 45

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