PINK FLOYD LA STORIA DI NOI TUTTI E razionale e illogico è il discorso dei Pink Floyd. Lasciamo da parte (un attimo, solo un attimo) le good vibrations e vediamola questa musica. Muoversi in modo illogico, un'illogicità che rasenta la follia, e far apparire la contraddittoria e viva razionalità dei suoi momenti. Un discorso sfilacciato, ma senza interruzioni né cadute. E poco, o nulla, ci interessano le que- . relle sugli ultimi dischi: involuzione? arricchimento? maggiore comunicazione? rispondenza più piena ai nostri tempi? Noi. tutti, conoscemmo i Pink Floyd in un certo momento. Storicamente definito. Artisticamente segnato da Ummagumma. Atom heart 1 mother, More. Per qualcuno ! addirittura da A suocerful of secrets. Quelli sono i Pink Floyd: il resto è storia della musica. E li conoscemmo quando i fumi erano ancora quelli di qualch~ litro di frascati, circondati da pochi o molti compagni e amici. Niente fantasticherie « made in Kalifornia ». Niente amerikan dreams. Li conoscemmo nella loro realtà rapportata alla nostra e non per i colori che ci davano, per i colpi al basso ventre o per qualche inseguire impazzito i suoni nel cervello. E torniamoci, allora, alle good vibrations. Torniamoci e ci renderemo conto della loro estraneità alla sfera emozionale pura e incorrotta. Ci renderemo conto della loro concretezza, del loro essere comunicative. del loro comunicarci. E chi « vibra » non è uno spiritello idiota, ma la nostra coscienza più profonda. la voglia di essere razionali ma nor· logici, di non cadere nella trappola della coerenza che nasconde il compromesso, l'inettitudine. l'incapacità di liberarsi. In noi tutti (credo) i Pink Floyd hanno fatto scoprire una tendenza: la tendenza a ragionare senza scleroticità, senza vizi logici o bizantinismi sillogistici. IN PRINCIPIO ... In principio erano i Beatles. Poi fu il caos. Potrebbe essere la storia di molti gruppi. Ma ci piacerebbe fare una piccola violenza alla storia. Non considerare solo il linguaggio dei Pink Floyd. Ma anche il loro discorso di fondo. E allora: in principio era Zappa, 24 poi fu il caos. Già: perché se The piper at the gates of down potrebbe anche (per la musica, mai per i testi) derivato dai baronetti (rivirilizzati, però) da lì in poi il discorso è un altro. Ci sono degli ascoltatori diversi a cui i P.F. possono proporre una «cosa». E lo fanno senza mezzi termini, senza ammiccamenti fra il dolciastro e il perentorio. Ti ordinano di prendere coscienza, di fare tua la loro ribellione musicale, ti violentano ad ogni attacco, ad ogni suono, ad ogni rumore. E non ti proiettano nei cieli lunari. Non ti fanno camminare per nessun spazio che non sia quello lurido e banale, fra la casa e il lavoro, fra il te sociale e il te con te stesso. La concretezza del messaggio dei P.F. è cosa troppo palese per essere confusa con la levigatezza in technicolor di Odis- . sea nello spazio. E', la musica dei P.F., il detonatore di un'implosione, dentro un te stesso incatenato dalle ragnatele di una coscienza incapace di comprendersi e di comprendere il mondo. E non ti liberi: ché ogni volta la musica ti ricaccia dentro te stesso con forza maggiore e con sempre maggior desiderio di liberarti: e così all'infinito. Non c'è evasione senza lotta. E come in Zappa è feroce e violenta la critica alla società, al suo modo di essere, ai suoi valori, così è feroce e violento nei P.F. il bisogno di trovare nuovi modi d'essere, nuove certezze, nuove comunicazioni. Di trovare questi modi e di farli trovare ad ognuno: non darli come dogmi ma farli scoprire all'interno, dall'interno, far camminare ognuno sulle proprie gambe. IL LUME DEI PINK FLOYD Atteggiamento quanto mai stimolante. Con cui dovrebbero hre i conti tanti kritici pronti a parlare in ogni momento di esplosioni sonore, di cieli astrali, di follie e bizzarrie. Una musica non è folle o bizzarra perché usa suoni elettronici o rumori. Non è spaziale perché ricorda il bip-bip dello sputnik, non respira con il cosmo perché il suo beat ricorda le pulsazioni del cuore. La musica dei Pink Floyd non è né folle, né bizzarra. né spaziale, né respira con il cosmo. E' musica, ed è concreta, costruita, razionale, stimolante e intelligente. Tutto il resto è mito, mitologia, fantascienza e ignoranza. Così co. me si spiegano solo in questo modo le « illogicità razionali » dei Pink Floyd. Che dire infatti di quei due capolavori che precedono e seguono il grande Ummagumma? Che dire della cantabilità fragile ma ragionata di More? Che dire della contraddizione insanabile fra tentazioni sinfonistiche e momenti di rara potenza in Atom heart mother? In ambedue è evidente la volontà liberatrice la voglia profonda e inarrestabile di spaziare, ed è altrettanto evidente la frustrazione continua di questa voglia, la costrizione allo stesso tempo sociale e psicologica, il rimanere incastrati sapendo di essere incastrati. Il dramma: dalla continua dialettica di questi elementi, dal loro contrapporsi, amalgamarsi, prevaricarsi esce un discorso che è molto più che musicale, che va molto oltre la pura asserzione di principio, che è un vero e proprio manifesto di lotta cosciente e quasi impossibile. E non è questo il senso degli archi in Atom heart mother? (Ben diversi da quelli leccatini e fasulli dei Beatles). Archi che non riescono a « partire » a lasciarsi andare a sviolinate, mentre sembrano tendere a questo. Ed è il discorso di Ummagumma che continua: ancor più evidente per quelli che allora avevano gridato alla psichedelia, intendendo questo termine nel senso più riduttivo: i colori, le emozioni, la pazzia come momento creativo. Perché è, quello dei P.F., un discorso che si muove sul piano del costruttivismo e della razionalità, rifiutando la logica impantanante della emarginazione, del porsi al di fuori del mondo, costruendo intorno alla musica le palizzate delle istituzioni. E' un discorso che ha bisogno di costruttivismo e razionalità, proprio perché non agisce, come quello di un Dylan, sull'immediatezza dei testi, sulla comunicazione verbale, sui piccoli stati d'animo di un momento, sulle vibrazioni a volte anche troppo facili. E l'allucinazione è un momento della razionalità altrettanto importante della chiarez. za didascalica o trasfigurata. LE PAROLE: DENSITA' DI SIGNIFICATI MUSICALI E' strano: ma nei Pink Floyd le parole evocano di per sé la musica. Parole incatenate in modo stanco, distratto. Eppure pienissime una per una, frase per frase, periodo per periodo. Se ha un senso parlare di impressionismo nei P.F. le parole sono accostate in senso perfettamente impressionistico. La follia nascente di Barrett? Probabile ad ascoltare The Piper at the gates of dawn. Il senso ciclico di un coitus interruptus che si ripete infinitamente. •Il senso di qualcosa di perso, d'una condizione felicemente illogica, dell'infanzia del pensiero tradita dall'adulta coerenza: C'era una volta un re che regnava sul suo paese sua maestà comandava gli occhi d'argento, l'aquila rosso-scarlatto distribuiva argento al popolo oh, madre, racconta ancora perché mi hai lasciato lì sospeso nel mio mondo infantile... ad aspettare basta che tu legga le righe nere per far brillare ogni cosa. E' un brano di Matilda Mother. Quasi il senso di parole capite a metà, eppure proprio così tanto più dense, tanto più capaci di dare una esatta dimensione non al rimpianto dell'infanzia, quanto al rimpianto di una condizione felice proprio perché capace di « far brillare le righe nere », dare senso immediato a cose troppo a lungo lasciate a sedimentarsi, a una cultura (e una logica) diven- •tate Valori e private della fantasia, dei contenuti umani. Il richiamo all'immaginazione, a non rinnegare la razionalità umana, ma la sua presunzione positivistica, omnisciente. E non è, in questa prospettiva, strano il continuo richiamo al sogno mai perfet' tamente diviso dalla realtà e dalla sua dimensione infantile e ludica. Così ancora in Matilda mother (chiedendo e sognando / le parole hanno un significato differente ...) o in Jugband blues di Soucerful of secrets (E il mare non è verde / e amo la regina / e cos'è esattamente un sogno e cos'è esattamente un gioco). E così in tutti i testi, in tutte le parole, come nella musica, la malinconia è violentata. L'illogica allegrezza dell'infanzia, del sogno, del gioco, del viaggio psichedelico è incanalata dalla vita, da quella che si chiama realtà, dalla sequenza passato - presente -
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