Muzak - anno I - n.01 - ottobre 1973

L'estate, si sa, è la stagione 'in cui festival, rassegne, manifestazroni musicali (e noni imperversano dappertutto, e non sempre con risultati irreprensibili sul piano artistico e organizzativo. Ma sarebbe un discorso lungo che forse è meglio riprendere in altra occasione ... Piuttosto, abbiamo seguito alcuni di questi awenimenti e, per ora, ci preme constatare soprattutto due fatti che •ci paiono parecchio indic-ativi. 1Primo. In tutti i festival (o occasioni varie) catalogati sotto l'etichetta • jazz •, il pubbl-ico era rappresentato in massima parte dai giovani, che, nonostante la diffidenza e l·a evidente gelosia dei vecchi addetti ai lavori che ormai collezionano soltanto matrici rare di Johnny Dodds (pace all'anima sua!), mostravano di recepire_ e di vivere quella musica in pien,a libertà, senza pregiudizi di sorta, senza porsi angosciose quanto cretine domande del tipo • è jazz, è rock o che cavolo è? •- Certo, il pubblico giovane spesso, vista la paurosa diseducazione che vige in Italia ·in musica (e non solo in musica), spesso può commettere degli errori di 'ingenuità nelle valutazioni e nelle preferenze, ma è un male sanabile. L'·importante è che una 20 delle forme d'espressione e di comunicazione più originali del nostro secolo, r.ata dalla creatività del popolo afroamericano, viva, si rinnovi, si propaghi presso 'il pubblico più adatto e aperto a ricevere. Secondo. Qui dobbiamo parlare più soecifioatamente di musica, e tirare delle conclusroni corrette diviene una faccenda alquanto delicata. Il fatto più clamoroso dell'estate è stata certamente la caduta di un grande artista, schiacciato purtroppo dalla tremenda macchina dell'industria •dominante del consumo. Mi/es Davis. A Montreux, a Pescara, a Verona (dove l'abbiamo ascoltato noi) Miles e i suoi hanno francamente deluso e annoiato, e pur senza intonare troppo facili necrologi, abbiamo serie perplessità sulla sua musica futura. Tra i seguaci da\ isiani meglio ha figurato il Weather Report •a Perugia (in una rassegna di 4 giorni chiamata • Umbria Jazz • che, fatto inaudito, è stata completamente gratuita!), ma al di là di una ricerca seducente senza dubbio e di una sapiente manipolazione degli strumenti elettrici, rimane un pericoloso meccanicismo ed intellettualismo di fondo. Forse l'insegnamento davisiano di • Bitches Brew • ha rappresentato un preziosissimo episodio di transizione, ma oggi ci vuole qualcos'altro. E per fortuna, le proposte positive e costruttive n·Jn sono mancate. A Montreux •abbiamo ascoltato un rinato e vigoroso McCoy Tyner, che dai tempi in cui era ·il pianista del grande Coltrane, è divenuto un leader e un creatore di suoni ne;·i dawero impressionante, perfettamente assecondato dai compagni del suo quartetto, in special modo dal mostruoso batterista Al Mouzon. Sempre per restare sul filone più marcatamente afro, un'altra rivelazione è stata •il trio diretto da Sam Rivers. Ex compagno di Ceci! Taylor, Rivers con i suoi sassofoni, col flauro, col piano, con I-a voce, con Ceci! Mc Bee al basso e con Norman Connors alle percussioni ha tirato fuori rabbia, energia, calore, amore, p·oesia, linfa vitale in una maniera d-a lasciare senza fiato le migliaia di ragazzi presenti. Infine, l'orchestra di sogno di Gato Barbieri. Otto argentini e due newyorkesi che con la loro splendida musica terzomondista hanno fatto letteralmente impazzire, cantare, ballare tutti. A Pescara e a Verona, Keith Jarrett ha riconfermato, tutto da solo al piano -acustic-o, di essere un autentico poeta, che utilizza elementi classici, jazz, folk, per fare un suo personale discorso semplice, diretto, onesto, comunicativo. A Bologna e a Roma, Frank Zappa e le sue Mothers (Georçie Duke, J. L. Pontv. lan Underwood & Co.) hanno riproposto la straordinaria carica, acida e corrosiva, che appartiene solo a loro stilisticamente, ma che ci riguarda tutti da vicino. Abbiamo lasciato per ultimi due esempi che ci sem1;rano forse i più ,interessanti e proiettati in avanti. A Perugia, con un po' di anni di ritardo, abbiamo finalmente potuto vivere (è la parola giusta) l'incredibile Sun Ra and His Astro lntergalactic lnfinity Arkestra. Ad Alassio, il favoloso e stupendo Don Cherry Organic Music Theatre. Due modi diversi di comunicare musica, -canto, danza, teatro, poesia e tante altre cose ancora per ristabilire con ·il pubblico un rapporto nuovo, più umaoo, più vitale ... Ma su questi due nomi intendiamo tornarci sù nei prossimi numeri di Muzak, perché non possono liquidarsi in due parole. Giacomo Pellicciotti

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