Lettere ai Lavoratori - anno I - n. 2 - 29 febbraio 1952

t Scritti di: CASTAGNO - CIARDI - DEL BO FANFANI - FOA - GIOLITTI - MAC DONALO NAPOLITANO - PASTORE - PESENTI - PEZZOLI ROBERTI - ROVEDA - VENEGONI - VIGLIANESI ♦ Lettera a un comunista ♦ I lavoratori e lo Stato ♦ La le~p;e sinélacale ♦ Disoccupazione e sistemi politici ♦ Il piano di Rubinac(·i ♦ Produttività e cottimi ♦ Comitati misti e consigli di gestione ♦ L, accordo dell' J Iva • L, esperienza delr Olivetti ♦ 11 monopolio della Fiat ♦ Detroit: Reuther contro Ford ♦ La prevenzione degli infortuni ♦ La piccola proprietà contadina ♦ Il piano decennale a~ricolo ♦ Lett~ra di un parroco ♦ Lettere da Milano, da Napoli, dalla Sicilia e dall' I n~hilterra ♦ Cronache e documenti Biblioteca Gino Bianco I

!LettereaiLavoratoM\ dirette da GIUSEPPE RAPELLI • Usciranno ad ogni fin di mese in fascicoli semplici ed in fa,, scicoli doppi nel periodo estivo • Abbonamento annuo L. 1000 - ,, semestr. ,, 500 - Fascicolo semplice ,, 100 - ,, doppio ,, 200 - Estero il doppio • indirizzo postale : LETTERE AI LAVORATORI Casella Postale 328 ROMA • Versamenti per abbonamenti sul e/ e postale n. 1 I21927 intestato a ''Lettere ai lavoratori,, nell'uf./ licio dei conti correnti di Roma Re.1pon.1ahile: PIERO RANZI Autor. Trib. di Roma n. 252? del 25,,::: } Stabilimento Tipografico UESISA ,, R::::-, Biblioteca Gino Bianco

LettearieLavoratori A.nno I - N. 2 . 29 Febbraio 1962 Lettera a • un cornunlsta lo sono un democratico e perciò debbo credere nella opinione pubblica e nella educazione; sono un socialista, e perciò debbo credere nella continua trasformazione della società_ secondo un piano di graduale sviluppo, anzichè per obbedienza ad ordini ricevuti. Io debbo mantenere una certa proporzione tra i fini e i mezzi ed aver riguardo alla natura dello strumento e al suo lavoro. I o non adoprerò un coltello da ptJne per far la punta a una matita e non mi servirò di una spazzola da scarpe per pulirmi i denti. Non batterò i miei ragazzi per farli diventare sa.vii, nè farò loro soffrire la fame per farli diventar morali, poichè la ragione mi dice che tra le battiture e la saviezza, tra la fame e la moralità non vi sono rapporti di sorta. In taluni casi, l'obbedienza è buona in sè e gli ordini possono allora esser dati con energia, ma credere che una intera società possa progredire obbedendo a comandi, e attuare per questa via ideali e norme di giustizia come ha mostrato, nelle parole e coi fatti, di ritenere il governo, sovietista (che ha poi dovuto abbandona.re il sovietismo, consentire l'appropriazione indjviduale della terra, sopprimere il controllo nelle fabbriche, far larghe concessioni ai finanziari americani) è credere che ogni Scozzese che sa a memoria il Catechismo sia proprio inimune dal cadere in qualsiasi inganno della vita. Mezzi violenti e obbiettir>o socialista non vanno insieme. La passione dice < violenza », ,la testa dice « socialismo»; l'una dice che essi cooperano, l'altra dice che sono in conflitto. Il primo dovere di un uomo che vuole ricreare la Società non è di pigliar in mano un'arma, ma. è quello di cercar di Biblioteca Gino Bianco I

capire quel che c'è da fare. Fatto questo, può allora scegliere un bastone, una lancetta o un sermone. Obbedendo ad inveterate abitudini acquisite da antenati di dubbia intelligenza, può anche darsi che corriamo a_pig1liare prima di tutto un bastone. Quello che ci importa però di raggiungere si è di stabilire rapporti interamente nuovi tra le funzioni della Società, di considerare i valori sociali sotto un aspetto affatto 1Luovo. Questo è il Socialismo. Ma questo non posso fare con qualsiasi specie di armi. Le mie armi, io le scelgo secondo il lavoro che debbo fare: una penna per scrivere, una forchetta per mangia.re, una sciabola per far di me un idiota, una rivoluzione (così come la intendono i comunisti) per rovinare la mia vita, e quella di tant' altra gente. Per i miei fini sociali io scelgo la ragione, la irasf ormazione dell'opinione pubblica, il consenso del popolo. Così facendo, io arrivo più presto dove voglio arrivare. La sanguinosa rivoluzione russa, la straordinaria difesa dei Bolscevici contro i nemici esterni, ,gli opuscoli e i manifesti per provare che la violenza e la repressione erano necessarie e che non vi erano diritti umani ma solo diritti dello Stato, non portano alcun contributo alla soluzione del problema più elementare del Socialismo: il controllo degli operai nella fabbrica. Il meccanismo econo1nico della società è costruito, non con 1nateriale economico, ma con materiale psicologico ... Una rivoluzione non agevola alcuno dei nostri problemi, eccettuati quelli superficiali e meccanici, che io affronto per ultimi, non per primi. Una delle cose più deboli del mondo è una legge del Parlamento che non risponda al sentimento dell'opinione pubblica; forse la. sola cosa più debole è il decreto di una dittatura. lo pregio l'opera socialista di Lenin non tanto per quello che ha fatto, quanto per l'esperienza che ha fatto fare. In dieci anni l'opera del Governo bolscevico, liberato da attacchi dall'estero, e sotto la pressione delle necessità della vita, condurrà la Russia dove (e non oltre) cinque anni 'di Governo laburista ci condurranno in questo nostro paese con l'appoggio dell'opinione pubblica; due anni di Bolscevismo in questo paese ci porterebbero dove si trovava la Russia una dozzina di anni prima della Rivoluzione. Londra, 1920. RAMSAY MAC DONALD ----- Ramsay Me.e Dona.Id è stato a capo del 'P7'imo Governo lab-µ,rista nel 1924 Bit 66 ;a Gino Bianco

, I LAVORATORI e lo Stato democratico • Rapporti difficili ma necessari T u tti i ,regimi, da quello democratico ,a ,quello totalitario, hanno dovuto affrontare il problema dei rapporti tra i lavoratori e lo Stato. La sua soluzione è apparsa particolarmente difficile quando i lavoratori si sono posti come i protagonisti della insorgenza di tale regime: quando, in altri termini, la loro forza quantitativa è risultata l' elemento determinante per demolire un ve1 cchio orclìne statuale e per sostituirvi nuove realizzazioni della vita associata. Senza dubbio, anche da que- · sto punto di vista del suo fondamento, lo stato non può fare a meno dei lavoratori: non è più il tempo, come per esempio nella Francia prima del1'89, in cui una categoria selezionata e ristretta, sopra tBiblioteca Gino Bianco . DINO DEL BO nato nel 1916, ,deputato Jiemocristiano, Sottoiegretario al iLavoro. tutto l' ,aristocrazia, poteva svolgere una funzione •mediatrice tra il domdnio assoluto del re e i •ceti meno privilegia ti, facendo da essa scaturire le argom,entazioni giuridiche e le condizioni economiche per un tipo particolare di stato. Vi fu, cioè, un lungo periodo storico in cui i diritti dei lavoratori rimasero al rango di pure e semplici aspettative; e le stesse iniziali dichiarazioni dello stato di rappresentanza limitavano le prospettive del proletariato, sembravano indicargli le maniere di esercitare tal une parziali prerogative anzichè indicargli 6?

la strada per completamente partecipare al potere. Il progresso del proletariato subì, com'e è noto, un'involuzione durante i regimi totalitari; i quali s'illusero di poter dare vita ad uno speciale «nazionalismo dei lavoratori» con le in evi tabili conseguenze di soggezione politica e di meno•mazione sociale, occasionate da una parte dall'arbitrio di una presunta «élite>>di governanti e 'dall'altra dai sacrifici, dalla limitazione di scambi, dalle deformazioni produttive che sono i·mposte in un Paese dove si punta all'aumento della propria potenzialità militare e all'espansionismo territoriale. Per reazione, e non soltanto per essa, tutte le azioni di riscatto dal totalitarismo recano il segno della prevalenza del proletariato; lo· recano anche quando, come è avvenuto per la rivoluzione d'ottobre, si è passati inconsapevolmente dall'una all'·altra forma di totalitarismo. Anche per quanto attiene al nostro Paese nessuno può contestare che siano stati i lavoratori a rivendicare la libertà politica e l'indipendenza nazionale e che ciò abbiano fatto, con fortissimi rischi e con senso di solidarietà, in misura particolare dall'8 s_ettembre 1943 al 25 aprile 1945. Chè anzi è avvenuto, in quel periodo, un fatto di particolare importanza: la spontanea rdBi 68 ca Gjno Bianco -cerca dello stato ad opera del proletariato. La giustificazione politica dei Comitati di liberazione nazionale consiste proprio in questa loro sostituzione allo stato, nel manifestarne i· compi ti di deliberazione e d'intervento, nello svolgerne le funzioni di tutela e di regQlamen to. Per converso la disso1 uzione del vecchio stato derivava, oltrechè da11' episodio evidente della sovrapposizione di potere e dell'insufficienza istituzionale, ldal !non rintracciarvi il proletariato, il conseguimento di ieerte sue finalità, prima fra tutte l'autonomia e la salvaguardia personale, come beni verso i quali il corso sfortunato della guerra 'aveva fatto prevalentem1ente convergere le speranze popolari. ~urono i Comitati di liberazione nazionale 'a testimoniare {quantunque in mezzo ai a.oro errori, oi (cui il più grave fu quello Idi !non voler accogliere l' ordinamento, anche 'formale, del nuovo stato democratico) la permanenza presso \i [avoratori del significato dello stato e come questo venisse da essi considerato non .soltanto politicamente conveniente, ma addirittura necessario. Però ~furono i iprimi iempi dopo [a liberazione a porre in risalto la gravità del quesito relativo ~i rapporti tra i blvoratori e lo stato. I lavo-

• ratori sino \ad allora erano abitua ti •ad ,un 1atteggiamen to antagonistico nei riguardi degli organi pubblici 1, ufficialmente .costituiti, eleggendosi uno stato clandestino, quello appunto dei Comitati (di liberazione nazionale, 1e :non condividendo le tl'ealizzazioni forzose dello stato della repubblica di Salò :e dell'occupazione germanica. Al che si aggiunga il particolare modo di valutare le attrezzature di lavoro che il proletariato aveva avuto ldal '43 al '45: attrezIl problema di una legislazione sindacale non frammentaria, ma coordinata, pone in evidenza la necesSità di avere idlee chiare sui compiti dello stato. Può davvero lo stato democratico, Cioè lo Stato promanante dal su/ /ragia universale espresso nel Parlamento (pereiò come tale non borghese, non capitalista, non classista) assicurare, 1 per il bene comune, la migliore regolamentazione del vivere sociale? certo che quest.o è il fine che lo Stato democratico si propone, e bisogna concedere allo stesso la possifJiLllà 1.it realizzarlo gradualment~. una legge Sindacale, maturata in regime ~ libertà 7-olitica, può meglio rispondere fi,ella legge /ascista del 3 aprile 1926 e può trovare nella realtà e in Clima di libertà, le necessarie successive modi fiche. Biblioteca Gino Bianco zature !divenute, ,il più delle volte, sedi di .resistenza partigiana, iche avrebbero dovuto venire sottratte alle spoliazioni tedesche, ima 1dove, nondimeno, -il sabotaggio alla \produzione 1era un fatto spesso indispensabile e sempre meri torio. Ad un tratto lo 1Stato derniocratico sovverte questa situazione di fatto, acquista le lsue configurazioni più ortodosse /ed il lavoro Lsiprospetta come strumento necessario nella sua ·tontinuità ~ nella sue efficienza per aa ricostruzione del Paese; mentre le idifticoltà economico-finanziarie propongono una serie di provvedimenti che, ~n una nazione estremamente povera , come l'Italia, non possono non incidere sul proletariato. Fu, dopo il 1945, il momento in cui si corse ~l rischio di condurre ad un• epilogo del tutto ,negativo il problema dei rapporti tra i lavoratori e lo stato. Chi avesse seguito i principi classici e, sulla scorta delle dottrine più liberiste, non avesse accondisceso alle richieste della classe operaia, sbloccando invece i licenziamenti e non accrescendo il livello delle retribuzioni avrebbe anche potuto accorciare il periodo di crisi cruciale del- . l'economia italiana. Però, contemporaneamente, i lavoratori non avrebbero più riconosciuto in questo stato il loro stato; e I 'opposizione avrebbe I,'

dovuto trascendere sul terreno della lotta civile ,proprio per la fondazione di un tipo diverso di stato, alieno della democrazia e ad essa addirittura contraddittorio. Senonchè va tenuto presente come, nello stato contemporaneo, a fianco di quella giuridico-tecnica delle assemblee parlamentari, vi siano altre forme di ~appresentanza immediata costituite dai partiti politici e dai sindaca ti. Ora bisogna francamente dichiarare che, essendovi uno stato ed avendo quest' ultimo perfezionato i suoi istituti e conseguito un grado sufficiente di autorità, è compito di questi strumenti di rappresrentanza realizzare con esso il loro adeguamento, stabilire una compenetrazione o, per meglio dire, una reciproca integrazione di compiti. E cioè: lo stato ha il suo ordinamento, sanzionato dalla Costituzione ed impostato su un sistema positivo di diritto; per conseguenza non è ammissibile che questo rifiuti la propria inserzione in tale ordinamento, pretendendo nel medesimo tempo le contropartite derivanti dall'esercizio dell'autorità dello stato secondo l'interesse dei cittadini suoi componenti. Il gradualismo politico e sindacale, consiste proprio in questo specifico risultato di obiettivi ideologici e concreBi ?O :a Gino Bianco tamente economli.ci verso i quali puntare in armonia: con le esigenze dello stato, tenendo presenti le sue finalità generali e la primaria necessità del suo sviluppo. Rifiutarsi a simile adeguamento vuol dire porsi in atteggiamento rivoluzionario nei riguardi dello stato, non essendo oggi possibile una posizione puramente agnostica, tanti sono gli interventi dello stato nella vita sociale da farne obbligatoriamente avvertire e valutare la presenza. Ecco perchè noi sosteniamo che il problema dei rapporti tra lo stato ed i lavora tori ha oggi la stessa attualità che nel 1945. Con questa differenza: che mentre allora i primi passi di avvicinamento dovevano essere compiuti dallo stato, oggi invece sono i lavora tori a dovergli andare incontro, a non rifiutare la severa responsabilità di pronunciarne un definitivo giudizio, subendone le logiche e naturali conseguenze. Noi, evidentemente, crediamo nello stato, in questo stato nelle sue strutture e nelle possibilità di progresso che, sia pure faticosamente, gli stanno dischiuse dinanzi; ed invitiamo i lavoratori ad avere coraggio, a camminare per questa via, se vera.mente desiderano che sia posta in risalto la loro funzione politica unitamente alla loro aristocrazia sociale.

La legge sindacale A Ila radice delle polemiche vecchie e nuove che si intrecciano attorno al progetto di legge sindacale presentato dal Potere esecutivo al Parlamento, non è difficile notare il contrasto tra due concezioni antitetiche della vita associativa, le quali non riescono a risolvere, ciascuna per opposte ragioni, l'equazione sociale che gli opposti interessi in gioco nella vita produttiva moderna ripropongono agli uomini politici, alle classi, alla Nazione. Si tratta infatti, da un lato, di conciliare il principio della libertà individuale ed associativa con l'esigenza qi un qualsiasi controllo statale sulla vita e sul funzionamento dei corpi sociali agenti nell'orbita dello Stato: dall'altro si presenta, egualmente difficile nella sua soluzione, il problema della formazione e della rappresentatività di quei corpi sociali medesimi, i quali sono ormai essenziali allo sviluppo del divenire sociale. Appare pertanto logico il gran contendere che, sul tema della legislazione sindacale, vede sindacati, governo e imprenditori, in aperta polemica :per ila difesa dei rispettivi interessi. Diciamo subito che, così come è stato formulato dalla legge Rubinacci, il siBiblioteca Gino Bi neo ITALO VIGLIANESI Sindacalista P.S.D.I., segretario generale della U.I.L. sterna dl riconoscimento e di registrazione delle organizzazioni sindacali non ci trova assolutamente consenzienti. Ammettere un controllo di merito del potere esecutivo, potère squisitamente politico, sulla vita interna e sugli iscritti delle associazioni dei lavoratori, significherebbe concedere « sic et simpliciter » un diritto di supervisione statale sull'associazionismo spontaneo della classe lavoratrice, e, in ultima analisi, porrebbe il sindacato, forza squisitamente rivoluzionaria, nelle mani ed in balia dell'arbitrio delle classi dirigenti al Potere. D'altra parte, è innegabile che la validità giuridica « erga omnes », riconosciuta al contratto collettivo di lavoro stipulato dalle associazioni sindacali, rappresenti una fondamentale ed irrinunziabile conquista per i lavoratori. Ma poichè tale validità giuridica, sanzionata dall'organismo statale ,come legge, impone. quale logica contropartita, un qu.alsivoglia rapporto di ingerenza dello Stato nella vita ?1

e negli atti dei sindacati, per evitare il perpetuarsi di una contradizione insanabile, altra soluzione non appare al di fuori della ardita proposta avanzata dall'Unione Italiana del Lavoro in merito al sistema, del riconoscimento della registrazione e della rappresentatività delle organizzazioni sindacali. Si tratta, secondo quianto sostiene la U.I.L., di spezzare il circolo vizioso del dilemGhi ~onoi f abiani? La « Fabian Society » sorse a Londra nel 1884. Prese titolo da Quinto Fabio Massimo, il Temporeggiatore, perchè intendeva imitare ìl romano nella tattica, e questo allo scopo di ottenere i migliori risultati dalla penetrazione e dallo sviluppo delle nuqve idee sociali, conseguenti alla rivoluzione industriale. A questo scopo vennero divulgati i tracts (opuscoletti, 'volantini) che costituirono una originale forma di volgarizzaZione dei principi e delle soluzioni proposte da questo particolttre tipo di socialismo, non marxista, ma tipicamente inglese. Tra i più autorevoli « fa- !mani » G. B. Shaw, ed i coniugi Beatrice e Sidney Webb. A 67 anni di distanza, a Boma, nel 1951, è stata fondata, più per imitare gli inglesi, che non Quinto Fabio Massimo, il Temporeggiatore, la « SoCietà Fabiana Italiana ». - ?2 B 3ca Gino Bianco ma libertà sindacale - contr:ollo dello Stato, attraver- _so una generale consultazione di base di tutti i lavoratori della Nazione, i quali dovrebbero venire chiamati ad esprimere, attraverso regolari elezioni, il loro orientamento sindacale. In base ai r,isultatl di tali elezioni, sulle quali, sì, potrebbe bene esercitare inClontrastato _il 'Controllo lo Stato attraverso i suoi organi competenti (Magistratura ec-c.), sarebbe automaticamente stabilito, dalla democratica volontà liberamente espressa da tutti i lavoratori, il rapporto di rappresentatività delle singole organizzazioni sindacali, e verrebbero risolti di fatto tutti i problemi inerenti la rappresentanza proporzionale dei sindacati medesimi, nel seno degli Enti, dei Comitati, degli Organismi nei quali i lavoratori hanno diritto di partecipare. Salvo così il principio della libertà sindacale garantito dalla libertà e dalla segretezza del voto1 verrebbe contemporaneamente soddisfatta l'esigenza legi1filma di controllo che lo Stato pone alla base della concessione ai sindacati di stipulare atti (Contratti Collettivi di Lavoro con validità « erga omnes ») di diritto pubblico. Infatti tale controllo sarebbe ampiamente esercitato sullo svolgimento delle elezioni e troverebbe il proprio compimento nella pro-

mulgazione stessa, da parte degli appositi organi dello. Stato (Magistratura, ecc), dei suddetti risultati elettorali. Questo sistema ci sembra non soltanto capace di risolvere con reciproca soddisfazione ì problemi delle parti in contesa, ma, a nostro modo di vedere, ipreparerebbe il terreno all'altra non meno essenziale esigenza della classe lavoratrice. Quella del contri'buto obbligatorio il quale, sempre più in tempi di dilagante malcostume politico e di crescente ricatto. economico, appare come l'unica ancora di salvezza per la dignità, la forza e l'onore del movimento sindaicale. Secondo la proporzionalità espressa dalle elezioni in parola, il contributo dei lavoratori verrebbe distribuito infatti alle associazioni sindacali in base ad un elementare 1 senso di equità giuri~a e sociale., secondo il quale, a validità « erga omnes » degli interventi del sindacato, deve corrispondere un impegno generale dei lavoratori verso la associazione sindacale medesima. Ma non è tutto: la nuova formula e la metodologia rigidamente democratica della designazione di base, porrebbero automaticamente i sindacati, investiti di una responsabilità e di una funzione assai più alta dell'attuale, nella condizione di difendere ad oltranza e con la massima leal- . Biblioteca Gino Bianco tà, gli interessi di coloro eh.e in essi riponessero la propria fi}ducia, eliminando molti di quegli sfasamenti -che ancora oggi infirmano tristemente la v:ita !delle o:rganizzazilOni operaie. A nessuno sfuggirà, io credo, il valore e l'importanza del passo compiuto dalla U.I.L. nel porre la sua proposta in discussione. Per quanto riguarda infine il diritto di sciop'ero e la sua attuazione, non molte parole saranno sufficienti per illustrare in proposito il nostro atteggiamento: il diritto di sciopero non si tocca. Esso è il frutto di 50 anni di lotta della classe lavoratrice, che ha cosparso il suo cammino di martirio e di sangue. Il diritto di sciopero è ormai consacrato fra gli uomini liberi come uno dei fondamentali diritti della società. Alla stregua della libertà di pensiero, di stampa, di associazione. E siccome a nessuno può e deve essere permesso di dubitare del senso di consapevolezza e di maturità della classe lavoratrice, l'unica remora che alla attuazione del diritto di sciopero possa essere consentita, consiste nel sen.so di autocontrollo delle organizzazioni sindacali medesime. · Tutti i lavoratori sindacati hanno dunque diritto di decidere liberamente la proprJ.a condotta; abbiamo detto i la73

voratori sindacati: quindi le uniche eccezioni da noi stessi accettate all'esercizio di tale diritto (militari, servizi antindeL Lavoro, in merito al siste- . cezioni puramente apparenti, chè nella fatti-specie, si tratta, come è evidente, di lavoratori e di cittadini non assilnilabili * nella organizzazione sindacale. La quale ultima aspetta ormai da tempo la legge che ne regoli vita e comportan1ento, ma ha .da essere la legge cui hanno diritto diciotto milioni di lavoratori, la spina dorsale della Nazione. Natura del sindacato TUTTI I LAVORATORI sanno che il riconoscimento giuridico ai sindac,ati fu conferito per la prima volta in Italia con la legg·e 3 aprile 1926; da quel momento il sindacato divenne in Italia soggetto di diritto con la capacità piena di contrattare oltre che per sè anche nell'interesse dei lavoratori ad esso associati. Il contratto collettivo di lavoro divenne, in virtù di tale legge, lo strumento capace di regolare obbligatoriamente per tutta la categoria il rapporto di lavoro, vincolando alla osservanza dei pa tti in esso contenuti tutti i datori di lavoro ed assicurando così a tutti i lavoratori eguaglianza di salario e di prestazioni assicurative. · E' noto anche che questo sistema è venuto meno a seguito del D.L.L. 23 novembre 1944 n. 369 che sciolse i sinB 7 ca Gino Bianco · GIANNI ROBERTI nato nel 1909, deputato del M.S.I., iegretario , della CISNAL. dacati giuridici; per cui oggi il Disegno di Legge Rubinacci riporta all'attenzione dei lavoratori - a distanza di oltre un quarto di secolo - il problema del Ticonoscimen to giuridico del sindacato. Qual'è la portata ed il contenuto del Disegno di Legge? E' chiaro che il progetto deve restare nell'ambito della Costituzione, la quale non è che sia perfetta in questa come in altre materie (anzi il titolo III dei « rapporti econo- •mici '> meriterebbe una accurata revisione), ma, fino a quando non sia modificata, deve essere rispettata. . Pertanto, le principali questioni che sorgono dall'art. 39

della Costituzione € che, in gran parte, restano aperte con il progetto Rubinacci e dovuanno quindi ,essere risolte dal Parlamento, sono le seguenti: 1) Sindacato di diritto privato o di diri.tto pubblico? Ambedue le soluzioni sono, in teoria, possibili in base alla norma costituzionale che si mantiene in termini molto vaghi, per cui occorre esaminarle entrambe. Il Sindacato di diritto privato incontra generalmente un maggior favore, in quanto sem.hra che possa meglio sod'... disfare al requisito della libertà •sindacale posto dalla Costituzione a base del sistema. Tutta vtla esso difficilmente potrà consentire la piena funzionalità dell'organo sindacale e non si vede come la personalità giuridica privata possa conciliarsi con la obbligatorietà del contratto collettivo anche verso i non aderenti al sindacato. II Sindacato di diritto pubblico soddisferebbe invece a tali esigenze e consentirebbe inoltre all'organo sindacale di esercita·re un peso effettivo nell'andam•ento dei fenomeni economici e sociali partecipando responsabilmente agli organismi amministrativi, cosa questa molto desiderata da tutti i lavora tori. Sussistono, è vero, le preoccupazioni relative Biblioteca Gino Bianco al requisito della libertà dell'associazione, per il sistema di controlli che la persona di diritto pubblico implicherebbe; ma tali con troll i potrebbero essere limita ti al minimo mentre non devesi d'altra parte dimenticare che l'ampiezza oggi attribuita ai poteri di polizia pone praticamente anche il sindacato di diritto privato in una posizione di completa soggezione - tanto più grave perchè incontrollata - al- . la autorità del Governo. -Comunque, non si può escludere a priori la possibilità di una soluzione in termedia che, per quanto non scevra di incertezze e difficoltà, potrebbe consistere nel riconosci-mento della personalità giuridica privata ai singoli sindacati e nella concessione invece della personalità giuridica pubblica al comitato c·ontraente, composto dalle raµpresentanze proporzionali dei singoli sindacati, in modo da rendere giuridicamente possibile l'obbligatori,età dei contratti collettivi nei confronti di tutti i lavoratori e datori di lavoro. 2) Obbligatorietà o f acoltat ività dei contributi sinda-- c ali? La obbligatorietà dei contributi sindacali può apparire in -con trasto con il requisito costituzionale della libertà di associazione; d'altra parte il_ con75

tributo obbligatorio assicurerebbe la indipendenza e l'autonomia delle organizzazioni sindacali, tanto spesso costrette a ricorrere a finanziamenti esteri o interni di natura e di provenienza non sindacale. E' chiaro che non può esservi vera libertà sindacale quando non vi sia indipendenza ed autonomia economica del sindacato. D'altra parte, far contribuire i lavoratori non associati alle spe~e necessarie per la vita dell'associazione non sembra contrario ad un principio di etica sindacale, dal momento che anche i lavoratori non iscritti beneficiano dell'attività che i sindacati svolgono nell'interesse dell'intera categoria e, in virtù della obbligatorietà del contratto collettivo, divengono addirittura parte sostanziale del contratto stesso. 3) Sindacato di categoria o di azienda? Una moderna tendenza giuridica a considerare l'azienda come una unità economico-sociale accrediterebbe la soluzione del sindacato aziendale, che sembra in parte accolta anche nel disegno di legge Rubinacci. Tuttavia l'esper,ienza sinda- ~~~ Il regime fascista ha fatto una legge certamente ardita sulla disciplina dei rapporti collettivi del lavoro. In ,quella legge vediamo accolti ~ principii che sono pure i nostri. Finchè clurava lo Stato 1liberale, da una parte, e rjìnchè, dall'altra, g'li operai ri-·, manevano fermi nel loro misconoscimento dello Stato, una legge di tal fatta era improponibile. La rivoluzione fascista ha ttLgliato il nodo gor,diano, e noi ne dol;>biamo prendere atto. In tutti i paesi in cui ,è stata applicata '.la politica dell'intervento si è fatto Qualche cosa che .ri avvicina al .Sindacato giuridico ed. alla Magistratura del lavoro, ed in Russia più che altrove. Dunque, nessuna opposizione di principio a queste riforme. Parimenti noi saremmo in contraddizione con noi stessi ge -ci ponessimo contro lo Stato Corporativo o la Carta del Lavoro, 1 ohe il regime fascista intende realizzare. Basta richliamare i nostri :voti ed i nostri progetti del pa8sato, per .stabilire che siam.o 1enuti a contribuire con la nostra azione e la nostra critica nlla buona riuscita di tali esperimenti. Azimonti Carlo, Calda Ludovico, Colom·bino Emilio, D'Aragona /Lodovico, Maglione Battista, Reina Ettore, Rigola Rinaldo. (Dalla mozione del 16-1-1927 pubblicata sui quotidiani del 2-3 febbraio 1927 e su 1 problemi del Lavoro del 25-8-1927). 81 1Z 6 .. ca Gino Bianco I

cale dimostra che il sinddcato aziendale è più suscettibile ad influenze padronali é pertanto costituisce una più debole difesa degli interessi della categoria ed una meno efficiente forza di sviluppo della categoria ste5sa. * Sono queste soltanto alcune delle questioni che la nuova legge dovrà risolvere e regolare; sarà interessante cominciare a sentire su di esse l'opinione dei lavoratori; e ta_le modesto intento si ripromette la presente lettera. ''0rder 1376,, Il 14 agosto è entrato in vigore in Inghilterra l'« Order 1376 » che stabilisce una nuova. regolamentazione delle controversie di lavoro. E'sso sostituisce l'« Order 1,305 » emanato durante_ la guen-a iil 118 1 luglio 1'940 il q uaile ,proibi,va lo sciopero e la serrata se non fosse stato esperimentato previamente un tentativo di conciliazione del Ministero del Lavoro e soltanto dopo che fossero trascorsi 21 giorni da questo tentativo di conciliazione senza che il Ministero del Lavoro si 'fosse trovato in grado di deferire la vertenza al Tribunale Nazionale di Arbitrato. Queste disposizioni però, regolarmente osservate durante la guerra erano orma.i cadute in disuso in questi ulttmi anni. Lo stesso 1 Mìinistro del Le. voro inglese, che come è noto ha recentemente visitato l'Italia, in una sua intervista ha dichiarato: « In ultima a- .. nalisi nessuno può impedire la a.ttuazione di uno sciopero, quando i lavoratori sono decisi a scioperare e nessuno può_ impedire a un datore di lavoro di chiudere le porte di un suo stabilimento Biblioteca Gino Bianco e di gettare le chiavi nel fiume ». ,Per la concezione la,burista inglese sciopero e serrata sono _dunque posti sullo stesso piano. Lo « Order 11376 » riconosce esplicitamente la liceità dello sciopero e della serrata. Mentre il precedente· « Orde!' » disponeva che ogni vertenza dovesse essere rime6sa al !Ministero del Lavoro e da questo deferita al Tribunale Nazionale di Arbitrato, il nuovo « Order » diiSpone che ogni datore di lavoro, ogni organizzazione di datori di lavoro ed ogni sindacato di lf,voratori dovrà rivolgersi al Ministero del Lavoro per chiedere l'intervento di un «Tribunale delle controversie di lavoro». L'intervento da parte dei sindacati di lavoratori potrà aversi soltanto quando il sindacato rappresenti « une. adeguata notevole proporzione dei lavoratori della categoria». l.'« Order » in questione conferma una vecchia disposizione di una legge che risale al 1875 che proibisce o comunque regolamenta lo sciopero degli addetti ai servizi pubblici. ( Da INSO, 24-8-51) 77

' DISOCCUPAZIONE E SISTEMI POLITICI" * Il socialismo rirolve il problema? D ~I lavoratori la dom~nda e posta con angoscia, e io sento in coscienza di poter affermare come economista che è possibile eliminare la disoccupazione anche nPl nostro Paese. Na turalmente come economista in senso puro della parola, cioè non limitato dai vincoli e da g 1i ostacoli « non economici », ma di struttura sociale che oggi pone la società italiana. Nel sistema capitalistico la eliminazione della disoccupazione in senso assoluto non è economicamente possibile e non è conveniente alla classe dirigente. La quale ha interesse che una massa di senza lavoro prema sui lavoratori oceupati e con l'incubo della disoccupazione ne !Smorzi lia combattività. Nel sistema capitalistlco tutte le proposte fatte ,dalla classe dirigente per ANTONIO PESENTI nato nel ;I.910, deputato comunista, professore universitario. diminuire il fenomeno, quando assume proporzioni che oltrepassano il li•mite della utilità, si traducono sempre apertamente o ipocritamente in forme di riduzione dei salari dal lavoro forzato, al servizio mili tare, a forme meno appariscenti, ma pur sempre tendenti allo stesso scopo. E del resto tutti gli economisti u servizio della classe dominante, che sostengono in pieno il sistema capitalistico, non nascondono la tesi dei padroni: per ridurre la disoccupazione bisogna ridurre i salari. La tesi è falsa, anche se è comoda per i capitalisti. Bit 78 a Gino Bianco

In senso assoluto - e non credo che i lavoratori devono proprio difendere l'attuale si- ~tema e mantenerne i limiti - la disoccupazione è vinta dal sistema socialista di produzione. Ciò perchè tale siste- •ma m·obilita tutte le forze produttive, le utilizza tutte. Le risorse materiali - terra, materie prime, ecc. - non sono lasciate inerti e su di esse si applica a scopi produttivi, tutta la forza lavoro con l'eliminazione di ')gni parassitismo e con una libera e spontanea organizzazione produttiva di uguali, che riduce gli sperperi e le categorie non direttamente produttive che tanto peso hanno nella società capitalistica. Una chiara se pur sommaria idea della colossale differenza può essere data dalla distribuzione del reddito quale si presenta nella società capitalistica e quale si presenta nella società socialista. Va da sè che per ogni economista serio ln dishibuzione del reddito 110n è una cosa a sè stante: è l'espressione, riflette il sistema di produzione e sono degli illusi coloro che credono che si possa cambiare la distribuzione del reddito senza mutare il sistema di produzione. Orbene i dati ci dicono che nei paesi capitalistici almeno metà del reddito nazionale è trattenuto dalle categorie ca ... pitalistiche. Nell'URSS il 740/o va invece ai lavoratori e il 26 per cento allo Stato per lo sviluppo economico. Negli Stati Uniti solo il 44 per cento del reddito nel 1938 andava ai lavoratori (che pur costituivano il 79 per cento della popolazione), ìn Francia il 45 per cento, in Italja il 42 per cento. La rivoluzione sovietica ha liberato e dato alla collettività perchè venissero adoperati per lo sviluppo economie.o miliardi e miliardi di rubli oro di rendite e mentre il processo di distribuzione dei beni costa nei paesi capitalistici - con tutte le categorie commerciali - dal 15 al 20 per cento del reddito nazionale, nell'URSS non raggiunge il 5 per cento. Del resto l'esperienza •viva degli ultimi anni ci dice che non solo nell'Unione Sovietica si è avuto col sistema socialista la eliminazione della disocsecondo « l'Informazione » Si è svolta una lotta serrata per venàer-e arance alla Germania di Bonn. La Turchia avrebbe vinto con una prima ordinazione di cento milioni di arance. Probabilmente è andata così: la Turchia avrà comprato in cambio merce, manufatti e macchine, e così si è assicurata l'ordinazione. I nostri « trust », i nostri «monopoli» invece finanzieranno la campagna per le « amministrative » del Sud. 79 Biblioteca Gino Bianco

cupazione, il continuo e colossale aumento della produzione e il continuo enorme aumento del tenore di vita di tutta la popolazione, ma anche in paesi che si stanno solo ora avviando verso il socialismo e che si trovavano ancora nel 1945 in condizioni peggiori ancora dell'Italia per arretratezza. La Polonia, l'Ungheria, la Romania, avevano una forte disoccupazione e una forte emigrazione. Oggi tutto ciò è un triste ricordo del passato. Ecco perchè. sono, come economista onesto, socialista e penso che og.ni lavoratore intelligente, quale che sia 1 la sua formazione mentale nel campo filosofico, non può che essere favorevole al mutamento del 5istema economico attuale. ,Fatta questa premessa, nell',ambito del sistema capitalistico è possibile ridurre grandemente la disoccupazione? Sì, certamente. Ed è necessario per ottenere questo risultato ridurre nascostamente o apertamente i salari; creare cantieri di lavoro, squadre di lavoro o altre simili forme servili? No; al contrario queste f orme nascondono, ma non eliminano la disoccupazione e sono una forma di sfruttamento eccessivo desiderato dai capitalisti. L'unico modo per ridurre la disoccupazione anche nei limiti del sistema capitalistico f E so G' s· eca 1no 1anco è una politica democratica che abbia le seguenti direttive: a) mobilitare tutte le risorse materiali del Paese - oggi non adeguatamente sfruttate per l'egoismo di gruppi agrari e monopolistici - sia a ttraverso investimenti pubblici, sia attraverso una serie di riforme sociali previste dalla nostra Costituzione che è ap·· punto democratica e non socialista; b) difendere e aumentare il salario reale. dei lavoratori occupati, difendere e allargare il potere di acquisto delle masse popolari, cioè il mercato interno; e) modificare - quale conseguenza necessaria - i rapporti tra rendite e profitti da una parte e salari (comprese naturalmente nel rtermine le retribuzioni delle ca tegorie impiegatizie) dall'altra in favore di questi ulti•mi e in favore dello Stato, cioè per dare, attraverso la tassazione, allo Stato i mezzi per fare gli investimenti pubblici necessari a stimolare l'aumento del reddito nazionale e la conseguente occupazione. La riforma fon diaria, l' eliminazione dellé terre incolte, la riforma dei contratti agrari, le bonifiche. le strade, la sistemazione dei fiumi, i lavori pubblici necessari a stabilire le basi di un nuovo ambiente economico (ciò che Marshall chiamava economie esterne),

Varietà di redditi .SPcondo uno studio $Volto da.Z « Bollettino del risparmio» edito dalla Federazione ci.elle Casse di Risparmio dell ·'Jtalia centrale, la rnedia del reddito annuo per ogni itaUano può e$Sere attualmente calcolata conie segue nelle t·arie regioni: L'igur;a lire 280.000, Piemonte 300.000, Lombardia 280.000, Venezie 210.000, ,Eniil ia 220.000, Toscana 206 niila, Marche 195.000, Umbria 208.000, Lazio 215.000, Abruzzi 140.000, Campania 132 mila, Puglie 130.000, Lucania 140.000, Calabria 116.000, Sicilia 134.000, Sardegna 160 niila. Questo calcolo è stato f atto in base alla media per « abitante ». Ed ecco la media annua « per abitante » nei paesi europei: iVorvegia lire 450.000. Svezia 600.000, Islanda 70.000, Danimarca 550.000, Gran Bretagna 450.000, Irlanda 300 mila, Belgio 450.000, Fran- ~ eia 400.000, Lussemburgo 450 mila, Svi_zzera 550.000, Finlandia 180.000, Germania 310 mila., Cecoslovacchia 215.000, Austria 120.000, Italia 200.000, Bulgaria 110.000, Jugoslavia 140.000, Turchia 130.000, Grecia 120.000. Negli Stati Uniti d'America il reddito medio annuo per abitante è di L. 1.250.000. Biblioteca Gino Bianco l'industrializzazione del Mezzogiorno, il potenzia1nen to della industria già controllata dallo Stato, un programma di sviluppo della siderurgia, della meccanica ecc. sono cioè gli elementi di una tale politica democratica produttivistica di cni la CGIL aveva dato un esempio concreto attraverso i] proposto Piano di Lavoro. E non è ne-cessario per tale incremento negli investi1nenti deprimere il tenore di vita delle masse popolari o ridurre i salari. Questo sostengono gli economisti reazionari sia tradizionali, sia keynesiani, in quanto non vogliono toecare non solo i profitti ma neanche i privilegi dei gruppi monopolistici.- Ridurre il tenor di vita delle masse italiane che tutti - persino Costa - riconoscono troppo basso, ridurre i salari reali, significa restringere il mercato interno e provocare nuova disoccupazione. Vi è certa men te qualche cosa che si deve ridurre - una categoria economica che risulta eccessi va - e sono le rendite delle grosse proprietà fondiarie, in primo luogo di quelle feudali, i profitti eccessivi, in particolare dei gruppi monopolistici. Vi sono dei privilegi da eliminare e che possono riassumersi in una parola: oocorre che a· dirigere lo sviluppo economico del Paese non siano i gruppi agrari e 81

monopolistici i quali non vogliono le riforme di struttura e quindi le sabotano, non vogliono neanche sviluppare al massi•mo la produzione, perchè secondo le Jeggi economiche del capitalismo non è per loro conveniente, ma il popolo italiano. Ogni studente di economia sa che il proprietario fondiario puro non dà in coltivazione il terreno se questo non gli dà una rendita (mentre al coltivatore in proprio basta ricavare da vivere col proprio lavoro) e il monopolista ferma la produzione non al punto di massima produzione, ma a quello che gli consente maggior guadagno. E chiaro pertanto che per Postilla a Pesenti - vincere la disoccupazione non si deve dare ascolto ai falsi e interessati ragionamenti degli agrari e dei monopolisti che pensano solo ad intensificare lo sfruttamento e addirittura ad introdurre il lavoro forzato, ma fare una politica democratica e produttivistica e procurarne allo Stato i mezzi attraverso una politica fiscale democratica che si ispiri all'art. 53 della Costituzione ed eHmini lo sconcio delle evasioni fiscali dei ricchi. Per questo anche come economista sono fermamente convinto che la CGIL indica la giusta strada. a) - Lo schematismo della log:ca marxista pone il problema nelle chue posizioni limite del capitalismo, dominato;e non solo della sfera econom.ica m.a di quella politica, e del collettfvismo ignorando la r;os'zione di una libera democrazia saldam.ente strutturata, ove il lavoratore ha larga poss·bilità di far intendere la sua voce sul piano politico e di agire su que.~to e su quello economico con le sue organizzazioni sinda--ali. In queste condizioni non solo il capitalista non ha nessun vantaggio dall'esistenza della disoccupazione, (in quanto que,ta attraverso l'intervento dello Stato si traduce in m.aggiori oneri per l'im.prenditore: imposte, contributi, blocco dii licenziamenti, imponibili di mano d'opera ecc.), ma ha convenienza dalla sua eliminazione. b) - Pare poi strano che il P. indichi come forme di lotta contro la disoccupazione in regim.e cosidetto capitalista (e sarebbe bene -· uscire .una buona volta dall'equivoco di questa tacita identificazione del éapitalismo con quazs·asi sistem.a che non sia quello comunista) il lavoro forzato ed 1l servizio militare/ quando l'una e l'altra cosa da ben chiare notizie risultano ttptche proprio delle esperienze comuniste in atto da quella russa a quella iugoslava. e) - E' assolutamente falsa la tesi che Vi siano economisti (de82 B._.._ eca Gino Bianco

qni, Bi capisce, di questo 1;2,ome seri come studJioSi) che sostengano che per ridurr~ la disoccupazione bisogna ridurre i aalari,• una test di questo genere potrebbe avere soltanto valore nell'ipotesi di un regime economiCo e di produzione assolutamente statico, nel quale, mentre aumenta. la popolazione operaia, non si sappia fare nulla per accrescere la pro~uzione e la produttività. Ma in una ipoteSi di questo genere anche in regim.e comunista la piena occupazione si tradurrebbe in un minor salario medio essendo evidente che la torta immutata nella sua dime-ns·ione dovrebbe essere di.visa fra un maggior numero di persone. Altrettanto infondato ci sembra il confronto fra i dati della ripartizione del reddito nell'U-RSS ed in altri paest, per dlue ragioni: 1) . perchè Si tace della diversa altezza d·e1 reddito nei vari paesi. E' evidente che se il reddito medio per ·i lavoratori nel paese X è triplo di quello dei lavoratori del paese Y è scarso conforto sapere che questi ultimi dispongono del 740;0 del reddito nazionale e quelli soltanto il 44 %. 2 J - perchè la dizione lavoratori è usata equivocamentP dal Pesenti. Quel 740/o di reddito sul totale che spetterebbe in U.R.S.S. ai lavoratori si riferisce al 100 % della popolazione e nulla ci si dice carne questo 74 Si distribuisca all'interno della popolazione, (operai, cittadini. funzionari, alti e bassi. favoriti e pezzi grossi), mentre nella società americana, che il P. prende a confronto, la parte del redcUto che non è distribuito in salar·i e stipendi non va tutta al capitale ma a quella moltitvdine di attività professionali e mercantili, che ri• sultano da cQmbinazioni diverse di capitale e lavoro e che rappresentano una piaga essenziale cfel sistema non collettivista ( artigiani, contad:n1 proprietari, professionisti, piccoli commercianti, ecc.). d) - Il P. afferma con mirabile d.isinvoltura riferendosi all'U.R.S.S. « il continuo enorme aumento del tenore di vita della popolazione». tale tesi suppone che nessuno dei suoi lettori abbia visltato la Russ:a (esclusa la Russ·ia delle visite ufficiali) od abbia i>iSsuto per qualche tempo con qualche ... lavoratore russo (lavoratore nel senso stretto del termine e preciso lavoratore m.anovale J, e contrasta con tutti i dati (quei pochissimi che l'U.R.S.S. comuniCa) circa le disponibilità di prodotti alimentari e di generi di con8umo. e) - Pare strano che il P. di?nent_iChi fra i mezzi per ridlur·re la disoccupazione proprio la maggiore efficienza produttiva, l'applicaz·tone di nuove tecniche, il più razionale impiego di materie prime e che dimentichi. trattando del nostro paese, che la necessità di larghi ooqutsti dall'estero di materie prime es•tge l'esistenza di una effeclen{e industria esportatrice. Fuori da questa via s-i potrà anche con gli altri m.ezzi da lui indicati, o con una specie di •nuova politica autarchica, r:~urre la disoccupazione, ma non parli allora di aumento del tenore di vita; perchè proprio in questo caso (anche se fossimo in regime comunista) ci avvicineremm.o a quella triste ipotesi ric.ordata dal Pesenti nel paragrafo (c ), e cioè l'ipotesi di un paese ove l'occupazione di nuovo lavoro avviene a produtttvttà decrescente. SILVIO ç;,QLZlO 83 Bib ca Gino Bianco

IL PIAN() DEL LAVORO - DEL MINI S 11 RO RUBI N A CC I * PREMESSA La disoccupazione in Italia ha carattere strutturale e quindi cronico. I rimedi, che sotto la f o:rnnule. del pieno impiego, sono stati altrove applicati o proposti, non sono attuabili perchè essi si fondano sempre sul ,presupposto del supera.mento di crisi congiunturali in economie ohe normalmente avrebbero capacità di pieno impiego. La situazione italiana è care.tterizz~ta dal più alto indice di densità della popolazione (dopo il Belgio), dalla mancanza o scarsezza di rràlterie prime, dalla produttività dell'agricoltura llmitata soltanto ad una parte della superficie, e, come conseguenza, depreesione del mercato di consumo, basso reddito nazi o• nale ed individuale, scarso risparmio •e limitata possi•bilità di investimenti. Una situazione di tal genere, mediante una politica di investimenti pubblici e privati, stimolati sta pure parzialmente dal concorso dello Stato. si può modificare soltanto gradualmente. IL PROGRAMMA ANNUALE Ogni anno dovrà essere predisposto un programma annua,le per l'impiego della mano d'opera disoccupata. Il programm..l. com prenderà i contingenti di disoccupati da· avviare a cantieri e corsi, quelli da. im'piegare con l 'iln:ponibile di mano d'opera agricola, con Penugraztone, eccete1·a. Bib. 8 · a Gino Bianco - 1 81 potrà anche prevedere in 'base a tempestive segnalazionitleHe diverse Amministrazioni dello Stato, e degli altri Enti Pubblici, le unità che, attraverso i concorsi che si intende bandire, '})otranno essere assorbiti dal 'P'Ubblico impiego. Forse si potrà pervenire, per lo meno con una la1'8a a pprossLmazlone, e. preve-

dere. il fabbisogno di nuova ma• no ·d'opera. delle. privata eccnomia. Reclutemento Il reclutamento, che è e deve rime.nere assolutamente volontario, sarà fatto dagli Uffici del Lavoro con un unico bando per ogni Comune, e tenendo conto dello stato di bisogno in relazione al n\}oleo farrrigliare, e riservando una percentuale ai giovani dal sedici al venti anni per attenuare l'aspetto tanto preoccupante ,tella d·isoccupazlone giovanile. I disoccupati recluta.ti, in base a criteri selettivi, saranno distribuiti in squadre di oento o di cinquanta per i cantieri, in squadre di trenta per i corsi. · Cantieri di 1avo-ro • rlmboschlme,nto Sono previsti cantieri normali (nove mesi) e stagionali (tre mesi); gli stagionali opereranno contro la sotto-occupazione. specie agricola. Le opere de. eseguire devono essere di pubblico interesse (ri'mboseihimento, sistemazione montana, dei fiumi, strade, canali, e.si-li, campi sportivi, scavi archeologici). Finora si sono fatte queste cose, me. senza una organica ·programmazione. Finora. 1 cantieri sono st:ati Jmptantatl in Co1nuni rr,~nori per opere locali. Ora i Ministeri del Lavoro, dei Lavori Pubblici e dell'Agricoltura flss~ranno un programma (La· Biblioteca Gino Biçinco voro: numero e durata dei cantieri per ciascun Com une; Lavo- · . rl Pubblici e Agri col tura: opere da far eseguire). Ore. si dovranno applicare i cantieri anche alla disoccupazione urbana, introdurli per la realizzazione d-1 grandi opere pubbliche (sono previsti oantiet·i mob-lli), tenendo sempxe presente questo criterio: la. spesa deve rimanere dell'ammontare 3,revisto in base ai sistem.i normali di esecuzione; le somm.e rispanniate devono essere utiliz- / zate in ulteriori impteghi cli tmano d'opera. Corai rapld'I di qualiflcazlione Servono per i disoccupati dell'ambiente dei lavoratori specializzat-t e del ceto medio. Durata: cinque o sei mesi. Anche per 1 corsi si procederà ad una 'P'rogra.nunazione, secondo tre gruppi: e.) di q·ualiflCazione ( con fine di addestramento: edilizia, turismo, artigianato) ; b) ad indirizzo produttivo (oltre l'addestramento, produzione di attrezzi e mezzi di le.- varo da fornire gratuitamente agli addestrati) ; e )corsi per casette minime (gruppi di corsl coordinati per le varie categorie di lavora.tori che concorrono alla costruzione delle case). I corsi per le ce.sette minime 88.ranno organizzati in modo de. cost-rulre, attraverso lo svolgimento di regolari serie didattiche di esercitazioni pratlobe, case con a.lloggl di una o due camere e acces.5ori, da destinare 85

6lle categorie più bisognose, oon assegnazione a riscatto per 11 pagamlento delle spese vive p€r 11 materiale. T•rattamento econom,I oo a) cantieri L. 500 per giorne.- ta lavorativa più L. 60 per ogni f amili.are a. carico. E' corrisposto altresi un premio di operosità di L. 1.000 e.I mese. -Inoltre i ca.ntlert forniscono la mensa. b) cor8i rapidi L. 300 per giornata lavorativa più L. 60 pe>r ogni familiare a carico. E' coTrisposto inoltre un premio ài operosità a fine corso di L. 3.000. Corsi normali di addestramento La formazlone professionale dei giovani ed 11 perf&zionamento degli occupati sono mezzi neaa lotta contro la diEoccupa.zione. Il Ministero finanzierà 1 corsi, senza indennità ai frequentatori. ONERE FINANZIARIO I ce.ntieri normali implicano la spesa di un miliardo per ogni 6.000 disoccupati im'piegati per nove mesi. I cantieri stagionali implicano la spesa di un mlliardo per ogni 15.000 disoccupati impiegati per tre mesi. I corsi di qualiflca.zione (tenuto conto del -proposto aumento dell'indennità) implicano la spesa. di un miliardo per 12.000 disoccupati impiegati per cinque mesi. I corsi nor,mali per apprendisti e per il perfezionamento di lavoratori occupati implicano ra spesa di un ·miliardo per ogni 25.000 unità per 5 mesi, dato che non hanno trattamento economico. PROGRAMMA D'IMPIEGO a) Disoccupati a.vviati in ca.ntieri normali n. 300.000 L. 60.0'l0.000.000 b) DiSoccupati avviati in cantieri stagionali » 200.000 » 15.000.000.000 e) Disoccupati .avviati a corsi di qualificazione . » 150.000 » 12.500.000.000 Di.Soccupati avviati con una spesa di . . n. 650.000 e cui vanno ugg1unti, nel piano: b) Disoccupati impiegati con l'imponibile cli mano d'opera . e) Emigranti I) Pubblico impiego per concorsi ed altre n. 200.000 » 100.000 possibili previsioni . » 20.000 Mentre va preventivata anche la spesa per i corsi normali di addestramento professionale ( apprendisti ed occupaL. 87.500.000.000 ti) per 50 mila unità :-» - - L. 2.000.000.000 Il piano prevede, pertanto, l'impiego cli di.Soccupatt con una spesa di B 86 .ca Gino Bianco ». 970.000 L. 89. 500.000.000

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