Muzak - anno I - n.07 - maggio 1974

quartetto di John Coltrane (con Elvin Jones e Jimmy Garrison) il suo apporto era tutt'alt10 che povero! Oggi Tyner, più di ogni altro ex-coltraniano (Elvin e Pharoah Sanders compresi), manda avan_ ti in maniera creativa e personale il grande insegnamento spirituale-artistico di Trane, che è sì strettamente legato al mondo afroamericano, ma è pure universale e generalizzato come pochi. In questi due LP di McCoy viene continuato e sviluppato il discorso avanzato dal precedente e splendido « Sahara». grazie ad un arricchimento della tavolozza espressiva a disposizione del leader. In « Song Far My Lady » · il quartetto diviene un settetto, mentre in « Song of The New World », Tyner ha a disposizione addirittura una big band. I musicisti sono sempre eccellenti e in carattere, dallo stupefacente batterista Al Mouzon al sassofonista-flautista Sonny Fortune. al bassista Jooney Booth al percussionista Mtume, e compagnia bella. E poi, su tutti, ci sono piano e l'universo musicale, inarrestabile e straordinariamente vivificante. di McCoy Tyner. Due dischi. per questo. esemplari. g.pe. 64 SECRET OYSTER (CBS) La scena continentale appare decisamente come una realtà ricca di elaborazioni, fermenti, nuove idee: accanto alle già notevoli espressioni deli'avanguardia tedesca. qualcosa si muove anche in Francia (Magma), Norvegia (Bo Hansson), addirittura - anche SE in tono minore - dalla Polonia (Niemen) e dalla Jugoslavia (Kornelyans), ora anche dalla Danimarca. Secret Oyster (da non confondere assolutamente con i cupi Blue Oyster Cult, statunitensi dediti all'heavy rock) è il nome di un gruppo fondato nel 1972, a Coopenaghen. da due ex jazzisti ed ex membri dei Burnin' Red lvanhoe; il sassofonista Karsten Vogel e il batterista Bo Andersen; gli altri tre componenti provengono da due formazioni danesi che avevano goduto di una rel<1tiva popolarità negli ultimi anni, gli Hurdy Gurdy e i Coronarias Dans. Da qualche parte tra Zappa, i Nucleus ed un rock di buona fattura, il suono dei Secret Oyster colpisce per freschezza e dinamicità, per l'indubbia preparazione degli strumentisti e per la sicurezza con cui ogni idea viene estrinsecata e sviluppata. senza rìgìdì schematismi dì stampo teutonico ma con un' invidiabile fluidità e chiarezza. Se la sezione ritmica manifesta in modo più evidente la discendenza rock del gruppo, i tre solisti (oltre a Vogel, il pianista Kenneth Knudsen ed il chitarrista Claus Bohling) si dimostrano in grado di spaziare con sufficiente ampiezza e lucidità in esperienze differentemente caratterizzate: da un « Ova-X ». dove è più evidente l'influenza di un discorso teso ad innestare su un tessuto di derivazione jazzistica elementi « elettrici», a « Dampexpressen », un timido sguardo a Varese attraverso gli occhi di Zappa, all' eccellente « Fire & Water», cinque limpidissimi minuti per dimostrare che gli unici limiti della propria immaginazione sono quelli che ciascuno si vuole imporre ... Non siamo di fronte a degli innovatori, certo: ma a cinque musicisti verosimilmente destinati a traguardi di rilievo. ed a cui manca solo una maggiore fiducia nei propri mezzi per abbattere la barriera che divide chi crea da chi manipola ed esegue. magari - come in questo caso - sulle ali di una notevole padronanza tecnica e sensitiva del suono. L'elemento più immediatamente positivo è comunque il feeling, la carica emotiva abilmente dosata nei sette brani che compongono I' album: e tutti sappiamo quanto il rock abbia bisogno di simili boccate d'ossigeno ... Una strada su cui vale la pena di insistere: ed un nome che va tenuto d'occhio. m.f. STANLEY COWELL « lllusion Suite" (ECM) Inciso nel novembre '72 a New York e apparso solo recentemente sul me1cato d'importazione. questo album meriterebbe più attenzione di molti recenti prodotti di pianisti jazz, magari più noti ma anche più stanchi e manierati di Cowell. « lllusion Suite» è un'opera compatta, che si sviluppa in sei parti molto ben amalgamate tra loro: un ritratto completo del suo autore, in cui le componenti più aggressive (radicate nella rabbia nera) si stemperano in momenti di abbandono misticheggiante o tardommantico, un po' sulle orme luminose della scuola di Coltrane, un po· su quelle più lievi di certa moda. Affiorano riferimenti al grande McCoy Tyner (pur senza la stessa geniale grinta), atmosfere raffinate di un Jarreth più negro; ma non c'è mai l'impressione di ricalchi scolastici. Pur senza assumere il ruolo di prim'attore. Cowell si conferma uno dei più interessanti pianisti delle ultime !eve. dopo essersi formato in gruppi di assoluto rilievo, come quelli di Max Roach, di Charles Tolliver e di Stan Getz (per quest'ultimo ha suonato in una eccezionale sezione ritmica con Miroslav Vitous e Jack De Johnette). Quest'album resta una tappa fondamentale della sua carriera ed è realizzato con la perfe-

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