o, o Mesto panorama di lunghe scale mobili deserte, corridoi infiniti e gelidi, e poi stanze, stanzete, anditi e retropalchi. Su uno schermo, eretto difronte a gradinate vuote, sfilano davanti a un pubblico fantasma i divi americani d'altri tempi in un fantasioso e improbabile collage. Poco lontano in uno sterminato e silenzioso grigiore alcune automobili attendono il padrone. Stiamo infatti parlando del Parcheggio di Villa Borghese a Roma, novello tempio d'Eleusi dove, sotto la protezione della mostra Contemporanea, le avanguardie di tutte le arti celebrano i loro misteri. Ed in questa dimora del futuribile, squallida e fascinosa al tempo stesso come tutti gli sprechi di pubblico denaro, è approdato il fiorentino gruppo del Carrozzone che, in una delle tante stanze grigie, ha presentato Viaggio e morte per acqua oscura, spettacolo fiume di quasi sei ore. Si comincia, assai bene, con una candela che rembrandtianamente illumina una bionda fanciulla dal capo reclinato, intenta a cucire con lentissimi gesti una crinolina bianca. Poi arriva a passetti infinitesimali una signora vestita di nero con cappellino e ombrello, uscita di fresco da una tela francese di fine ottocento a cui fa seguito un giovane che trae da una fisarmonica alcuni mesti accordi, il tutto nel più rigoroso silenzio d'avanguardia. E si va avanti così componendo immagini di un perfezionismo assoluto che lasciano trasparire gli abbondanti riferimenti pittorici e cinematografici (c'è anche la morte con la falce di Bergman) in una sinfonia di attenti particolari. Una volta entrati nell'ottica totalmente astratta e un po' gelida dello spettacolo, il godimento della vista è assicurato. Resta però il fatto che la faccenda dura sei ore. E sei ore sono tante, specialmente a teatro. Personalmente, lo confesso, ho resistito per tre ore. Può quindi darsi benissimo che nelle rimanenti tre ore ci fossero gli elefanti, il balletto di Giava e tutto il monologo dell'Amleto recitato saltando la corda. Ma non credo. Comunque per sapere, vedere. Nel caso fosse così (ma anche se al posto dell'Amleto ci sono le negrette dell'Aida fa lo stesso) prego i lettori di avvertirmi. E attraversando Porta Pinciana impacchettata ( oh bei tratti di corda!), passiamo dai gelidi spifferi d'arte del Parcheggio alla raccolta sede del gruppo Aleph in via dei Coronari 45. Già distintosi nella scorsa stagione per un'interessante Sindbad, l'Aleph si ripresenta ora con una rilettura shakespiriana di grande interesse che porta il titolo di Macbeth per esempio. Attraverso una gestualità mai fine a se stessa e accompagnata da ingegnose trovate sceniche ( povertà maestra d'intelligenza), si snodano felicemente in un breve lasso di tempo tutti i capitoli fondamentali della tragedia. La lotta per il potere è felicemente sintetizzata da un giroMarisa Volonnino in « Macbeth per esempio». poraneo, Feltrinelli, L. 2.000) e la lezione stilistica del Bread and Puppet Theatre. E da via dei Coronari al cinema Nevada a Pietralata. Mica facile, ma con le pagine gialle sotto il braccio e un po' di fortuna si arriva in tempo a vedere il Woyzeck del Granteatro. Perché a Pietralata? Ma per il decentramento naturalmente. Il decentramento, come dice un mio amico, è quella cosa che si fa per rompere le scatole a quelli che stanno in centro e infatti al cinema Nevada si vedono le facce note dei residenti « dentro le mura», ma dei pietralatini neanche l'ombra. Comunque ... Rullano i tamburi, i piedi battono un ritmo ossessivo di marcia, le bocche urlano un nome ed è l'inizio del Woyzeck di Georg Biichner secondo Carlo Cecchi e Italo Spinelli per la compagnia del Granteatro, già nota per aver messo in scena con successo Il bagno di Majakowskij e Tamburi nelI!i notte di Brecht.
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