Muzak - anno II - n.05 - marzo 1974

ci sono particolarmente piaciuti i dischi di. .. 48 Emtidi Kevin Coyne Grace Slick Horlips Chick Corea Gato Barbieri Mahavishnu Orchestra Tony Conrad Henry Cow George Duke Bob Dylan muzakLP GRACE SLICK Manhole - Grunt Mentre i trentaquattro anni di vita di tanto in tanto incominciano ad offendere la bellezza di Grace, nulla ne ferisce la fantasia o la personalità artistica: anzi, più sono gli anni che si accumulano alle sue spalle e più la sua figura si dilata. la sua vena polemica si fa pungente. la sua musica matura. Ormai da Sunfighter a questo Manhole, la West Coast è abituata a dare il meglio della sua produzione sotto il nome della cantante dei Jefferson Airplane. E' vero che tutti questi album nascono, come al solito, da un lavoro di gruppo, ma quando c'è di mezzo Grace con la sua preponente femminilità, (che ne pensa Grace del femminismo?) con le sue intuizioni, gli altri sembrano liberi da certe pesanti eredità dei Jefferson, decisi a dare il meglio di sé stessi e soprattutto ad ascoltare le loro teorie musicali più all'avanguarria: così Sunfighter, il Barone Cromato e Manhole sono diventati delle scoperte di suoni nuovi, di ricerche me.doliche diverse, di una liricità inedita. Manhole è un album dedicato alla Spagna, a questo popolo intelligente. a questa terra bellissima, al loro orribile governo: è un album politico, ma non uno di quegli osceni dischi-comizio, nati da abili e truccati interessi che con fredda determinazione si apprestano a sfruttare gli sfruttati: il Cile insegna ... solo una settimana dopo il golpe erano in vendita in Italia album di canzoni rivoluzionarie cilene ... Grace Slick si rivolge invece alla Spagna mossa soprattutto da quel legame culturale che i californiani sentono ancora vivo tra loro, la California fu infatti spagnola per un secolo, e dalla incredulità che a una tale terra e ad un tale popolo corrisponda un simile regime. Tutto rimane nei limiti corretti di una liricità spontanea e viva e operazione politica ed espressione artistica trovano la giusta unione. Stando alle note di copertina Manhole dovrebbe essere la colonna sonora di un film immaginario, ma con l'onnipresenza della voce di Grace che ne narra la storia e le parole, sembra più essere il copione con un ricco accompagnamento musicale: la struttura del brano, una lunga suite che in pratica copre tutta la prima facciata è quella di una lenta e sofferta progressione che si sviluppa fino al coro finale. un caldo invito al sole che scaturisce dalle voci di Grace. Paul, David Freiberg e David Crosby. La suite in pratica, con le dovute differenze e meno canzonettisticamente, segue lo schema di Foreigner di Cat Stevens, e possiede le attrattive estetiche per affascinare anche chi avesse giudicato i Jefferson troppo stringati: una corposa sezione orchestrale ne fonde insieme le parti, mentre il piano che la stessa Grace suona ne è la fluidissima, scattante, mobilissima anima: qua e la chitarra, mandolino e basso ne accompagnano il passo. o inventano improvvisi controcanti. Al centro la voce di Grace: il solito fascino di sempre, il solito «vizio• di allungarsi sulle vocali. una capacità interpretativa tutta tesa a trasmettere i toni ora rassegnati, ora orgogliosi del popolo spagnolo. Il resto dell'album non vale meno: soprattutto la stupenda Epic che chiude l'album: la sensazione generale che ne deriva è che tutto il gruppo di musicisti facenti capo ai Jefferson stia ricercando nuovi metodi espressivi, specialmente nuove formule sonore. Scossi forse dal mellotron di David Freiberg, Grace & compagni cercano ora nel synt. nei violini di grandi orchestre e nelle distorsioni valori, che pur non ossessionanti come in Inghilterra, sempre estetizzanti rimangono. E in effetti penso che sia giusto: così come le situazioni politiche ed esistenziali avanzano, è giusto che anche questi validi musicisti dopo la riscoperta del piano proseguano per questa strada: tutto sommato è decisamente più apprezzabile questa loro ricerca che gli ultimi «progressi» nefandi del recente album dei Grateful Dead! M.F. COCKNEY REBEL The human menagerie (EMI) I Cockney Rebel sono l'ultimo gruppo inglese apparso alla ribalta che si ispira, scenicamente e musicalmente, al «decadentismo dandy » sulla scia abbastanza composita che, partendo dai Kinks e dai Procol Harum, giunge a David Bowie e ai Roxy Music. In particolare. la scenografia del gruppo prende gli ottocenteschi, fascinosi frak da Grand Hotel dei Procol Harum e li futurizza in senso vistoso e kitsch alla maniera dei Roxy Music. La musica, invece, è un sofisticato amalgama di influenze, che fa proprio, culturalizzandolo maggiormente e sfaccettandolo artisticamente, tutto il «background• dei nuovi artisti decadenti: che però nei Cockney non assume l'aspetto «depravato» o « tragico • (vedi Lou Reed o i New York Dolls). ma piuttosto quello del dandy, del culto arcano della bellezza ambigua. sulla scia di Oscar Wilde (tipo David Bowie, appunto). E' poi interessante notare come i brani, benché tutti, a loro modo, strutturalmente orecchiabili, riescano nello stesso tempo a non cadere mal nella commercialità, mantenendo ce un ottimo e curatissimo livello tecnico-espressivo. Tutta la eredità ispirativa di cui si è parlato viene poi filtrata attraverso una pregnante, anche se ancora

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