Muzak - anno II - n.05 - marzo 1974

non perfettamente maturata, originalità di fondo, che si esplica nella fusione dei climi dell'oltraggio con atmosfere più corali e orchestrali in senso modernamente classicheggiante (e qui entra in ballo il paragone con i Procol Harum). I dieci brani presentati risentono senz'altro ancora di qualche sbavatura o incertezza, ma in prospettiva ci troviamo davanti uno dei gruppi più interessanti degli ultimi tempi e ricco di promettenti promesse per l'immediato futuro: comunque, brani come l'impetuosa « Hideaway ». la lenta e fascinosa « Loretta's tale», la misteriosa « Sebastian ». le violente e bowiane « Crazy Raver» e «Mirror freak » costituiscono dei risultati già da ora decisamente positivi. Tra i musicisti, tutti molto bravi, emerge in particolare il cantante Steve Harley, che ha anche composto tutti i brani dell'album, i cui testi sono particolarmente simbolici e allucinati, un po' alla maniera dei poemi lisergici di Dylan: gli altri sono il tastierista Milton Reame-James. il bassista Paul Jeffreys, il violinistamandolinista - chitarrista JeanPaul Crockers e il percussionista Stuart Elliot. DEEP PURPLE Burn . Purple M.I. Cambiare formazione di tanto in tanto dovrebbe essere rigorosamente obbligatorio per i gruppi di hard rock; se molto probabilmente lo stile e la musica rimangono quasi gli stessi, perlomeno si riaccende l'entusiasmo e l'entusiasmo nell'hard è veramente molto. Primo album ,dunque, per questi Deep Purple in nuova dimensione: rimasto fedele lan Paice ai suoi tamburi e i due « cantori strumentali» Ritchie Blackmore alla chitarra e Jon Lord all'organo, è arrivato un nuovo cantante, David Coverdale, e un nuovo bassista. Gleen Hughes: figure inedite per il mondo del rock, senza strabilianti curriculum alle spalle. Eppure credo che una scelta migliore i Purple non la potessero avere; David mi sembra essere di gran lunga migliore del suo predecessore Gillian, con tonalità decisamente meno monotone, più portate verso il blues: qualche volta sembra addirittura di sentire un Winwood in versione hard. Intorno a Glenn Hughes c'è meno da dire: un disco come Burn è troppo poco, ma direi che dato che la qualità maggiormente richiesta ai bassisti d'hard è quella di una solida presenza ritmica, il nuovo venuto assolva benissimo il suo compito. . Questi due nu~vi elementi trasfondono alla tianda tutto l'entusiasmo che usa accompagnare le cose rinnovate, e sinceramente i Deep Purple di «Who Do Whe Think We Are! » ne avevano più che bisogno: ne usufruisce il ritmo totale delle composizioni più svelto e scorrevole, la naturalezza delle canzoni, un invito perenne ad agitarsi. Ma di nuovo e costruttivo veramente c'è poco o nulla: qualche nota barocca delle tastiere. le fuggevoli apparizioni del synt, tutte cose che in fin dei conti non cambiano proprio nulla. Ma tutto sommato è meglio: ogni gruppo suona la musica che si merita. e se perdipiù ha successo, è appunto il caso dei Purple. non è proprio il caso di recriminare. Rimane solo il sospetto che il pubblico a lungo andare si stufi e la convinzione che se i Deep Purple dipendessero da Jon Lord le cose andrebbero diversamente. M.F. DONOVAN Essence - Eplc Quanto a copertine ridicole Donovan penso abbia battuto tutti: il suo inchino in quattro tempi, uno per ogni pagina della copertina, degno del grande eroe del u-fung-dalla-Cina-con-orrore e decisamente squallido. Ma lasciamo questa delusione ai sempre più numerosi e ostinati collezionisti di copertine, inoltrandoci nella sostanza musicale del nuovo disco del celeberrimo cantautore britannico. Forse non tutti i ragazzi a cui capiterà tra le man i questo «Essence to essence» sanno bene che cosa fu una volta un cantante di nome Donovan; nato come l'alternativa scozzese di Bob Dylan. il riccioluto Philip Leitch abbandona dopo un periodo di fortunate folk-songs la formula protestataria per assumere quella del menestrello, del -poeta del nostro mondo bistrattato: è questo il periodo d'oro di questa delicatissima anima musicale la cui grande sensibilità era stata originariamente percorsa da una dolorosa paralisi infantile. Da Mellow Yellow ad Atlantis. due nomi a caso in una vastissima e bellissima produzione, si apre ai giovani uno spirito delicatissimo, altamente poetico, un musicista estremamente raffinato e nuovo. Poi il periodo buio, l'incontro tra questo artista essenzialmente acustico e l'elettrificazione, la commercializzazione di alcuni suo; temi, la perdita dell'ispirazione. Da Open Road e al recente ·cosmic Wheels le tracce di Donovan si perdono nella sterilità, nel miele troppo dolce. nelle forzature; Donovan cerca un'immagine nuova, diversa. Oggi forse l'ha trovata, con questo Essence. Qualcuno piangerà sul passato, ma è il caso di non illudersi, il menestrello è morto. Rimane un esteta delicato e piacevolissimo, il Donovan di Essenc:e to Essence. Donovan sembra aver risentito nel precedente Cosmic Wheels delle influenze di Bowie: è chiaro che con la sua esplosione, veramente così immediata da non aver precedenti, il cantante pel di carota deve aver suscitato l'invidia di molti, compresa quella di un cantautore ormai snobbato dal pubblico volubile assetato di novità. Con le sue fantasie cosmiche, le sue ariette allegre e spensierate Donovan si presentava in Cosmic Wheels come un esimio parallelo di Davide Bowie; ma la manovra non gli è riuscita. A questo punto Donovan che è un artista e soprattutto una persona intelligente è tornato a studiare con pignoleria i suoi successi di ieri, confrontandoli con le esigenze di oggi. E' nato dunque Essence To Essence; la poesia e certi tipici arrangiamenti rubati alla musica popolare inglese si sono persi per sempre, il mondo d'oggi è un mondo teso verso il futuro. il magico, il misterioso: con il consueto garbo e la sua vena dolcissima Donovan va dunque alla scoperta di galassie felici, di mondi reali. spaziali, fantastici. Le composizioni che ti cullano con i loro ritmi melodiosi, l'intreccio e lo sdoppiamento delle voci sovraincise. le pause maliziose sono invece il frutto di anni di musiche e di preziosi arrangiamenti. Il risultato. soprattutto per chi è a digiuno di certi vecchi dischi, è sorprendente. Se oggi le ragazzine di tutto il mondo sognano amore sulle note di Cat Stevens non dovrebbe ,ssere difficile farle sognare ar che su quelle di auesto Donovan incantato da sé stesso, dagli echi della sua voce, da certi preziosi intrecci di chitarre, dal picchiettare del piano a cui si alternano Nicky Hopkins e Carole King, pronto a trasformare la sua lingua natìa in uno strumento: « ...be rushed and pushed crushed and mushed •. Rivive così il Donovan di una volta, quello che insieme ad una ragazza riuscì a far sognare più di un mio coetaneo: ma se ricercate il suo spirito, il menestrello con il fiore in mano, beh allora potremmo parafrasare il titolo del suo primo successo ... se l'è preso il vento. M.F. MAHAVISHNU ORCHESTRA Between nothingness & eternity (CBS) Come tutti sapete, purtroppo la Mahavishnu Orchestra di John McLaughlin si è sciolta subito dopo la pubblicazione di questo disco. che assume dunque il valore di testamento spirituale di una delle più rivoluzionarie, autenticamente grandi e innovatrici formazion: della musica contemporanea. In soli tre dischi, la Mahavishnu si era dunque imposta per la magia del suo suono geometrico. calibrato al millesimo. mistico e possente, per l'alchimia vicina alla perfezione delle capacità gigantesche dei suoi componenti, per aver portato il jazz e il rock d'avanguardia verso un altro concreto passo in avanti alla scoperta di una totalità musicale senza barriere e senza etichette. Un disco dal vivo era dunque il coronamento necessario di tutto questo, per consentire a tutti di confrontare le reali possibilità del gruppo senza gli artifici offerti dalla registrazione in studio. E puntualmente, questo « Between nothingness & eternity» supera la prova nel più brillante dei modi. Registrato nello scorso agosto al Centrai Park di New York, il disco conferma in pieno la mostruosità tecnica, ispirativa e artistica di tutti i componenti della formazione, che qui risaltano e godono di ampio spazio senza nessun particolare predominio di alcuni sugli altri. La nitidezza del suono è incredibile, e qui un piccolo biasimo va alla CBS italiana, che usa spesso una pasta per la stampa dei dischi inspiegabilmente inferiore in limpidezza agli originali inglesi o americani. La prima facciata ci presenta una suite di Mclaughlln lntito49

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