Muzak - anno II - n.08 - giugno 1974

Sh1wn Pl'tllllpa: SECOND CONTRIBUTION (A&M) Composta e realizzata nel 1970, ma solo ora messa In circolazione anche da noi, Second Contrlbutlon è la e cosa • più balla che sino ad oggi Shawn Phllllps è stato capace di offrirci. C'è Infatti In questa scrittura (la seconda In ordine di tempo, dopo Il timido canto di Contrlbutlon) tutto il succo dell'arte del musicista, Il suo muoversi delizioso In mezzo a ombre e statuine barocche, il suo cantar vigorosamente accoppiando spunti ritmici a misteri un po' decadenti. Tutte cose che cercheremmo Invano, oggi, tra I rovi di FacH o le cartacce di Brlght Whlte: ora Impera la futilità, il banale avvicendarsi degli strumenti, e l'Incanto semplice e Inatteso di una voce e una chitarra, l'eccitazione bella di brevi pezzi e orchestrali, sono regali che più non cl arrivano e che dobbiamo consegnare a fantasmi perduti, come questo. L'Ispirazione è quella già risaputa, sfumature alla Donovan e strisce colorate alla Buckley; ma lungl dal copiare semplicemente, lungl dall'adagiarsi sul e già detto • e sullo stile e fatto a finito •, Phlllips sa dipingere tutto di tinte personalissime, giungendo a una fusione strana di cento soluzioni che portano ad un mondo affascinante e unico. Specie I racconti alla chitarra, la ballate calde o malinconiche, sanno tramutare in cento fogge, mostrando ora H volto carnoso del primo Dylan, ora I merletti di un linguaggio decadente, ora Il 11rlsmo del Donovan d'Inizio; e In questa maniera esistono She W11 Waltlng for Her Mother, Ballad of C11ey DIIH e Steel Ey11, soprattutto, brani colmi di tenerezza e di magia che valgono certo le pagine più belle di tutta la vicenda di Phlllips. Un gradino sotto porremmo Song tor S1gltt1rl1n1 e momenti simili, dove fa capolino quel ritmo contenuto e obliquo che l'uomo teorizzerà due anni più tardi su Collaboratlon: mentre Remedlal lntern,ptlon, con la gioia e la deliziosa elettricità di un orgasmo vocale, sta in un Paradiso a parte, con drappi quasi « rinascimentali•· Un cenno finale va a Paul Buckmaster, arrangiatore morbido come sempre, e a tutta la schiera di musicisti che attorniano Phllllps negli attiml in cui l'ispirazione prende Il sentiero della orchestrazione: soprattutto Keep On, Il brano che segue I sussurri di She W11 Waitlng, dà ragione alla bravura di tutti, con un clima di testa e di frene- •Sìa che mescola dolcemente un certo jazz all'acqua di rose con schemi pop severamente ritmici. POPOL YUH Sellp•m1lsung (PDU) r.b. L'iter espressivo del Popol Vuh, punta di diamante dell'avanguardia tedesca. può suddividersi In due tappe successive. La prima. decisamente Indirizzata verso canoni arditi e liberi proprio dell'avanguardia più pura (quella europea In particolare), è stata affidata In maniera superba ai solchi del secondo LP del gruppo. dn Den Garten Ph1rao11, un doppio viaggio pervaso di irrlpetlblle ed arcana magia, resta uno dei traguardi sommi di tutta la musica progrnalve europea degli ultimi anni. In esso l'equazione elettronicaacustica pendeva decisamente a favore della prima, e rara-. mente le tastiere elettroniche prima erano state usate con tanta acuta e sobria sensibili· tà. Ma poi succedeva qualcoaa all'Interno del gruppo: Il suo principale responsabile, Florlan Fricke, probabilmente preso da una crisi mistica, si separava dal suol antichi compagni, formava un nuovo enaemble e mutava nettamente direzione. L'Ispirazione fondamentale del terzo LP del Popol Vuh, «Hoalanna M1ntr11, risiede nella musica sacra antica, che da questo momento diviene la tonte di gran lunga principale del gruppo di Frlcke. Si compie cosl una sorta di revisione che porta Frlcke ad abbandonare personalmente le tastiere elettroniche, In favore del piano acustico e del cembalo, mentre solo Conny Weit, nuovo arrivato, suona uno strumento elettrico, la chitarra. Comunque, nonostante le perplessità di una simile impostazione, Il disco è molto bello, grazie al mirabile equilibrio delle varie parti musicali e a certi guizzi (del resto perfettamente fusi nell'insieme complessivo) di Frlcke e della stupenda voce della soprano Djong Yun. Adesso esce da noi questo nuovo cSellgprel1ung, («Beatificazione•) per la novella etichetta germanica Dle Kosmischen Kuriere, di cui il noto critico-produttore Rolf-Ulrlch Kaiser è uno del principali responsabili, e la prospettiva di fondo rimane la medesima. La formazione è quasi la stessa: tastiere acustiche. voce, chitarra elettrica ed acustica, tamboura, oboe e percussioni (manca Il violino). Ma -se n'è andata la splendida Djong Yun, e ora Frlcke usa Ia· sua voce, mentre ha sensibilmente ridotto gli Interventi alle tastiere, che sono decisamente messi In ombra dall'Invadenza della chitarra di Veit. un musicista senz'altro valida, ma talvolta un po' meccanico: Inoltre è entrato un nuovo elemento, Danlel Flchelscher, Il quale Impiega prevalentemente la batterla, che risulta alquanto convenzionale In un simile contesto. La musica sacra è -sempre la matrice portante, ma rispetto all'album precedente si nota un senso di ossessione-oppressione In più; Frlcke resta come prigioniero della sua nuova religiosità; I moduli Ispirativi rischiano di trasformarsi In scomode prigioni; l'angoscia paranoica è Il a due passi. Preferisco la prima facciata del disco, perché anche se meno impegnata (forse) e costruita, gode di una libertà maggiore e, quindi, di un respiro più ampio. Nonostante tutte queste riserve. però, Il disco contiene diversi momenti felici e si mantiene su un livello di eccellenza difficilmente riscontrabile oggi In giro. E I Popol Vuh rimangono uno del gruppi più Interessanti che l'Europa possa offrirci attualmente. UNO Uno (Fo·nlt) g.pe. SI erano da poco sciolti gli Osanna quando si è cominciato a parlare della costituzione di un nuovo trio, gli Uno, da parte di due elementi di punta del gruppo napoletano, Danilo Rustici ed Ello D'Anna. Dopo le primissime apparizioni del trio, la critica aveva già rizzato le orec'chle e qualcuno ,pronosticava l'avvento di un gruppo promettentissimo ed Impegnato a battere strade d'avanguardia, a ricercare nuovi Innesti di suoni. E' uscito ora, dopo parecchi mesi d'attesa, questo primo album degli Uno, un prodotto per molti aspetti apprezzabile, ma che non corrisponde esattamente a certe aspettative. Danilo Rustici (voce, chitarre, basso, moog e plano), Ello D'Anna (sassofoni, flauti e pedaliere). Enzo Valllcella (batterla, percussioni e campane) si dimostrano senza troppa fatica tra I migliori strumentisti rock che offre Il modesto mercato nostrano; tuttavia sembrano aver preso Il discorso alla lontana e danno l'Impressione di non aver ancora d~ finito Il loro Indirizzo. Questo disco è un dignitoso prodotto di rock aggiornato, ma non proprio un'opera di ricerca e di Innovazione. Il vocalist si impegna bravamente su telhl non facili a dispetto di un timbro ancora legato a moduli .passati; anche le sequenze selvaggiamente gridate dal sax sono sl originarle del linguaggio del free, ma riproposte oggi In chiave rock, non appaiono più coal speri• mentali (gli stessi suoni usciti da una chitarra non sbalor• direbbero plìl nessuno). I brani - registrati al Trldent Studlos di Londra - sono par35

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