FOLK Prima degli anni '60 era pressoché il buio. Solo Alan Lomax, l'uomo del magnetofono, il ricercatore ormai leggendario di fatti sonori popolari di tutto il mondo, aveva girato l'Italia regione per Giovanna Marini, Gianni Nebbiosi e Paolo Piet range/i regione portando alla conoscenza della cultura ufficiale canti, musiche, modi e strumenti per lo più sconosciuti. In questo giro pe1· la penisola e le isole fu accompagnato ed aiutato dall'etnomusicologo italiano Diego Carpitella. Insieme produssero un'antologia cli due dischi per la Columbia che, nonostante i limiti ciel criterio cli sistematizzazione basato sulla inadeguata divisione del materiale per regione, fu per quei tempi di enorme importanza: la cultura italiana progressista e conservatrice fu forza46 ta ad un confronto con una realtà che era comodo pensare morta o esclusivamente « folkloristica». Questa antologia, difficilmente reperibile in Italia e con presentazione e note in inglese, fu la scintilla che diede fuoco al « folk revival» italiano. E' bene dire, per chiarire gli equivoci sulla terminologia, che la parola folk ha un equivalente altrettanto preciso nella lingua italiana: l'aggettivo popolare. Quindi quel che nei paesi di lingua inglese è eletto « folk song » in italiano si chiama canzone popolare. Non è una questione cli pretenzioso purismo patriottarclo, il fatto è che in Italia la canzone folk è qualcosa di diverso. C'è da chiedersi come mai « folk» sostituisca regolarmente «popolare ».nel linguaggio dei mass media. Il fatto è che il termine popolare lascia intravedere la fastidiosa matrice di classe della musica a cui si riferisce, è un termine troppo preciso, non genera quel po' di confusione e ambiguità fornito così brillantemente da folk; poi folk è tutto, folk è un gran calderone fatto di Oriettc Be,-ti buone massaie, di Annc Identici « alla avanguardia dell'impegno canoro progressista », di Gigliole Cinquetti in contadinesche vesti, di Secondi Casadei, sorridenti e pasciuti, di estetismi individualisti - bohemien alla Fabrizio Dc André, di pietismi perennemente interclassisti tipici della canzone di protesta tanto cli moda alcuni anni fa, cli Vianella dediti alla più grossolana e penosa mistifica7,ione qualunquista a livello cli « Semo gente de borgata». Il folk vorrebbe essere la versione intelligente e acculturata della canzonetta cli consumo, è un prodotto commerciale (questo attributo non implica un giudizio estetico-qualitativ0, vuole solo indicare un tipo cli musica che nasce anche, e spesso soprattutto, per essere venduta) creato e consumato dalla classe dominante e eia questa imposto, tramite le comunicazioni cli massa, alle classi subalterne come ulteriore momento di alienazione e di falsa coscienza. II fine cli questo modo tipicamente canzonettaro è assecondare e addormentare il palato cli massa: dalla borghesia più o meno illuminata, alla piccola borghesia figlia del boom economico con nostalgie campagnole, dalla casalinga alle prese con le non retribuite pulizie domestiche, al lavoratore che, dopo ore di alienazione nel lavoro, ha solo bisogno di non pensare e di sfogarsi davanti alla televisione. La canzone popolare, invece, è una necessità espress'va che il popolo usa per comunicare qualsiasi problema, stato d'animo, fatto privato o sociale; il protagonista della musica popolare è la comunità (sia essa quella del paese o del quartiere poco importa) che si caratterizza nella sua essenza di classe. La cultura popolare serve a tutti, viene adoperata eia tutti, non è mai liberazione soggettiva e individualistica. Cosa si debba intendere per canzone popolare è argomento ancora dibattuto: c'è chi, come lo studioso cli folklore A.L. Loycl ne parla solo a proposito delle canzoni di origine direttamente popolare; Antonio Gramsci, invece, vi includeva lutto il materiale, anche cli origine non popolare, che le classi subalterne avessero fatto proprio e usato come proprio. Comunemente ora, invece, teorizzatore Cesare Bermani del Nuovo Canzoniere Italiano, si parla di tre tipi di canzoni all'interno ciel genere popolare: ovvero si aggiunge alla teoria gramsciana un terzo gruppo cli canzoni: quelle scritte per il proletariato ma da questo non acqu1s1te attraverso la diffusione orale. Comunque, due sono le caratteristiche ciel canto e della musica popolare: la matrice di classe e il valore d'uso. L'essenza di classe è verificabile a più livelli. Più semplice è leggere questo classismo nei contenuti. Che i testi parlino di lavoro, di amore, di politica, di religione o cli qualsiasi fatto, si noterà che l'argomento è trattato sempre in modo «altro». (Usiamo il termine «altro» perché differente da alternativo che richiama un concet• to di volontarismo, o esperienze tipicamente postsessantotteschc che restano pur sempre di marca intellettuale). Questa «alterità» è la estrinsecazione di una autonomia di fondo che le classi subalterne hanno come peculiarità. Al fianco di una situazione di inferiorità economica e politica, ovvero di una assenza cli potere, è sem-
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