vid Bowie, i Mott avevano rotto con anni di routine dignitosamente Insignificante e si erano qualificati come uno del gruppi rock di punta sul marcescente stage Inglese. conoscendo finalmente anche le delizie del mercato (loro che erano già al quinto LPI). Poi era venuta la conferma di «Mott» ed ora quest'ultimo album, prototipo raffinato e grintoso dei più cocciuti nipotini di zio David, prodotto tra ,I più completi ed esemplari (nel bene e nel male) del superchiacchierato rock decadente. L'amoroso e perverso sguazzare nelle schiume del glam rock. la dimensione cabarettlstica esasperata dai molti e confusi (a bella posta?) richiami letterari, la nostalgia per le ruvide e «innocenti, perversioni del primo rock & roll, per le false età dell'oro da opporre a più atroci falsità d'oggi. Tutto quello che può contenere Il messaggio dei decacf~riti è concentrato in questa opera del Mott. E non c'è di che sorprendersi perché il gruppo, a differenza di molti altri della sua generazione, è costituito di musicisti rock di buon livello tecnico, che stanno pllrcorrendo con coerenza la strada prescelta, In un processo di perfezionamento verso gll azimut più raffinati e spettrali della scuola di Bowle. Questo disco comunque è prodotto da tre di loro e quasi Interamente composto di lan Hunter. Quest'ultimo dà come vocalist un contributo Insostituibile al carattere del prodotto. Gli altri elementi condizionanti sono 1 commenti svenevoli e allucinati della chitarra di Ariel Bendar, Il balzellante planino di Morgan Flsher, gli arrangiamenti con sax e corretti e altre folli trovatine (come gli Interventi di Llnsey De Paul, sl proprio lei, la Gllbert O'Sulllvan In gonnella!...). Un disco a parte meritano I testi, assurdamente ricercati e letterari, zeppi di giochi linguistici Intraducibili («Amateurs-sham-ateurs-bullshit calamltorsl,... e via di questo passo.) Un autentico circo dell'ultimo stremato rock Inglese, un prodotto confezionato con Indiscutibile abilità, che non mancherà di esaltare I patiti della scuola decadente, ma anche di provocare noia a Irritazione negli altrettanto irriducibili denigratori. E' Il destino di un genere musicale che non sa provocare che reazioni estremiste e per la sua car-lca Irrazionale é refrattario a qualsiasi tentativo di giudizio imparziale. p.d. WOLFGANG DAUNER'S ET CETERA cllve, (MPS/BASF) Cl si é talmente preoccupati, negli ultimi tempi, di seguire con spasmodica attenzione le poco avvincenti traversie del «nuovo jazz» inglese - arrivando a glorificare personaggi ambigui come Kelth Tippett... - da perdere di vista I fermenti spesso molto più significativi della scena continentale, Germania in testa. La scuola tedesca non offre infatti solo «krautrock» o stupendi esploratori del suono come Tangerine Dream o Popoi Vuh, ma anche una leva di jazzisti che hanno progressivamente abbandonato le pastoie di un ibrido free per avvicinarsi a più concrete elaborazioni espressive, senza pregiudiziali di alcun tipo alla propria ricerca. Wolfgang Dauner (Il pianista del ,New Vlolin Summit,) è uno del più noti tra questi mu. siclstl: e la sua popolarità, dopo la costituzione degli Et Cetara, appare senz'altro destinata ad estendersi. L'album - doppio - in questione presenta il volto più autentico della tormazione, cogliendo nel corso di una lunga esibizione dal vivo tutti i car.atterl salienti del sound: la pregevole fattura tecnica, la sostanziale semplicità della ritmica - sempre cadenzata, mai sostenuta o veloce -. Il fine tappeto percussionistico offerto da Lala Kovacev e da Fred Braceful. Musica che sa sfruttare con sapienza il silenzio ed il suono, costruendo meticolosamente ogni atmosfera attorno alle cristalline invenzioni di Dauner e del personalissimo violinista Jurgen Schmidt-Oehm; capace di spaziare su tonalità differenti con immutata perizia. Interessanti le lughe «Plumcake», la sognante «lntroduction~ e l'inquietante «G X 3 And Blues,; piccole perle i due momenti della quarta facciata, «Nemo's Dream» e l'orientaleggiante «The Love Thai Cannot Speak lt's Name,, flauti e sitar a frantumare ogni accenno troppo cerebrale, ritrovando una dimensione di inconsueta dolcezza. Un'esperienza senz'altro godibile, anche se a volte troppo aggrovigliata, limitata da qualche contorsionismo in eccesso e da sporadici accenni di involuzione. Quello degli Et Cetara é comunque un nome da tenere presente: l'attuale assetto del gruppo sembra autorizzare rosee speranze per il futuro. m.f. Mlroslav Vltou1: MOUNTAIN IN THE CLOUDS (Atlantlc) I • l'IIOMJ l-rol.)ç l'Offil111 THE a.aJYi ,Qf' 1'1•1111·'' ,, :lift" f.',I Glorificato dalla lunga militan. za con I Weather Report. Mlroslav Vitous vede stampato anche da noi quello che a tutt'oggi è Il suo unico album solistico, Il Mountaln In the Cloud1 del 1970, reallzzato con gente del calibro di John Mc Laughlin, di Jack de Johnnette, di Herble Hancock e dell'eccellente tenorsassofonlsta Joe Henderson. Il Lp non è certo tra le cose fondamentali degli ultimi tempi, e sicuramente figura come uno del lavori più deboli di tutto lo stile dopo-Bltches Brew: per via di una certa pesantezza di schemi, per via di una confusione strumentale mai risolta e di una magrezza espressiva che il più delle volte non sa nemmeno Imboccare Il viottolo del « nevro. tico piacere t. Insomma, il Davis e elettrico, è lontano mille miglia, nonostante lo sforzo di afferrarlo lasciandosi andare allo stesso stile: e manca soprattutto la scioltezza degli strumenti. il e colore, dei timbri, quel quid sottilissimo e bizzarro che sa prendere Il cuore ad ogni passo di BltchN Brew o Jack Johnson, o simili opere. Brani come Freedom Jazz Dance o come Infinite Search possono testimoniare ampiamente di qu&sta mediocrità, di questa piattezza espressiva: se la batter.la fa miracoli, cercando di tirar su la costruzione del suono con piglio eccitante, c'è un pianoforte svogliato e di routine che ferma subito Il volo, e un gioco di basso troppo in risalto che testardamente ·Inquina la chiarezza espressiva. La sola Epllogue, con efficaci tratti di poesia, sa farsi valere, permettendo al prestigioso quintetto di operare su qualcosa di veramente degno: ma Il resto sa di polvere e di esagerazione, e a poco vale pensare che Weather Report ancora non era giunto, al momento di queste Incisioni. a regalare Illuminanti certezze e nuove soluzioni espressive. Infine, va aggiunta una nota squisitamente filologica: la prima uscita di quest'album (nel 1970, per la Embryo) portava Il titolo di Infinite Search, risultando monca della pasticciata Cerecka che sta a chiusura della prima facciata di questa edizione e definitiva,. Howlln' Wolf: CHESTER BURNETT AKA HOWLIN' WOLF (2 LP9) (Ches1) r.b. Chester Burnett, alias Howlin' Wolf, è uno del personaggi più Importanti dell'ultima fetta di storia blues. quella 31
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