Valentino Orfeo protagonista di « Ah ... Charlot » da urla ansimanti. Un ballo e nello stesso tempo un'inesorabile avanzata contro l'usurpatore che non sa contrapporre che una scipita tarantella di maniera. Sconfitto e cacciato, il Pulcinella bianco cercherà di vendicarsi profanando una ampolla sacra, ma invano. La furia del popolo lo farà a pezzi. Ah ... Charlot. Come va pronunciata l'ultima fatica di Valentino Orfeo? Si potrebbe usare un tono nostalgico, memorando il Chaplin dei tempi che furono, oppure, dimenticandosi dell'acca, dare l'intonazione della dedica, o far sì che quell'« ah» diventi invocazione struggente. Oppure ... Credo ci siano perlomeno dieci maniere di dire due parole. Scegliete !::! voi, visto che nello spettacolo c'è tutto questo e. molto altro ancora. rapporti tra l'omino-Valentino e il mondo che lo circonda, sempre accompagnati da botte e turlupinamenti a cui Orfeo-Charlot contrappone una fantasia personale e poeticissima. Ma nella sostanza lo spettacolo vuole mostrare, prendendo come spunto la macchietta chapliniana, i problemi di un artista nel suo scontrarsi con la società. Il nostro nasce a Napoli, patria designata dei begli ingegni puri, e nasce cameriere, fidanzato con una fioraia ansiosa di far carriera. Per diverse vie i due vanno al Nord. Lei diventa mantenuta di lusso e poi attrice. Lui viene accolto a Milano prima da un via vai di traffico impersonale e poi dalle manganellate di una banda di teppisti (neri naturalmente). Il tutto sotto gli occhi di una « Bela madunina » tutta nuda e procace come una réclame. Va poi in fabbrica dove la catena di montaggio (memoria di Tempi modemi) passa fra le gambe divaricate di una donna urlante. Infine, dopo l'incontro con un registone corpulento (che a pensarci bene somiglia un po' al Direttore del Teatro di Roma ... Ah l'autobiografismo!), e dopo aver recitato un variopinto e gustosissimo monologo in cui c'è di tutto un po' (del tipo: « Vai in convento bambina e tu mi amavi per le mie sventure, Alfredo, Alfredo!), il nostro amico diventa attore. In una grande apoteosi finale gli viene offerto l'Oscar con cui il Pretore si ripromette di castrarlo. Lui, diventato un po' più del mondo esperto, lo rifiuta. Siamo difronte a uno spettacolo pieno di trovate e di invenzioni, sorretto brillantemente dalla foga di Valentino Orfeo, che si è qui confermato il miglior erede della tradizione che fa capo a Carmelo Bene. Ma siccome Roma è una città dove i restauri dei teatri costano due miliardi e dove si ama, come amarono i Cesari, costruire circhi, capita che alcuni di quelli che fanno teatro un po' più modestamente e tanto più sul serio, non dispongano di una sala. E' il caso di Orfeo che ha potuto presentare Ah ... Charlot, per pochissimi giorni, al Tordi nona di Roma. Ma lo riprenderà in autunno. , Ed ora due parole sui primi risultati del Referendumuzak per quel che riguarda il sottoscritto. Come immaginavo alcuni, lancia in resta ~ disco pop sotto il braccio, hanno chiesto l'abolizione della rubrica. Altri però hanno plaudito all'iniziativa (e non sono io che ho compilato più di una scheda. Maligni!). Ai primi chiederei, se ne hanno voglia, di specificarci i motivi del loro no (può darsi che abbiano ragione loro!). Ai secondi (che naturalmente possono passare da me per riscuotere la mancia concordata) chiedo di farsi vivi con qualche idea e qualche consiglio. Giovanni Lombardo Radice
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