Parlando dei festival di jazz estivi sul primo numero di Muzak, avevamo usato aggettivi mirabolanti (insoliti per noi) sul nome di Don CherrJ e avevamo promesso di riparlarne. Sì, perché oggi Cherry più che mai è un personaggio che ci riguarda tutti da vicino, e non solo per i valori intrinseci nella sua musica (valori acquisiti ormai da anni), ma soprattutto per il modo nuovo, vitale, estremamente comunicativo di porgerla e di farla vivere ad un pubblico più vasto possibile. Don Cherry è uno di quei rarissimi musicisti oggi ad aver capito e ad aver messo in pratica un discorso che realizza in maniera veramente geniale e creativa la tesi di un'arte 26 più umana, più costruttiva, pm « innocente » e, quindi, contro l'alienazione consumistica e reazionaria promossa dai' miti fasulli e in scatola ùcl sistema capitalistico in cui viviamo. Qualcuno ha sorriso quest'estate nel vedere sulle pittoresca pedana di Don ad Alassio i bambini scorazzare liberi e padroni del campo, giungendo quasi ad accusare Cherry di « sfruttamento di infanti »: ebbene, quel qualcuno non ha capito nulla. Perché se é vero che tanti falsi eroi della odierna « muzak » non si farebbero certo scrupolo di usare qualsiasi mezzo per raggiungere il successo commerciale, Cherry ha impostato tutta la sua poesia e la sua ideologia artistica sui bambini. Utopia? No, nella misura in cui il suo Organic Music Theatre riesce miracolosamente a creare un clima ed un'aria nuovi, tonificanti, liberatori e non per questo asettici, disimpegnati, negativi. Ricordiamoci chi è Don Cherry in realtà e da quale matrice culturale e sociale egli proviene. Donald Cherry è nato nel 1936 ad Oklahoma City. Nel '40 con la famiglia s'installa a Los Angeles, dove studia la tromba al col)egio. L'inizio degli anni cinquanta sono per lui decisivi. Suona con diversi jazzisti di vaglia come il contrabbassista Red Mitchell o i sassofonisti Dextcr Gordon e Wardell Gray, e soprattutto incontra Ornette Coleman. Inizia così quel fantastico viaggio che porterà Omette e Don a creare un rivoluzionario discorso musicale e umano, che unito a quello di altri grandi come Cecil Taylor, Sun Ra, John Coltrane, Albert Aylcr, farà scaturire la turbolenta e produttiva era del « Free Jazz» o « New Thing ». Siamo all'inizio degli anni '60 e, nel generale risveglio delle coscienze in tutti i campi, il popolo afroamericano trova una nuova e violenta volontà di lotta, dopo secoli di schiavitù e asservimento al pad~one bianco. E' il momento in cui Malcom X fa sentire potente e implacabile la sua voce. E la musica di Omette, Don (che hanno un· quartetto con Charlie Haden al contrabbasso e Billy Higgins o Eddie Blackwell alla batteria), Ceci! & Co. non può che essere la colonna sonora giusta per un simile sfondo socio-politico. E' una cosa naturale e istintiva che spesso trascende dalla reale coscienza dei singoli creatori. Don soffia, lungo e allampanato com'è, note di fuoco nella sua minuscola e quasi ridicola pocket-trumpet (allora ne ha una di plastica azzurra, mentre Omette ha un Sax, sempre di plastica,giallo canarino!), e crea una voce nuova sulla tromba togliendo al « divino » Miles Davis il dominio pressoché senza rivali sullo strumento. In realtà non
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