L'Art Ensemble Of Chicago per parecchi anni è stato uno degli esponenti principali della Grande Musica Nera. Una musica che costantemente supera le ristrette limitazioni e le etichette poste in precedenza sopra la musica nera dall'elemento commerciale, capitalistico, razzista della nostra società. Una musica che libera se stessa dai vincoli fisici e materiali e si espande attraverso la coscienza infinita e cosmica alla ricerca di una piene7za spirituale. MUSICA COME ARTE COME VITA NELLA "GREAT •BLACK MUSIC" ». Tali inequivocabili e programmatiche parole sono contenute in un modesto cartoncino rosso, che i cinque componenti l'Art Ensemble of Chicago sono soliti distribuire alle persone che li avvicinano, quasi come un biglietto da visita. L'Art Ensemble of Chicago, presentato in Italia per la prima volta (con il solito imperdonabile ritardo) solo nel marzo scorso, è stato senza dubbio l'avvenimento di maggior spicco ed interesse della 6. Rassegna Internazionale del Jazz di Bergamo. Ed è sintomatico che il maggior tributo di riconoscimento il quintetto lo abbia avuto dal pubblico più giovane, dai ragazzi, che dopo un primo, comprensibilissimo attimo di sbandamento, hanno poi applaudito entusiasticamente, fino a costringere da ultimo il gruppo afroamericano a tornare sul palco per un trionfale bis. Se pensiamo che fino ad allora l'AEC era conosciuto purtroppo solo da quattro gatti, dediti all'avanguardia e magari in possesso di qualcuno dei rari dischi di loro, ci si può rendere conto della criminosa e nefasta opera condotta da anni dalle case discografiche e dai principali mezzi d'informazione specializzati, che si ostinano a ritenere il pubblico giovanile una massa di mentecatti e di minorati mentali, capaci soltanto di bearsi delle succulente e insuperabili armonie dei Grandfunk o dei Deep Purple. Ma partendo dalle parole programmatiche surriportate, tratte dal loro « manifesto •. ci sembra indispensabile tracciare a brevi linee la storia del gruppo e la scelta di principio che fu fatta assai lucidamente dai quattro membri fondatori. Dobbiamo rifarci ad una diecina di anni fa, quando a Chicago (una città tenuta presente dagli specialisti del jazz solo in poche circostanze, grazie alla grossolana e ormai cronica disinformazione sui fatti della musica afroamericana) nasce l'AACM, cioè 46 are~emble o e 1cago maschiemrepietose ellatroamer1ca Roscoe Mitchell l'Association for Advancement of Creative Musicians, una cooperativa di musicisti neri, che intende favorire l'incontro e lo scambio di idee tra artisti e gruppi diversi al tìne, appunto, di un reciproco e stimolante arricchimento sul piano creativo. E' un aucleo di ottimi musicisti rimasti ancor oggi più o meno sconosciuti: c'è anzitutto il pianista Richard Abrams, il fondatore, e poi tanti altri, dal bassista Charles Clark (immaturamente scomparso) al violinista Leroy Jenkins, dai sassofonisti Anthony Braxton e Maurice Mclntyre al trombettista Leo Smith, fino ai quattro dell'AEC originario, i sassofonisti Joseph Jarman e Roscoe Mitchell, il trombettista Lester Bowie e il bassista Malachi Favors. Dell'esistenza dell'AACM si sa in Europa solamente nel '69, quando i quattro dell'AEC:: vengono a lavorare in Francia. Infatti, fino ad allora gli occhi sono puntati solo su New York, dove nel '64 è avvenuta quella che passa per la « Rivoluzione d'Ottobre » del Free, un primo esplosivo incontro tra i nuovi profeti della New Thing e un limitato pubblico. Il violento impatto parigino con la musica (e il teatro) dell'AEC rivela la presenza, tutt'altro che secondaria, della comunità chicagoana tra le punte più avanzate della nuova avanguardia afroamericana. Ma la situazione non cambia molto per quanto riguarda la popolarità dei chicagoani. L'Art Ensemble of Chicago da Parigi si muove anche un po' in giro per l' Europa, partecipa a qualche festival importante e, in tutte le occasioni, gli apprezzamenti da parte del pubblico e della critica più attenti non mancano. Intanto, nel '70, il quartetto si è trasformato in quintetto con l'ingresso del percussionista Don Moye, anche lui esule in terra francese. In qualche occasione il complesso diventa addirittura un sestetto per la partecipazione straordinaria della vocalist Fontella Bass, moglie di Lester Bowie. In Europa l'AEC incide pui-e qualche disco, e sono le prime registrazioni del gruppo. Negli USA si accorgeranno di loro solo nel '72, quando vengono invitati al festival di Ann Arbor e la Atlantic Ii registra dal vivo proprio in quell'occasione, pubblicando finalmente il primo LP americano. Un tardo riconoscimento, indotto soltanto dal ristretto ma intenso successo europeo, che però fino ad oggi non ha goduto di alcun supporto promozionale e pubblicitario. Come a dire che per l'Atlantic e in pratica per tutto lo show-business america-
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