Muzak - anno II - n.05 - marzo 1974

l'America, « Bye Bye Johnny • e « 'Round and 'round » rese celebri dai Roling Stones, • Roll over Beethowen » e « Rock and roll music » riprese anche dai Beatles, «Sweet little sixteen ». « Memphis, Tennessee», «Johnny B. Goode » che sono altri suoi notissimi brani, ripresi da innumerevoli artisti come Hendrix, i Grateful Dead e via discorrendo. Quasi contemporaneamente a questa antologia, esce anche un ennesimo album di Chuck contenente materiale nuovo: logicamente, gli artigli del vecchio leone si sono ormai spuntati, e salta fuori, a tratti, una netta impressione di « già sentito>. Ma si tratta pur sempre di un buon album, e poi che cosa c'è di male a lasciarsi trasportare per un attimo ogni tanto anche da un pizzico di nostalgia non nostalgica? GRAHAM NASH Wild Tales Atlantlc M.I. Grahm Nash non è un grande poeta introverso come Neil Young, non ·è nemmeno quel grande sognatore sonoro che è David Crosby, non nasconde nemmeno una tecnica originale come Steve Still, abilissimo chitarrista: Graham Nash è un canzonettaro, un abile e bravo canzonettaro. Decisamente p1u vicino agli America che al supergruppo di cui fece parte Graham avanza su una strada a volte felice. spesso incolore: Wild Tales è un capitolo abbastanza positivo, di questa via, sorretto dal buon gusto del musicista, dall'orec52 muzak LP chiabilità delle composizioni, dalla struttura a sicuro effetto delle strumentazioni: canzonette simpatiche e pulite, senza orpelli e senza disoneste pretese. Graham si squilibria solo dove vuole forzatamente rifare il verso all'amico Neil Young: tinge di melanconia le sue note, canta con la nostalgia propria del cow-boy solitario: esteticamente forse questi sono i momenti più apprezzabili del disco ma non è difficile nascondere che dietro a tutto ciò, Graham non vive la sua musica con la stessa intensità, con la drammaticità interiore del grande cantautore canadese. Rimane così Wild Tales l'epigono dell'attuale canzone media americana: la voce allegra e persuasiva che ondeggia sule note melodiose della steel o della slide guitar, l'armonica che occhieggia maliziosamente, il piano ricco di ritmo, le chitarre pulsanti. C'è di meglio al di là dell'atlantico, anche tra gli stessi amici di Nash; ma pensiamo che per quest'americano di importazione Wild Tales possa essere il massimo: questa è la sua musica. di più probabilmente non vuole né può fare, il tutto sta nell'accettarlo per quello che realmente è. GATO BARBIERI Bolivia (Phlllps) M.F. 11 jazz così particolare di Gato Barbieri, una ex promessa della nuova generazione di musicisti, che da un anno a questa parte, soprattutto a partire da « Under lire•· con la raggiunta pienezza e maturità espressiva, è diventata ormai una luminosa realtà, rivive con tutta la vitalità e la forza della sua carica emozionale in questo ultimo album, che si avvale della presenza di altri musicisti di nome, come lonnie Liston Smith, Airto Moreira, John Abercrombie e James M'Tume tra gli altri. l'ispirazione di Gato, come di consueto. si ricollega direttamente alla musica popolare dell'America latina, che egli tratta in una maniera decisamente moderna. proiettandola in una dimensione di calibrata avanguardia pur conservandone intatte le caratteristiche di spontaneità, di semplicità, di lirismo, di invito alla danza nel senso più culturale del termine. Il maggior pregio di Gato Barbieri rimane dunque, a mio giudizio, quello di aver saputo creare una musica che, pur trasfigurata da una complessità moderna e sofisticata, continua a mantenere in pieno la sua fisicità, la sua concretezza, la sua pregnante capacità di comunicare a tutti i livelli. Brani ricchi di un fascino lontano, millenario, ma pur sempre attualissimo quasi a significare la continuità della civiltà e della cultura, come « Eclypse », «Bolivia», « Ninos » e tutti gli altri presenti in questo disco, trasfondono in chi ascolta una atmosfera aerea, cristallina, tumultuosa e gentile come una brezza proveniente da mari lontani; e l'emozione elementare, la trepida percezione della bellezza, lo stupore derivato da un infinitesimale ma reale recupero di uno stadio di innocenza si uniscono e fanno tutt'uno con un canto dell'anima più propriamente intellettuale. Pur leggermente inferiore per complessità di climi al precedente «Under lire», non considerando l'ambigua parentesi della colonna sonora per il film « Last tango in Paris », che pure ha avuto il merito di far conoscere Gato al grosso pubblico. questo « Bolivia» rimane una delle opere più nuove. originali e importante che le nuove leve di un jazz che sempre più va tendendo all'universalizzazione dei propri contenuti abbiano saputo regalarci In questo ultimissimo periodo così rieco di rivoluzionari e importanti fermenti. KEVIN COYNE Marfory razor Biade Vlrgln M.I. Di tutta questa nuova ondata di artisti con cui la Virgin ci viene ricoprendo, Mike Oldfield., Faust, Gong & C., Kevin Coyne è probabilmente quello che passerà più inosservato: non possiede infatti sintetizzatori, campane, non segue complesse e avanzate teorie musicali, non è tedesco né belga, non è proprio nulla e passerà inosservato: ingiustamente. Il mondo musicale inglese ha sempre ricoperto di ammirazione quel grande artista che è Bob Dylan, e si sa che dietro l'amministrazione si nasconde sempre l'invidia: a partire da Donovan la Gran Bretagna ha sempre ricercato il suo Dylan, inutilmente. Ora che un personaggio sembra, e per un certo ambie:lte da cui proviene, e per la sua vena musicale alquanto tipica, ricalcare quello che Bob Dylan cantò in America anni fa, probabilmente saranno in pochi ad accorgersene. Peccato, se solo Kevin Coyne fosse spuntato quattro anni fa oggi molti saprebbero di lui come di un nuovo grande fenomeno musicale: ma Kevin purtroppo vede la luce, discograficamente parlando in un periodo in cui si diventa divi per ben altre ragioni. .. vedi Davide Boia ... Uno spregiudicato cantore inglese difficilmente potrebbe parlare di conflitti sociali, razziali, di problemi di coscienza nazionali perché tutti questi problemi che per l'America di Dylan,

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