Muzak - anno I - n.2 - novembre 1973

festival, nella stessa zona non si è venduto un disco. Fabi: A parte che la PFM è stato veramente un caso irripetibile, sono d'accordo con chi considera i concerti tuttora un grosso canale promozionale, purché però si tratti di gruppi validi. Tuttavia il pubblico oggi è più maturo e dopo aver visto un gruppo dal vivo non compra il disco a scatola chiusa. Perciò il nostro lavoro è• diventato tre volte più impegnativo: non basta assicurarci dei concerti per far vendere il disco. E qui si torna al discorso dell'inflazione ... Delconte: Scusate, ma dato che si è toccato l'argomento « spellacolo », vediamo di riprendere a questo livello il tema della funzione del produttore. Qual'è esallamente il rapporto spettacolo-disco e fino a che punto voi siete coinvolti in questo rapporto? Fino a che punto arrivano le vostre funzioni? Vaggi: Io confesso che, per quanto riguarda la mia esperienza personale con il Museo Rosembach, ho trovato molta difficoltà per gli spettacoli. Gli impresari su cui si può fare affidamento sono pochissimi. Per cui in questo momento si trovano ad avere un gran numero di gruppi in « area di parcheggio » e pochi piazze sicure per gli spettacoli. Così io mi sono trovato questo nuovo gruppo che aveva particolarmente bisogno di fare serate per farsi conoscere e mi sono dovuto rendere conto che questi impresari sono forse pionieri di noi in queste cose e tendono a far lavorare solo i gruppi già affermati, che rendono di più e danno loro anche meno problemi. Colombini: Allora sono loro i nuovi discografici... Secondo me queste poche persone (alludo ai Mamone, ai Salvadori e a un paio di altri nomi) hanno dato inizialmente un apporto determinante alla promozione della musica progressiva. Oggi sono propenso a credere che siano stati favoriti dalle circostanze: avevano in mano i primi nomi stranieri, sui quali c'era un risveglio di interesse. Allora il passo per i gruppi italiani non era facile e così c'è stata la geniale scintilla dell'accoppiamento con il nome straniero in tournée. E' stato il periodo « puro ». Quando invece una massa di gruppi di tutte le levature sono arrivati a loro, si sono messi a fare esattamente quello che facevano i discografici. Con la differenza che il discografico prima o poi un disco poteva anche darglielo. Queste persone non hanno saputo scegliere per se stessi la strada dell'accoppiamento. Noi produttori avremmo potuto ricavare e dare a nostra volta grosse chances a un'operazione di questo genere. Forse saremmo potuti arrivare prima al traguardo della produzione globale del tipo anglo-americano. Fabi: Il fatto è che questi personaggi sono arrivati al punto in cui devono smetterla di fare i piazza-complessi e diventare dei veri manager. D'altronde costoro, ad essere obbiettivi, si trovano davanti 12 o 13 regioni italiane, piene di loschi figuri. Sono difficoltà che forse dovremmo, produttori e managers insieme tentare di affrontare. Dovremmo ad esempio tentare insieme quel tipo di operazione che punti a personificare un gruppo nuovo agli occhi del « commerciante che fa la serata»; altrimenti è ovvio che quello preferirà sempre il nome sicuro. Il manager, come il produttore, dovrebbe occuparsi solo dei due, tre o quattro gruppi sui quali può lavorare seriamente. Massara: Ci troviamo sempre di fronte ad una certa mentalità italiana di chi vuol fare tutto da sé, le cose che sa [ai·e e anche le altre. Comunque, a questo punto, vorrei tentare una definizione ideale del produttore: per me il produttore dovrebbe essere quella persona (o quel gruppo di persone) che ad un artista che inizia fornisce quell'assistenza, sia sul piano creativo che dell'immagine, che gli svincoli quell'« area di parcheggio» in cui vengono messi regolarmente quando entrano in una casa discografica. Noi siamo dei produttori più o meno completi; ma in fondo nessuno di noi oggi ha raggiunto la completezza, in quanto nessuno di noi riesce a risolvere radicalmente il problema manageriale dei nostri artisti. In Italia non mi risulta che i gruppi, anche quei pochi che hanno avuto un certo successo, si siano arricchiti. Tra i costi degli impianti e i vari altri problemi, i gruppi viaggiano in un mare di cambiali fino a che reggono insieme e riescono a trovare lavvro. E trovare lavoro è sempre più duro, dato che il numero dei gruppi aumenta, ma i canali in cui esibirsi sono sempre gli stessi. Co/ombini: Siamo arrivati, dopo il momento magico, ad una situazione ribaltata in senso regressivo. Oggi il solito giro di piazze è saturato dai pochi nomi sicuri. Se un gruppo nuovo riesce qualche volta a trovare una serata è perché l'organizzatore di spettacoli, interessato ad esso, si mette a fare lo stesso gioco che facevano un tempo i discografici a Sanremo: vuoi Celentano? Allora mi prendi anche Gino Santercole. Fabi: In realtà gli organizzatori hano lo stesso problema che abbiamo noi: togliersi dal terreno dal quale sono venuti fuori, liberarsi dal legame dei gestori, dallo stretto giro di piazze. Insomma trovare una via alternativa. Crippa: E se invece esistesse un'alternativa al normale impresariato? Per esempio, l'autogestione del gruppo. Io ho in mente di portare avan• ti un tentativo del genere; non so con quale risultato. Qui c'è chi si può considerare indipendente e chi, come me, ancora dipende. A questo punto non mi resta che cogliere il momento propizio: oggi nella mia casa discografica che è stata ampiamente rivoluzionata, si sta in attesa di nuovi eventi. Così io ho proposto una cosa del genere ed è stata accettata. Tu dici: a chi ti affidi. E' sufficiente impostare una specie di segreteria a disposizione dell'etichetta o del produttore che decide di farsi anche l'impresariato. La segreteria organizza tutta la promozione del disco, incluso un tour. Prende contatto con i pochi organizzatori che in Italia sono regolarmente riconosciuti. Provvede al calendario, ai contratti, ai permessi, etc. D'accordo non è facile coprire le spese: al disavanzo dovrebbe pensare la casa discografica. La quale casa, comunque, è solita far rientrare nelle spese promozionali i manifesti e tutte le altre cifre che sborsa di solito quando affida un gruppo ad un impresario. Massara: Questo discorso potrebbe essere valido in funzione del disco: cioè all'interno della campagna promozionale per il lancio del disco di quel gruppo, la casa discografica investe un tot per la tournée. Ma dopo questa tournée cosa succede? Non abbiamo risolto il problema del lavoro costante di quel gruppo. Crippa: Se la turnée ti è andata bene le richieste per quel gruppo ti piovono; se ti è andata male non piovono né a te che ti sei autogestito, né a quello che avrebbe potuto 17

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