Muzak - anno II - n.08 - giugno 1974

dere In mano, senza risultato alcuno. La prima facciata, soprattutto, rende atto dell'insipienza, della fragilità, della velata Ipocrisia In cui si muovono gli Ash Ra Tempel 1974. Lauqhter Lolng, il brano d'inizio, è un bluff chitarrlstlco di otto minuti, dove lo stile acido tanto fiammeggiante sino a ieri è carezzato in superficie soltanto, senza la minima emozione o e novità ,; e sulla medesima falsariga viaggiano gli altri tre brani, con il defilarsi di un hard onesto ma monotono, che ben si guarda dal diventare Infuocato e Irraggiungibile come un giorno accadeva. Più corretta ed elfi• cace la seconda parte, se solo si esclude Il R&B bieco di Brlng Me Up. lnterplay of Forces ha un bel duello di percussioni e corde, con l'amalgama riuscita di dolcezza e grinta. di chiara psichedelìa e ritmo feroce; mentre Falry Dance ha perlomeno una sua dignità melodica, con l'apporto decisivo di un sinuoso mellotron. Non c'è comunque Il clima delle Grandi Feste Germaniche, manca l'aria stranlta e affascinante del dischi fondamentali: e soprattutto Rosi Muller, la fata berlinese che dal precedente Joln lnn è chiamata a glorificare gli Ash Ra Tempel, fallisce nel suo compito di protagonista. risultando noiosa e Insipida nel rari Interventi in primo plano che si concede. r.b. Hatfleld and the North: HATFIELD ANO THE NORTH (Vlrgln) L'c altro pop, Inglese, quello figllo del Gong, dei Soft Machine antichi, di Robert Wyatt e gente simile, sta dilagando, di questi tempi. Dopo anni di anonimato. dopo tonnellate di albums passati sotto silenzio, stiamo Infatti assistendo a un recupero Impetuoso di nomi. Idee, soluzioni; e cosl Daevld Allen è riverito e portato ln trionfo, Robert Wyatt guardato con occhio dolce dalla critica Intera e spunta gente nuo. va, come questi Hatfieid and the North, legata a doppio fl· lo alla scena dada-sperimentale d'Oltremanica. li complesso è un riassunto perfetto di tante formazioni e prospettive della scena appena descritta: perché accanto a Phil Miller, chitarra del Matching Mole di Wyatt, troviamo l'ex pianista degli Egg, Dave Stewart, e Dave Slnclair, bassista del ,Caravan, giù sino alla batteria di Plp Pyle, già componente del Gong. Ma nonostante questi prestigiosi e biglietti da visita , Il gruppo non vale più di tanto, legeto a schemi ripetitivi e a situazioni conosciute che non rie• scono a prendere l'ascoltatore per la gola. come dovrebbe accadere. Tutto sa di confusione. Infatti, o nel migliore dei casi di frammentarietà: il suono è sfilacciato, non compatto, e le Idee che vibrano e si susseguono non trovano il modo per serrarsi bene e volar via decise. Manca soprattutto il piglio veramente nuovo, Il tocco geniale che spezzi ogni paura e ogni legame col e già detto,: e dunque non è difficile trovar segni di Soft Machlne e colori di Robert Wyatt e parole già spese da altri, In una girandola di emozioni timide che si spuntano appena arrivate a contatto con la pelle. La seconda facciata In particolar modo è magrissima e irritante. percossa da lnterminablll disegni chltarrlstlcl e da blandi flash orchestrali: mentre la prima ha dalla sua al• meno il divertimento e una certa chiarezza, con Robert Wyatt che canta Calyx rifacendo Il erso a se stesso e Son of e There's No Piace Llke Homerton • che sputa nell'occhio sinistro del signor Zappa, e ancora Algrette che riporta Il discorso sulle vocine femmlnill alla Matchlng Mole. Insomma, quando abbiamo già ascoltato questo disco? A nulla vaie la deliziosa parte grafica, che vede la famiglia Cartwright duellare con Il complesso In scenari da Trlstan Tzara: e non riescono ad alzare il livello del disco nemmeno I titoli dei brani, testardamente legati all'umorismo dada, che è tipico di tutti I parenti più o meno prossimi della famiglia Soft Machine. r.b. NEW RIDERS OF THE PURPLESAGE «Home, Home On The Road, (CBS) Il nome del New Riders è sempre stato strettamente legato a quello dei Grateful Dead: Jerry Garcia - che ha prodotto quest'album - e Bob Weir sono stati stretti collaboratori e padri spirituali della formazione. a sua volta regolarmente incaricata di lntrodurre gli happenings in cui 1 Dead costituivano l'attraziono principale. Giusto iniziare a parlare anche di loro. quindi: l'occasione viene offerta da questo LP - il quinto della serie -, registrato dal vivo e importato in consistente quantitativo anche da noi. cHome, Home On The Road• è un lavoro divertente e trascinante, impregnato di puro country e di rock 'n' roll; che beneficia in misura evidente dell'atmosfera llve della registrazione, e. che permette di conoscere (o di ritrovare, come nel caso dell'ex Jefferson Alrplane Spencer Dryden) strumentisti preparati e sensibili, completamente folli ma terribilmente vivi. Non è esatto, in questo caso. parlare di country revival (Nitty Gritty Dirt Band, Country Gazette..): se è vero che l'essenza di questo suono costituisce effettivamente la struttura portante, appare anche evidente Il tentativo di Improntare in senso evolutivo e dinamico ogni costruzione ed idea, in un'opera di •contaminazione• (ma anche di ricerca) cl1e renda perfettamente accettabile e comprensibile la maggior parte delle proposte. Non siamo di fronte ad un lavoro eccelso (il primo album dei NRPS costituisce ancora, In questo senso, l'attimo più lucido ed incisivo): ma I momenti piacevoli non mancano di certo («She's No Angel,, «Sunday Susie,, «Kick In The Head,, un -simpatico rifecimento di «Dead Flowers• degli Stones), e molti spunti strumentali - soprattutto per quanto riguarda Buddy Cage, uno dei massimi chitarristi steel viventi - si dimostrano ricchi di reale energia cinetica, riuscendo a toccare il lato più viscerale, e troppo spesso trascurabile o violentato, della sensibilità di chi ascolta. Per questo non stupisce nè irrita osservare che il disco si chiude con il paradistico basso di Dave Torbert ad introdurre, con ingenua partecipazione, un classico come «School Days, di Berry: hall, hai!, rock 'n' roll, deliver me tram the days of odi ... m.f. TONY MC PHEE The two sldes qf T.S. Mc Phee (WWA) Era piuttosto atteso, dopo lo scioglimento dei Groundhogs, que,;to album solo di Tony S. McPhee, un'autentica eminenza grigia del blues revival inglese, assai meno popolare di John Mayall o di Alexls Korner ma non meno rigoroso e tenace dei colleghi nella difesa di quei valori Intramontabili radicati nel semplice schema in dodici battute della tradizione nera. McPhee aveva trovato Il suo momento di celebrità nel periodo '68-'69 come leader e solista del suo trio, appunto I Groundhogs, In coincidenza all'uscita del primi album (specie il secondo, l'ottimo «Blues Obituary, e il terzo, «Thank Christ for the Bomb,). mentre più tardi Il trio affogava irrimediabilmente nel più cruento hard rock. Ma, ancora prima di quell'esperienza, la sua passione archeologica lo aveva portato a viaggiare e a lavorare negli USA, alla riscoperta del più arealo blues del Delta e del Mlddle West, fino alla produzione d: a•cun: album di restaurate 37

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==