Muzak - anno II - n.05 - marzo 1974

già nel 1904 cantava Marinetti) inseguendo rattrappiti corpi umani, l'impiego pittorico e simbolico dei pochi arredi scenici, un nudo teatrale che suggerisce immagini frustranti e livide, un senso, infine, di diffusa desolazione che fa del palcoscenico un microcosmo impazzito, un allucinato Needle Park. Di nuovo, sempre però nello ambito di uno spettacolo sostanzialmente a cavallo tra il fotografico e il pittorico, c'è lo stringersi c lo sveltirsi del tempo teatrale, un'aumentata angoscia di ritmo dovuta anche al commento musicale di Alvin Curran, quanto mai lacerante e oppressivo. Tutto è Tarzan per Perlini ed è quindi chiaro che il suo spettacolo vuol essere ed è la smitizza>:ione del Superuomo e l'irrisione, invero assai mesta, di riti e abitudini. Evocatore di solitudini, muove un corteo di esseri senza nome, senza parola, senza sessualità. ?Olo è l'aeroplanino che gira mcessantemente finché un filo, improvvisamente emerso dal nulla, non interrompe la sua corsa. Solitarie le contorsioni degli uomini di fronte a una donna inebetita e indifferente. Solitario il monologo inglese della donna bionda, messo rapidamente a tacere dal minaccioso spalancarsi di una porta che la inghiotte, come immagini di solitudine un oo' sinistra suggeriscono il farfuglio di un televisore rotto e l'entrare e lo uscire dalla scena di un'automobile vera e propria. Ma le immagini, le figure, e i quadri di questo spettacolo sono troppe perché si possa elencarle tutte. Al finale un Tarzan ignudo e sen,za sesso, sul volto la maschera ai leone versa acqua dalla bocca e scruta tra il pubblico i suoi simili. E' l'immagine più riuscita, quella che da sola conferisce una sigla a tutto lo spettacolo. Lontano sia dal «work in progress » di Ricci che dall'allucinato onirismo di Perlini, è Un momento di « L'angelo custode » che Giorgio Marini ha tratto dall'omonimo libro di Fleur Jaeggy lo spettacolo di Giorgio Marini, questo Angelo custode che sembra cercare uno spazio tutto suo, tra le pieghe di un metodico spaccato psicologico. Jane e Rachel. Sorelle gemelle, l'una speculare dell'altra. Il loro travaglio, dall'inizio alla fine dello spettacolo, (tratto dall'omonimo libro di Fleur Jaeggy) sarà quello di cercare, senza risultato, un'identità personale, diversa per ognuna delle due. Chiuse con il loro orecettore nella gabbia scenica di una stanza che ha ascendenze sartriane, compiono atti quotidiani: bevono, si vestono, si spogliano, visitano un vicino. Ma ogni gesto è ripetuto mille volte, non sl diversifica mai da quello della sorella, non può diversificarsi, così come diverse non possono essere le parole, pronunziate ora a scatti ora '.i nenia, sempre le stesse. Il risultato è un angoscia tutta c:-erebraie e non per questo meno vibrante, resa con molt~ periz_ia dalle due interpreti: Mariangela Colonna e Lis:, Pancrazi. • Sempre Roma. Sempre pm o meno a Trastevere. Accanto a una sala di vecchie tradizioni come il teatro dei Satiri, il più recente teatrino r-·,. mano. Si tratta dell'Inaspettato al Biscione, che ha sede in via di Grottapinta 21 dentro la chiesa sconsacrata di Sa~ta Maria di Grottapinta, antica cappella della famiglia Orsini. Il teatro, che contiene centoventi persone, è gestito da una compagia stabile formata da Angelo Pellegrino Carlotta Witting, Leonard~ Marcacci, Claudia Di Giorgio, Ugo Sterpini e Edy Valdameri. Perché L'Inaspettato? La soluzione a questo interrogativo sta nell 'I-Ching, un codice antichissimo di profezie cinesi pubblicato dalle edizioni L'Astrolabio. L'Inaspettato è infatti la decima soluzione dell'I-Ching in cui i componenti del grunoo sembrano avere molta fiducia. L'Inaspettato vuole riproporre un teatro di parola e per questo metterà in scena solo copioni scritti da membri della compagnia o da giovani autori italiani (se mai ce ne sono). Il testo con cui apriranno il teatro porta il titolo, indubbiamente invitante, di Marijuana in pinzimonio ed è di Carlotta Wittig. Giovanni Lombardo Radice 47

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