Muzak - anno I - n.01 - ottobre 1973

autoritratto dello muzok generotion muzak. Con questa parola gli inglesi indicano la musicaccia. Q_uelladi oriettaberti. O engelberthumperdick O davidcassidy. Tre, quattro, cinque, forse dieci (chi ancora si ricorda di Elvis? ..) anni fa ognuno ha avuto modo di trovare nella musica la sua soddisfazione di un momento. Forse la marjuana. Forse un rumcocacola di troppo. Un partner da amare. E certi colpi di batteria, una chitarra solista. Un suono elettronico che enra in circolo. O la politica sublimata nel sound semplificato e vagamente guthriano di bobdylan o di joanbaez prima maniera. Il bisogno di razionalità dei pinkfloyd. O quello di pazzia (elogiamola ... all'infinito) di frankzappa. O ancora le evoluzioni sonoro-canore di jimi l'indimenticabile. E perché no? Anche i beat/es. Anche quelli disgustosamente muzak di michelle. E i rolling: punto fermo di tante orecchie tristi e sorde. Ecco. muzak non c'entra niente. E' autoironia. E buttatela via l'autoironia di questi tempi. Muzak è rimarcare che tutto ciò che è musica (anche la muzak, appunto) è sempre e comunque una cosa che riguarda delle persone. Veicolo dell'individualità ritrovata e della socialità riscoperta. muzak è musicaccia. Ebbene: la musicaccia è quello che ci interessa. Se non altro per renderla musica a tutti gli effetti. Un'utopia? E perché no? Il collettivo redazionale 3

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