EMERSOLNAKE &PALMER Una vecchia polemica « Hanno stufato ... sono sempre uguali... prendono in giro la gente e fanno i miliardi ... è tutta tecnica ... non hanno nulla da dire ... ». E questo non è che un piccolo saggio delle accuse che ormai da mille parti si muovono a Emerson Lake e Palmer. Quanto c'è di vero? Ci sottrarremmo a un elementare dovere (quello per intenderci a cui si sottraggono tutti) se non tentassimo di analizzare le ragioni di questo mutamento d'umore, o - se preferite - di cambiamento di stile. Perché è un fatto che sull'argomento ci siano posizioni sostanzialmente divergenti. E altrettanto un fatto innegabile che più di altri beniamini decaduti (Black Sabbath, Deep Purple, etc.) gli E.L.P. hanno avuto seguito e successo. E fino a poco tempo fa, se è vero che al concerto dell'anno passato a Roma si potevano contare trentamila persone. Posizioni divergenti, dicevamo, di chi afferma la sostanziale povertà musicale del gruppo, chi si limita a condannare (in modo un po' moralistico, invero) il mostruoso giro d'affari del trio, di chi infine, sembra più che altro soggiacere a una moda snobistica che vuole E.L.P. ormai morto e sepolto dalle nuove (e certamente più promettenti) leve musicali. Nel rispondere ad una lettera (n. 3) dicevamo che non ci sentivamo di stabilire una volta per tutte chi fosse dentro o fuori la musica progressiva. Crediamo però che un dibattito non marginale (e cioè non basato solo su motivazioni personali e irrazionali) possa far-: un po' di chiarezza. Noi, da parte nostra, ci limiteremo a porre alcuni punti e a tentare qualche analisi, mutila, chiaramente, perché priva (ancora) di un ragionato dialogo fra tutti sull'argomento. La musica E.L.P. In realtà sarebbe più giusto dire: la musica di Emerson. E' raro che un gruppo com42 posto da tre persone risenta così tanto, fino a questo punto, della personalità di uno solo. Personalità a dire il vero assai poco sfaccettata e capace di evolversi. Una sostanziale monotonia non tanto dei pezzi, ma dei principi compositivi ed esecutivi, una profonda intolleranza per ciò che non è pop in senso stretto, una meccanica (quanto fastidiosa) sequela di brani violenti (e schematici) e dolci (e altrettanto schematici) come in un club-sandwich. Tant'è vera questa ipotesi che dal primo L.P. all'ultimissirno ben poche cose sono cambiate e, con le dovute cautele, non c'è gran salto nemmeno fra i genuini Nice e gli ultimi infurbiti E.L.P. Ecco dunque che si può trarre una prima intuitiva conclusione: il difetto maggiore (musicalmente parlando) del trio è quello di non aver cambiato nulla di sostanziale, pur essendo cambiati i tempi, i gusti del pubblico, il modo stesso di far musica. Intuitiva conclusione suffragata però da dati incontestabili. Da un punto di vista non strettamente musicale, ad esempio, è abbastanza evidente il carattere reazionario (in senso traslato) deltanta tecnica.., e lamusica? la concezione del trio, fisso, chiuso, gerarchicamente ordinato secondo presunte facilità creative o, peggio, secondo la importanza dello strumento. Così Emerson è primo (e non fra pari) perché suona ( tecnicamente bene, non c'è niente da dire... o da fare) le tastiere. Una concezione ottocentesca che pone le tastiere al di sopra degli altri strumenti. Come se di per sé un organo, un piano o addirittura un synth fossero autosufficienti e potessero fare a meno di basso, batteria, fiati, archi e chitarre. O come se, sempre in rapporto a una scorretta teoria musicale, un pezzo non fosse prima di tutto la sua realizzazione pratica, cioè il fenomeno-suono, e solo in un secondo momento la sua idea compositiva. E non è un caso, in questa ottica, il frequente ricorso alle composizioni classiche. Ricorso pure intelligente, non pedissequa imitazione, ma sostanziale rimaneggiamento. Ma fino a che punto è lecita questa operazione? E fino a che punto essa trova una giusta applicazione nella musica di Emerson P soci? Brevemente. Già ai tempi dei Nice e segnatamente di quella a suo modo geniale opera che fu Ars longa, vita brevis, questo vecchio pallino di Keith Emerson fa la sua apparizione. Troviamo così sia un pezzo dalla Karelia di Sibelius, sia (addirittura) sotto il titolo musicalmente scorretto di Sinfonia per gruppo una libera reinvenzione dal 3° Brandeburghese di Bach. Non· saremmo noi a scandalizzarci perché Bach viene rockizzato, in sé questo discorso non significa nulla. Né vorremmo assimilare l'operazione Nicc a quella ben più povera del Rovescio in Contaminazione. Ci è solo da notare che mentre per Sibelius l'operazione è sapiente, per Bach risulta un po' insulsa. E non è un caso. Non è un caso che cimentandosi con un compositore modesto e insulso fino all'idiozia come Sibelius (compositore il cui successo è tanto grande in America quanto inesistente in Europa) Emerson faccia cose pregevoli. Alle prese con Bach risulti di una vuotezza compositiva e di un'incapacità reinterpretativa rare. Bach non si rende «moderno» (ammesso che Bach non sia moderno in sé) usando strumenti elettrici, né soogliandolo della sua specificità storica e musicale. Così facendo si prende da Bach un terna, o un gruppo di note, o qualche armonia, ma Bach non c'entra più niente: allora tanto vale non scomodarlo. Altrimenti si rischia di usare il suo nome come pubblicità, corrre Mao, Nixon o Castro vengono usati dalla pubblicità di un noto digestivo. Vero il discorso è 1mche quando si parla degli E.L.P. più maturi. L'uso rii Bach in Tarkus (the only way), la fuga scolastica in Fugue di Trilogy, etc., non si discostano da questo uso pubblicitario della musica classica. Fino ad arrivare al prototipo di tutte le rielaborazioni erncrsoniane in Pictures al an exhibition tratto, come è noto, dai Quadri di un'esposizione di Mussorgskj. II risultato finale del disco non è malvagio. Ha spunti interessanti e allora (quando uscì) giustificò appieno lo entusiasmo creato. Ma se si guarda un po' più a fondo al-
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