tate è tuttora presente e invariato, segno inalterato dell'autonomia di cui dicevamo. Si trova, inoltre, chi canta per toni interi, ovvero senza l'ausilio dei semitoni che, al massimo, vengono adoperati nei melismi, sorta di gorgheggi ornamentali. Anche gli strumenti perpetuano questa volontà di autonomia e opposizione: dalla zampogna alla chitarra battente, dalla ciaram'è!ll::t alle launeddas, ecc. Per concludere il discorso sulla alterità dei modi vorremmo sottolineare la teatralità della cultura popolare che non prevede nette distinzioni tra espressione poetica, muticale, politica, religiosa, di lavoro, ccc. Troviamo sempre un concetto di unità, di s'n· tesi, che si riscontra nella partecipazione di tutti al fat• to musicale, nell'annullamento della distinzione tra attore e pubblico, nel vivere la espressione con tutto il corpo in una sorta di comunicazione totale. Il vivere in modo così pieno, totale, l'espressività, porta la cultura ad avere un valore d'uso e non estetico: ovvero la validità, la contemporaneità di una canzone o di una musica è giudicata sulla possibilità di utilizzazione di questa all'interno della comunità. Il canale trasmittente della cultura popolare è la voce, non c'è nulla di fisso, tutto muta con il passare del tempo e con il passare da situazione a situazione. Nel giro di pochi anni una canzone anche stupenda, spentasi la necessità che aveva voluto fosse creata, può scomparire. Così le canzoni muoiono o cambiano, in un aggiornamento continuo che è poi la base della vita stessa della musica popolare. Se fìno a pochi decenni fa la cultura popolare ital'ana era prevalentemente contadina, ora, dopo l'abbandono delle campagne, sta cercando di trovare una configurazione nuova all'interno della ben diversa realtà urbana. Non è, quindi, che la canzone popolare tenda a scomparire, è che, con il trasformarsi delle condizioni di vita, dello ambiente, del rapporto con il padrone, essa necessariamente si ricrea. A questo punto sarebbe da chiedersi, allora, a che serve la ricerca, perché mai bisogna conservare e dare una veste definita a cose che di per se 48 A fianco: li Folk si sposta nelle città Sotto: Silvio Bar/o/omasi (a destra) (foto C. Longhini) Nella pag. seguente: Pescatori durante l'esecuzione della « Passione» (foto C. Longhini) stesse sono in continua trasformazione. Ripromettendoci di tornare presto sul pro· blema per approfondirlo, per ora ci limitiamo a dire che i fini della ricerca non sono quelli di conservare o definire la musica popolare, ma sono il bisogno di conoscere, di non dimenticare, soprattutto nella città dove l'aggressione consumistica tende a creare infiniti falsi valori per distogliere l'attenzione dalla realtà più vera, di non dimenticare quel fondamentale concetto di autonomia di classe che è la base di qualsiasi espressività popolare. I fini della ricerca sono una volontà politica di creare un ponte tra mondo contadino e operaio, sono la necessità cli contemporaneità legata a un passato (inteso come storia) che ha visto le classi subalterne non adeguarsi alla sot• tomissione, ma resistere e prendere coscienza per poi trovare una organizzazione. E' sintomatico che là dove l'organizzazione del proletariato (urbano e contadino) è più forte, dove si è creato uno stato di egemonia eia parte delle classi subalterne, la espressività della cultura sarà diversa, non sarà uno sfogo collettivo, una creatività spontanea e necessaria, sarà invece una espressività mediata che cerca uno sviluppo più organizzativo (ci saranno più scuole e meno canzoni, più momenti di discussione e di gestione politica e meno feste sull'aia): di fianco alla necessità di fare cultura ci sarà il grosso problema dell'organizzazione della cultura. La cultura popolare urbana è in effetti qualcosa di imprecisato e fluttuante. A volte verrebbe da chiedersi se esiste. Certo la lotta con le comunicazioni di massa del potere è molto difficile, molte cose agiscono a livello inconscio, adeguarsi e accettare la schiavitù della falsa comodità borghese è una tentazione tra le più frequenti e allettanti. Se ci dovessimo basare sulle recenti antologie di musica popolare ci verrebbe da pensare che il momento cittadino sia quasi inesistente. Infatti, in queste antologie, come esempio dell'urbanità della musica popolare, troviamo sempre o la registrazione degli scontri degli studenti con la polizia o gli espressivi silenzi e gli slogan delle imponenti manifestazioni operaie. Questo è un limite dei curatori delle antologie che non vogliono avere occhi per una musica che esiste ed è ben più ampia e articolata della pur interessante sonorità di una manifestazione di piazza. I meccanismi di differenzia-
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