Muzak - anno I - n.07 - maggio 1974

normale, che trepida magìa nelle voci e nelle mosse strumentali. che piglio sincero e strappacuore oltre ogni futile cntIca! ,Tutto corre su linee semplici e scarne, tutto danza. con essenziale bellezza: e sI e ricondotti in un baleno alle crude verità del « cuscino surrea• listico » e indietro ancora. mille anni prima del mellotron e delle ambiguità odierne, della mollezza da Efasso Impero. Soprattutto High Flyin' Bird e lt's Alright regalano segni di avventure e il bel duetto vocale di Marthy Balin/Signe Anderson che certo non vale meno di quello Marthy Balin/Grace Slick passato poi alla leggenda: mentre In the Morning (molte affinità con il Rock Me Baby del Bless lts Pointed) fa scivolare emozioni blues, e JPP Mac Step Blues tenta acrobazìe di morbida sonorità, nello scenario del complesso classico aiutato da JP Hammond all'armonica e da Jerry Garcia alla chitarra. Più deboli e meno legate al Ri· cordo Invincibile le ultime tre canzoni. lavori datati 1970, un attimo prima di c,1ows Agalnst Empire: delle quali songs la sola Up Or Down è davvero inedita (e pur mediocre. con lunga agonìa hendrixiana). risultando le altre due vecchi pezzi d1 un 45 giri (Mexico/Have You Seen the Saucers) che resta tra le cose più incerte del complesso. ancora alla ricerca di un'intima stabilità dopo la sbornia magico /politica di Volunteers. . . Una gran festa di colon antichi, dunque. un Carnevale di « cose» che pur slegate dalla vita di ogni giorno e dall'impegno esistenziale hanno ancora senso e dignità, anche otto anni dopo: ma davvero ci piacerebbe trasportare quelle emozioni ad oggi e non morire· più aggrappati a dischi come _Manhole, e sentire insomma I Jefferson immersi negli anni '70, ad inventare un suono legato ai tempi che ancora. ,purtroppo, non è stato trovato. r.b. 56 VZ/IJ(!JP EDOARDO BENNATO f buoni e I cattivi (Ricordi) Nel panorama dei giovani cantautori italiani. per buona pace dei conformisti. i « cattivi • sono mosche bianche. La gran maggioranza (più o meno « silenziosa •) è formata da « buoni» tristissimi efebi. fragili verseg~iatori da liceo, nipota_stri di Gozzano e Pavese. malati _d1 intimismo anche quando sfiorano temi vagamente sociali. E' quanto basta per accogUere a braccia aperte un « cattivo• come Edoardo Bennato. napoletano implacabilmente estroverso. dalla voce sgraziata e aggressiva, piena di sarc_asmo. ,e dai versi rozzamente d1scors1v1, immediati e taglienti anche laddove talvolta, per amore di semplicità, cadono in qualche forzatura scontata e populista. Cresciuto nell'ambiente più vivace e cosciente della sua città, _quel: lo della Nuova Compagnia d1 Canto Popolare (di cui suo fratello Eugenio è uno dei componenti) e amico del musicologo Roberto De. Simone (arrangiatore dei suoi pezzi). l_a sua scelta ha lasciato parecchie per: plessità nella stess_acerchia dei suoi amici. Lo testImonIa la sua composizione «Rinnegato». un_a delle più divertenti del _s_uo primo album. peraltro pIu immaturo e discontinuo di quest<;>secondo. Gli è-che Bennato -~ immerso fino al collo nel pIu attuale problema della musica po_- polare. quello che riguarda 11 salto del fossato consumistico. sintetizzandosi in un amletico dilemma: ricupero o volgarizza-_ zione della musica popolare? Chi affronta di petto questo problema, dopo aver debitamente assorbito e riflettuto sulle esperienze americane (come Bennato testimonia anche esteriormente, affiancando alla voce un tipico armamentario di chitarra acustica. armonica, tamburello é kazoo). sa che non esiste una soluzione definitiva e che sono i risultati di, volta in volta a dare torto o ragione alla sua scelta profanatrice. E indubbiamente, nei brani migliori di questo LP. la fusione tra la dimensione popolare e l'immediatezza del rock ci offre ri• sultati stimolanti e personali. Vi contribuiscono l'essenzialità degli arrangiamenti (molto più coerenti che nel disco d'esordio), e la genuina grinta del vocalist Bennato, con tutta la sua fangosa irruenza e il suo istinto di comunicare: un'energia così naturale e naturalmente partenopea, da farsi perdonare anche gli eccessi di semplicismo e qualche gigioneria. Intanto il passo di questo secondo album sembra decisivo: Bennato, raccogliendo una dozzina di composizioni strettamente legate fra loro (anche se alcune, come « Ma che bella città». « Un giorno credi». « Bravi ragazzi» e •Salviamo. il salvabile», si staccano qual1tat1vamente dalle altre). ha innestato chiaramente la spina del suo futuro. la sua dimension_e ero: nachistica colma di rabbia e di umori popolani. Non sorprende quindi trovare in questa raccolta tante scoperte allusioni al clima inquietante della Napoli del colera. p.d. CAT STEVENS Buddha And The Chocolate Box (lsland) Il nome di Cat Stevens è uno dei pochi. tra quelli che han: no l'abbonamento alle vette _d1 tutte le classifiche di vendita mondiali, a godere della parti: colare benevola indulgenza d1 quasi tutti i critici special1zzat1. Eppure le canzoni che Stevens inserisce nei suoi vendut1ssImI album non appartengono certo •ad un genero eccessivamente avventuroso. né tantomeno di avanguardia o di ricerca. Sono piuttosto molto vicine ,ad u~ tipo di musica leggera d al_to hvello, gradita soprattutto aI giovani. Il personaggio che Cat ha saputo abilmente creare, costruendolo su misura sulla sua vera personalità. è una sorta di lirico menestrello sognante che cantai il proprio monto prediletto, fatto di piccole cose. di fantasie fragili ed allegoriche: un mondo fiabesco e un tantino ironico. particolarmente . v_icino alla sensibilità dei bambini. Un mondo senza tempo, un mondo che rifiuta in fondo la realtà attuale così critica ed amara, per rifugiarsi in una specie di ev_a• sione utopistica e fragile. Chiaramente una simile posizione, così lieve e tutto sommato precaria porta con sé i germi di una •rapida ed inevitabile decadenza. Certo Cat Stevens possiede parecchie doti in P!ù rispetto ad altri ca_ntauton d~I genere (per esempio 911amencani James Taylor e Carole

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