Muzak - anno I - n.07 - maggio 1974

la nel suo mal di tecnica, nell'incapacità di comunicare, freddi musicisti-macchina che emettono suoni di niente. Sì, L'isola di niente, il meraviglioso e superveloce niente della P.F.M.. I' estetismo fine a se stesso tipico dei dischi passati con in più tante presunzione; estetismo pie. no di kitsch, di occhi chiusi e gruppo che suona bene del rock . scadente. Bisogna ,anche dire che questi ragazzi suonano meglio di tanti miti d'oltremanica ben più osannati; ciò non toglie che la loro musica sia un concentrato (surrogato) di esperienze già morte e sepolte, di suoni che si sono esauriti nel breve giro di una Stagione fin troppo lunga: E.L.P., Genesis: Gentle Giant, la schiera sempre più fitta e triste che si crog·ioorecchie tappate. Il suono che si bea del suo essere intricato, che cerca, il pavido, di nascondersi. di sfuggire; l'ignavo si astiene da qualsiasi decisione, si dilunga in insulse corse, fughe, stacchi, riprese, andanti con mo. to, allegri ma non troppo, occasioni musicali mai risolte, specchietti per le allodole: la musica imprigionata in gabbiF: dorate, esiliata in isole di niente. I solchi girano, passa L'isola di niente, passa ls my tace on straight (unico testo decente). si dileguano La luna nuova, e Dolcissima Maria; solo Via Lumière (strumentale) ci regala qualche attimo di speranza per un suono nuovo, ma poi muore troppo presto, soffocata dal peso degli altri brani. • E noi, noi poveri ascoltatori, che facciamo? Ce ne restiamo freddi e scontenti a sorbirci, I' inganno sonoro della P.F.M. e dei maestri inglesi, timorosi di dire male di suoni che ci sfuggono. Ma non è il povero ascoltatore che difetta di cognizioni musicali tali che gli permettano di CaAire sì complessi parti, è piuttosto questa musica da corridori mascherati che non capisce i suoi motivi d'essere, che quindi si gira e rigira in se stessa, si mangia e pesta la coda, non esce dal circolo vizioso del suo stupido narcisismo. Se il 62 nostro no va a E.L.P.; perche non dovrebbe andare anche al degno discepolo P.F.M. Quando sarà la volta di un'isola di qualchecosa? Attendiamo. p.m.r. SWEET THURSDAY (Epic) Nel 1968, subito dopo avere in ciso a fianco dei Rolling Stones lo storico « Beggar's Banquet », il ·tastierista e noto sessionman Nicky Hopkins decise di formare un 9ruppo proprio, chiamando con sé i chitarristi Alun Davies e Jon Mark, il batterista Harvet Burns ed il bassista Brian Odgers. Sweet Thursday - questo il nome scelto da Nicky - ebbe una vita estremamente effimera: suo unico documento è il presente album, ora ristampato in seguito alle numerose richieste pervenute da tutta Europa. Un lavoro che in alcuni punti mostra abbastanza visibilmente i suoi anni, ma che non manca di spunti pregevoli ed ancora godibili: le personaiità degli strumentisti sono già sufficientemente delineate per scorgere tra le righe alcuni temi fondamentali della loro futura evoluzione artistica. Il vero leader della formazione non è Hopkins, ma bensì Jon Mark: la sua classica impronta (che ritroveremo intatta. qualche anno dopo, in MarkAlmond) caratterizza i momenti più riusciti (« Dealer », « Jenny », « Cobwebs »). quadri intimisti e del1cat1, appena sussurrati, apparentemente fragili ma evidentemente ricchi di una acuta e particolare sensibilità. L'album è quasi completamente acustico, e ' riflette in più d'un punto il momento storico della sua realizzazione - il passaggio dal beat al pop dei nostri giorni -; qualche ingenuità, molte ambizioni non troppo chiaramente delineate (« Gilbert Street », un brano di dieci minuti), il ritorno verso i tranquilli ed accoglienti porti della melodia come soluzione principe. La mano di Alun Davies, futuro delfino di Cat Stevens, è avvertibile soprattutto nella simpatica « Sweet Francesca »: Hopkins dà il meglio di sé - come suo solito - al piano acustico ed al clavicembalo (ma forse già medita mille nuove avverture, Who e McGuinness Flint, Quicksilver e New Riders 01 The Purpie Sage, ancora Stones e John Lennon, Jefferson Airplane e Steve Miller Band ..). Sostanzialmente buona :a prima facciata, con alcune incertezze la seconda: un lavoro che potrebbe anche interessare un pubblico differente da quello dei collezionisti. m.f. GIOVANNA MARINI «L'eroe» (I dischi del sole) Giovanna Marini è senza dubbio una delle figure più interessanti della musica italiana con- ·temporanea; il suo nome è legato a esperienze molto diverse, dagli spettacoli « storici » tipo Bella Ciao e Ci ragiono e canto, al recente Fare musica, ali' amicizia e reciproca influenza con Luigi Nono, al profondo legame con alcuni « portatori» di musica popolare. al rapporto costante con i cosiddetti cantautori politici come Paolo Pietrangeli e Ivan Della Mea. Non si può esaurire un discorso sufi' importanza della figura di Giovanna Marini nel breve spazio di una recensione; riservandoci quindi di parlare più a lungo e approfonditamente della sua esperienza complessiva in un prossimo articolo, ora ci limitiamo a presentare questo nuo- ·vo L.P. che abbiamo avuto in anteprima. li disco presenta sulla prima facciata L'eroe, una ballata di venti minuti che si inserisce in quel filone che. iniziato con Vi parlo dell'America, aveva portato due anni fa alla realizzazione di quel meraviglioso poema musicale in. titolato La Nave. Una tipica ballata mariniana, dunque, L'eroe. Strutturalmente si presenta molto simile alle ballate precedenti con il modo parlato che ricorda il talking blues di Woody Guthrie e le descrizioni rlei cantastorie italiani, con chorus che si in-

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