Muzak - anno II - n.08 - giugno 1974

LOGODELl4 '\JIOLENà1 campo minato della canzonetta e dell'easy listening. Un solo brano, Run Run Run, può guardar dritto negli occhi My Generation: il resto (Boris the Spider .. .!) ha polvere addosso e poco nerbo, con spreco di miele e solo un accenno di quello che un giorno sarà lo stile Who, anche fuori dai fondali hard. Di più raccontano i numerosi 45 giri dell'epoca, gettati in pasto alle classifiche e quasi mai ripescati nel IJPs originali: l'm a Boy, ad esempio, o Happy Jack, o la versione della stupenda Laist Time di Jagger e Richard sono vere gemme del più nitido stile del gruppo, brani percorsi da corrente elettrica, giocati sullo sti!le e rotolante » di Keith Moon e sulla malvagia fantasia di re Townshend. Il 1967 fa correre la storia sui binari giusti, togliendo la musica dalle secche della monotonia e levandola in cielo con l'aiuto di una «sce. na " sempre più travolgente e beffarda. E' l'anno di Mon. terey (che fiammeggiante esibizione, quella!), del beat rantolante, della psichedella e del pop « una volta per tutte»; e i Who non sbagliano un colpo, sempre lucidi e sempre in testa alla fila degli irrequieti inglesi. Il suono si slega dalla manla ritmica, la leggenda approva in qualcosa di più solido e vero: e Who Sell Out, l'album che il complesso dedica a quelle stagioni, mostra che Townshend e gli altri stanno benissimo anche fuori dall'albo di famiglia beat, in mezzo al calderone bianco e nero del e pop maturo » in Gran Bretagna. Who Sell Out è un momento importantissimo nella vicenda del group, una profezia lucidissima sul corpo della musica. Il ritmo è dominato, lo stile facile è scuoiato e appeso all'albero deMa creatività: e pur ingenua compare la visione del nuovo mondo pop con l'impiego del long playing, per la prima volta, come scrittura a lunga gittata, come grande fibro aperto. Non siamo ancora all'idea dell'opera rock, al tema da svolgere attraverso i vari brani: ma c'è un piccolo artificio {«stacchetti» umoristici che uniscono i vari brani, in una parodìa degli sketches pubblicitari) che serve a dar coesione alla materia, suggerendo qualcosa all'epoca che verrà. Musicalmente, poi, c'è l'affinamento di certi mezzi • espressivi, c'è il colorarsi di tante idee che prima viaggiavano nel grigio assoluto: così riusciamo a digerire meglio i Who non aggressivi, quelli placidi e neniosi, lievemente innamorati di Paul Mc Cartney. Brani come Armenia City in the Sky, o Mary Ann with the Shaky Hand (ma un po' di noia .. .!) cominciano a raccontare qualcosa di interessante, appesi in aria tra 1a ballata, la canzone leggera e il pop più affilato: mentre I Can See For Miles riporta in auge l'antica Isteria mai dimenticat!l, volando basso sul ritmo e sull'eccitazione (e che dire poi di Relax, con qualche coriandolo barocco e l'imitazione sottile dello stile Nice?). Insomma, la parc;l.a d'ordine è « uscire dall'ambito del complesso-killer»; e Tommy, la favoleggiata operarock che vede la luce ai primi del '68, è la prova generale per questa nuova ispirazione, per questo giorno chiaramente « diverso ». Il punto cruciale è senza dubbio l'« idea", la struttura geniale; per la prima volta il pop scopre la « rappresentazione in più atti », la storia da raccontare at• traverso i brani, il mito del• lo svolgimento teatrale. Cose importanti, ehilà, anche se tutto ha un sapore ambiguo e fortuito, anche se la pelle è delicata e le ossa fragiii: e ih effetti la storia di Tommy, ragazzo cieco e sfortunato che cerca se stes• 11

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