Muzak - anno I - n.01 - ottobre 1973

Parlare di un batterista è una scelta alquanto d(fficile, cercare di descrivere la personalità e le avventure di chi è perennemente seduto dietro i piatti, casse e tamburi è una scelta che spes:, non porta a nulla di sostanzioso. Potreste oggi leggere la storia di CharHe W~tts e non sarebbe che la storia di altr•i musicisti che da sempre si accompagnano a lui, potremmo invece ino·ltraroi negli anelit-i culturali di Stomu Yamash'ra o di Morris P.ert accorgendoci poi che ci due sono ben lungi dall'essere batteristi nel senso lato della parola, o potremmo magari avventurarci nel-la stor-ia del ieggendario Ginger • Baker accorgendool che, una 11'0lta separato dai grandi Clapton e Bruce anche per lui s-i è aperta la strada del dimenti-catoio delle foreste africane. Fatto è che il batterista a differenza degl-i altr,i strumentisti stenta -ancora oggi a trovare una dimensione propria, un ruolo che gli permetta di esercitare scelte valide all'-interno della musica contemporanea: oggi vediamo in lui l'uomo-ritmo. l'essere che solo formalmente con il suo scandire metrico guida gioi -altri componenti ma che in realtà ne segue passivamente tutte le direttive, incapace di affermare una propria idea, un determinato stile. Poche sono quindi le persona- -lità emergenti >in questo ruolo, degne di essere particolare oggetto da parte nostra; un Ke'ith Moon forse che dai tambur-i fracassati degli Who passa con disinvoltura ai film con Frank Zappa e al cabaret, forse un Buddy Miles, dalla tecnica rozza ma dalla personalità aperta a tutta una serie di awenture stilist•iche, senza dubbio Jon Hiseman. la macchina-ritmo, I' uomo-tempo che rante volte abbiamo incontrato seguendo ,le evoluzioni della musica rock. La pr-ima cosa che ti sorprende di Jon Hiseman è che non riusciresti mai a dargli un'età; lo vedi da lontano, avvolto neHa sua barba e lo diresti ormai portato verso una certa maturità, poi, quando ti avvicini rimani sorpreso dalla g'ioventù del suo parlare •e del suo fare e ancora una volta, quando ne senti narrare le gesta ti sorge Il dubbio che abbia iniziato ,a suonare con musioist-i famosi sin da bambino. La seconda cosa che ti colpisce di Hiseman, magari la prima se lo senti subito suonare, è la sua completa •indipendenza fiS'ic-a: i suoi art-i possiedono una tale indipendenza che Jon difficilmente riesce oggi ad essere secondo a qualcuno: ogni mano, ogni piede possiede la facoltà -illimitata di costruire per conto suo un tempo del tutto indipendente dai tre rimanenti. Ne deriva un volume sonoro, un'impetuos•ità, un'accavallarsi di tempi r·ealmente eccezionale; nonosrante questa dote prettamente tecnica Jon riesce spesso a ,liberarsi dell'immagine del musicista teso a dimostrare tutta quanta la sua abil-ità, quanto una vera orchestra di percussioni, r-icchissima di interpolazioni, di mutamenti timbrici, di veloci ·controternpi, di agilità, un vero vulcano attivo. Se a tutto ciò assommiamo I-a sua discendenza che non lo vuole, al contrario di Ginger Bi:-ker, figlio della percussionistica tribale negra, ma che lo vede bensì nascere da una tradiz-ione jazzistica capace di infondergl,i spesso un ottimo swing, non riesce difficile scoprire il perché della sua vastissima fama. Il suo sviluppo sonoro, espresso con violenza •e convinz;ione nei suoi celeberrimi a solo, ne ascolrai uno a Londra della durata di un'ora, è tutto incentrato nel gioco del le casse contrapposto a quel-lo dei toms e del rullante, abbastanza originale lo stile con cui si accosta ai piatti, usat.i qui non a marcare momenti di particolare esuberanza, come avviene in molN suoi colleghi, ma invece riservati ad un certo modeMo di raffinatezze parNcolari che Jon per primo ha immesso con successo nella batteri-a rock. A queste dot-i, diciamo, necessarie per il buon batterista dobbiamo ora sommare l'eccez,ronale senso della scena, !'-istrionismo con cui Jon porta al pubblico H suo drumming incisivo e comunicativo; avremo 25

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==