Muzak - anno I - n.07 - maggio 1974

la stessa casa rifiuta i nastri del primo lp, trincerandosi dietro la cortina fumogena del «potenziale commerciale» che sarà incubo e maledizione anche per lo Zappa delle origini. Quelle canzoni bandite approderanno su vinile solo un anno più tardi, tra le braccia accoglienti della Kama Sutra Records, in un disco ormai « classico » come Safe as Milk; sarà un'orgia di emozioni, un sanguinoso connubio di energia fisica e mentale, un'appendice obliqua e inattesa alla storia del più vero R&R. La violenza dei pezzi è impressionante. Le chitarre si annodano, lanciano gemiti, si piegano ferite, sotto i colpi di frusta di una voce cruda e devastante come quella del leader, capace di svariare con facilità nella gamma sonora (durante le registrazione di Doctor of Electricity un impianto-voce venne messo fuori uso dai colpi di gola dell'artista). Beefheart scava già un abisso tra sé e gli altri: e anche se la musica non è scossa da lampi e scariche flatistiche come sarà nell'epoca d'oro, si tocca con mano la « diversità » della esperienza, l'importanza di un suono stranìto e « oltre », in piena stagione Byrds. Mirror Man, una raccolta di tre anni addietro che mette insieme materiale dello stesso periodo (Los Angeles, 1965), può aiutarci ancor meglio a capire questa « non normalità•, il salto logico che esiste tra i vari complessi del momento e la band beefheartiana. La materia prima è sempre il blues, il punto di partenza è il ritmo ossessivo e la voce-strumento: ma Io spazio conquistato è più ampio ancora, lo sforzo creativo più lucido, con gli strumenti che davvero s'impossessano dell'intima libertà e vibrano e mandano frasi mai inventate, e i brani che volano compattissimi oltre la barriera dei « dieci minuti di musica •· Il fine è l'Energia, il miraggio è il Ritmo Assoluto: e in questa dimensione a nulla valgono stili ed abilità, e Captain Beefheart morde l'armonica anziché suonarla, e Drumbo gioca con le percussioni e si diverte e scopre botti inauditi, lasciandosi dietro tutta la «nobiltà» dello strumento. («Non mi interessano note e spartiti, e schemi e tonalità. Voglio suonare semplicemente, come un bambino » ). Ma pure, dopo tanto correre di saggezza, Captain Beefheart si ferma e indugia, passando due anni almeno (il 1966 e il 1967) nel silenzio discografico, con la Magie Band che appare e vive in scena e poi si frantuma tra le sue mani. La defezione del chitarrista Herb Bermann, appena dopo una insulsa tournée europea, spezza i piani di una « scalata alla popolarità»: e cosl al Festival di Monterey il Captain non c'è, e chi lo vuol godere deve andarselo a scovare tra le erbe della vegetazione pop californiana, unico profeta di violenza nell'area dei campanellini e del1'«amore a tutti». E' il 1968 quando l'uomo si rifà vivo, con un contratto a breve termine per la Blue Thumb e un Lp-scatola cinese come Strictly Persona[, la consacrazione definitiva se non il capolavoro. Lo stile si è dato una mano di ruggine, il castello di pietra della musica si è arricchito di provvidenziali cartacce e scorze di melone: e dunque l'artista è un vero spettacolo, negli sfracelli e nell'agonìa che sa suscitare, nel blues che prende a muoversi, terribile e cattivo, con il giusto cipiglio della miseria americana. L'impatto è tremendo. L'armonica è succhiata a bocca piena, Muddy Waters è spazzato via con tiri d'archibugio, in una lezione di terrore e di fierezza nera che lascia attòniti e senza fiato. Insomma, John Mayall è un bravo ragazzo con i pantaloni corti: e il vero blues è qui, invece, in Gimme Dhat Harp Boy che si tira dietro peli e vibrazioni con un feeling infernale, in Ah Feel Like Acid che vive di strapazzi alla bottleneck e di revolverate armonicistiche, come se Rylan Cooder fosse rivoltato e poi messo in inchiostro. Si respira già l'impossibile clima di happening che ci terrà comf agnìa nelle ore più belle de Beefheart con la Straight: e l'omaggio corrosivo a Lennon e Jagger di Beetle Bones and Smoking' Stones è la ciliegia sulla crostata di mele, il tocco finale che strappa le bretelle ai « miti • di una volta e se~a il trionfo della nuova ispirazione. C'è il capolavoro nell'aria, lo si sente e lo si desidera. E non appena giunge il 1970 il gioco è fatto, il velo è scoperto, e con l'aiuto della nuova etichetta di Zappa-Herb Cohen, la Straight, Captain Beefheart può far volare la sua cosa migliore, l'opera che gli vibra dentro da due stagioni almeno: Trout Mask Replicr1, lp doppio, uno dei ritagli più luminosi di ,ut!a la età :-,op. Siamo all'orgasr:10, .illa celebrazione scatenata, alla festa senza pudore: perché i limiti sono rifiutati e le paun: stran golate, e l'uomo puo finalmente tirar di sciabola <! di spingarda come la mente gli suggerisce. Il blues è così mes• so in un angolo, o meglio è usato per voli più in alto: perché se ancora restano sputi e zolfi nel nome di Robert Johnson, se Frownland ha ri• cordi del Delta e Dachau Blues scoppiettii di tradizione, il tema dominante è un altro, uno stile senza paura e santi protettori che viaggia nel cuore dei fiati (la grande novità!) e della più nera anarchìa, senza mettere il manto del free jazz o della lucida avanguardia. Si viaggia spericolati sul filo della immaginazione: e il fi. ne di Beefheart è il contatto con le Cose, il Suono della Natura, oltre o~ni artificio tecnico, oltre ogm abilità « disarmonica » o libertà « studiata •. ( « Mi hanno detto che il suono del mio clarinetto basso ricorda certe soluzioni ai fiati di Eric Dolphy. In realtà non ho mai ascoltato Dolphy, e suono così lo strumento perché voglio imitare il grido delle oche selvagge quando si alzano in volo»). E' tutto ribaltato, insomma, schemi, luce, concetti, idee sonore; e non resta che aderire e non muover bocca, affascinati dalla voce scura, dall'improvvisazione corale (il disco venne registrato in due notti soltanto, dopo che il leader si era limitato a scrivere le parti batteristiche), dal darinetto che ha un'intima e disperata poesìa, dai testi che inseguono strani concetti giocando con la rima e con il suono, sino a tendere un filo magico tra le parti strumentali. Beefheart tocca il cielo con la musica, a questo punto: e non resta che l'inchino, allora, dopo che ci sono sfilate innanzi trenta canzoni {i brani sono cortissimi) e mille soluzioni, in una giostra di « cose opposte » che non avevamo pit'1in bocca dal primo tempo dell'Absolutely Free zappiano. Eppure, un quadro tanto scintillante passa sotto silenzio. tra l'indifferenza di tutti: è un altro il pop che interessa, e la pigrizia della casa discografica, l'atteggiamento ostile della critica, la paura della gente fanno scivolare presto il disco tra gli scaffali delle cose dimenticate. Beefheart se ne risente: e incoloa Zappa, lancia accuse feroci e sgangherate, taglia i fili che lo legano all'entourage delle Mothers, rinunciando a vivere nell'ombra di Frankenstein, rifiutando gli spiccioli di popolarità che gli piovono addosso dopo l'annarizione veloce sull'Ho/ Rats leggendario (Willie the Pimp!). Con la Straight, tuttavia, c'è un'altra occasione discografica, consumata sulle stesse nuvole di Tro11t Mask Re,1/irrr ed è Lick Mv Decals Off. Baby, la testarda ripetizione di ciò che è stato insultato, la riprova del genio beefhertiano lungo i tornanti sconnessi di anarchia / amore / hard vibrations. L'uomo non desiste, stringe sempre tra i denti il suo mondo, i personaggi strampalati, le immagini di animali/piante che lo tormentano e si accendono in testa: e i brani si susseguono sempre stretti e veloci, e il clarinetto ha il fiato caldo ed elettrico come in un'appendice al Troitt Mask Replica, crm la chitarra-cicala e la voce baritonale, e il crollo fragoroso di « serietà » e « buona musica•. Insomma, Captain Beefheart è il naladino della nostra in• nocenza, Captain Beefheart raccoglie i suoi pensieri e cc li presenta tali e quali: e viene fuori la leg~enda dell'uomo incorruttibile, che vive in povertà a San Fernando Val• ley (nemmeno una royaltie dai primi tre albums! ). della anima libera con magici po· teri ( « Amo tutti i vegetali, in particolare gli eucalyptus. Mi oiace molto discorrere con loro »). del mago, dello stregone del signore fuggito dal Tempo («Credo di essere la reincarnazione di un mio an• tenato pittore, allievo di Rembrandt»). Cronache in volo per tutto il globo, che non fanno sorridere ma aiutano a capire - tutto è coerente nel 41

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