CAPTAIN BEEFHEART mondo delle mcraYiglic di Beefheart! Ma poi i dubbi, i soprassalti, le tentazioni: a che serve parlare a poche persone, sino a che punto davvero si comunica con quella musica-sberleffo, con i colpi di spada, con i gesti da antica commedia cinese? Così Captain Beefheart smonta lentamente il proprio castello, smussa gli angoli, toglie il giallo e il rosso alle pareti: e già il 1971 è pronto ad accogliere l'uomo rifatto, o_uello con musica « quadrata » e accondiscendente, quello invischiato nella ragnatela Reprise e ligio alla disciplina discografica. Spotlight Kid è il grido di battaglia di questa nuova epoca in controluce: un disco pavido, mediocre, che rinuncia al suono catastrofico e marziano delle ultime stagioni per andare a cucire svolazzi di hard, con la chitarra di Winged Eel Fingerling che sale scalini e pianerottoli con la massima «normalità» senza inciampare nemmen; una volta, senza imprecare neanche per un istante. Il blues di un tempo si è messo l'« abito buono»: e il trucco sta qui, nella lezione indigeribile che è diventata « leggerissima », nello stile provocatorio e insano che si è fatto morbido, « attendibile », come non si credeva più. Clear Spot, l'altro colpo di fucile con la Reprise, vale ancora meno. Perché la voce e i testi (le uniche perle intatte dopo il diluvio artistico) indugiano e si fanno deboli, perché l'uomo si mitizza e accetta i cor.iandoli di popolarità, portando alle estreme conseguenze un discorso che nello Spotlight Kid, per pudore o chissà cos'altro, restava ancora a mezz'aria, non meglio definito. Gli schemi sono chiusi, granitici, lo spazio alla mente è effimero e illusorio: e gli interventi flautistici sanno di agonia e di beffa, con quegli scatti R&B che ingiuriano la libertà antica, quando di « simmetria strumentale», di . ordine stilistico » non era nemmeno il caso di parlare. Dov'è finito Mascara Snake, dov'è sepolto i! Carnevale malefico che odo,;.,- va di Babilonia e di tragedia per le strade, dov'è l..i gioia, l'amore snocciolato, i! cinismo di un suono, unico al mondo? Piombiamo dunque ai giorni nostri, con Captain Beefheart rifiutato da tutti, da noi vecchi innamorati che non lo riconosciamo più, dagli altri che pure sorridono e non vogliono saperne di quello stile pasticcione e furbo, che tenta d'inchiodare l'asse della musica con materiale vecchio quanto il mondo. Il 1973 passa nel silenzio più spettrale; e solo agli inizi dell'anno nuovo le cronache se lo prendono ancora in braccio, quando la Virgin Records va a ripescarlo facendogli incidere un disco, Unconditionally Garanted, che proprio in questi giorni va ossessionandoci. E' sempre polvere, è sempre marmellata scura di « solite cose»: una commemorazione ipocrita per vecchi freaks che lascia la bocca amara, con il Captain ad imitare le imitazioni di chi sempre lo ha preso in giro e lo spettro assassino di Alice Cooper, e le ombre di tanti apostoli zappiani (Art Tripp, Roy Estrada) ad affogare con calma. • Non c'è niente da fare, gli ultimi esemplari di menti libere si estinguono lentamente, spariscono dalla circolazione: rinnegando il passato, maledicendo duelli e battaglie, rincorrendo con ottusa ferocia le medaglie della « logica mercantile ». Così anche per Captain Beefheart, nostro antico santo protettore, quello che assaliva gli intervistatori con un « siete un agente della CIA? », quello che cantava agli uccelli e parlava agli animali come un San Francesco troppo maturo, quello che faceva della musica un esercizio di prestigio, conigli e piccioni dalla bocca smisurata. Oggi dice « Non mi interessa il potere alla gente, non voglio la leggenda e tutto il resto. Voglio suonare e basta, divertire la gente». « Non hai bisogno del metereologo per capire da che parte tira il vento ». raccontava anni fa il signor Robert Zimmerman ... Riccardo Bertoncelli '[,., ' 41)r;_j•., "':1-\, . • };\ - }:,
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