giovane critica - n. 34/35/36 - primavera 1973

82 abbia scelta da tempo, per l'Italia, con meditata coscienza, un sistema economico prossimo a quello schematicamente detto • direzione centralizzata •. Ma è, questa meta, nei desideri di ciascuno, fra quanti, partecipano al Governo? Il giudizio (che si suppon favorevole) su ciascun tassello per quanto riguarda colore e forma. si estende, dunque, al tagliante disegno del mosaico? A coloro che s'affrettano a rispondere si, quasi ad allontanar la noia del pensare e dell'argomentare, vorremmo dar a riflettere alcune poche righe. Non è sufficiente esser favorevoli ad un sistema astratto diretto dal centro; occorre discutere com'esso potrebbe realizzarsi in Italia, oggi. Valga un esempio, a chiarire le idee. Altra è la teoria generale del rammendo dei tessuti; altro, il principio, pure generale, che, per economia, i tessuti debbano rammendarsi, seguendo i dettami di quella teoria. Ma ben altro, infine, il decidere che. proprio questo povero tessuto, che è oggi fra le nostre mani. possa e debba rammendarsi. Specialmente se avesse così labile trama che i fili suoi cedano, molli, all'ago; e seguano la gugliata. Onde, chiuso uno squarcio, un altro accanto se ne forma. Interventismo liberale Vi è ancora qualcuno a credere che gli economisti liberali sian ciechi adoratori del lalssez-faire e vagheggino un governo privo, ad esempio, del Ministero per l'economia? Si disilluda. Si ha, ormai, una sicura tradizione per un interventismo liberale in economia; una dottrina cauta ed awertita; inoltre, dove e come si poté, persino una prassi accorta, ad opera di uomini di Stato liberali. E non Intendo certo riferirmi a Cavour. Ma limitiamoci al sereno campo delle idee. Scrive lo Hayek, liberale di fama chiarissima, nella sua Via alla servitù: • Nulla, senza dubbio, ha tanto nuoviuto alla causa liberale, quanto la cieca resistenza di certi liberali su alcuni grossolani principi: come in primo luogo; le regola del laissez-faire •; e poco dopo: • Il liberalismo vuol si faccia li miglior uso possibile delle forze della concorrenza, come mezzo per coordinare gli sforzi umani; non vuole si lascino le cose allo stato In cui sono•. Forse, anche con maggiore energia, li Rèipke, notissimo In Italia pel suoi molti scritti recenti, dalla Svizzera: • Un'economia di mercato viva e vitale non può nascere da un assiduo far niente. E' invece una costruzione d'arte; un prodotto della civiltà che, con la democrazia politica, ha pur questo In comune: d'esser particolarmente difficile • (Civitas Humana). Certo, tuttavia, quest'interventismo liberale - per usare una espressione del Rustow - è politica economica ben diversa da quella che difendono e, potendo, attuano gli economisti sociali: a non parlar di pili accesi totalitari. Questa assopisce le forze della concorrenza; crea monopoli a tutto dire; e se ne hanno quotidiane manifestazioni in Italia oggi pel carbone, il ferro, taluni tessili; in Francia; agli Stati Uniti, regnando Roosevelt e la politica del New Deal. Quella, invece, ha, compito precipuo, il ridestare le forze latenti della concorrenza: ricondurre i sistemi economici concreti a quello schema ideale d'economia di scambio, in cui unità di produzione e di consumo operano sulla scorta d'un sistema di prezzi, liberamente formato; in cui i desideri e le iniziative d'ognuno son tesi nel lo sforzo del soddisfare al massimo i desideri dell'anonimo re di questo democratico regno: il consumatore. Il Robbins da par suo, nel '39, aveva sfatato la leggenda di un monopolismo inevitabile, per ragioni tecniche, nella economia moderna; Hayek, nel 1944, riprende quell'argomento; e lo sviluppa, smentendo la tesi d'una inevitabile pianificazione. Ma, nell'uno e nell'altro caso, Il contenuto concettuale non è molto dissimile; né, forse, lo potrebbe. Abbandoni lo Stato una politica protezionista ad oltranza verso l'estero (e non si tratta soltanto delle tariffe doganali; ma di quote e di licenze); eviti premi e sowenzioni; ma soprattutto, all'interno, desista dal creare, ad ogni occasione, razioni di pubblico e privato privilegio, con leggi che vanno da quella sugli Impianti industriali ad altre, per lo sfruttamento a vantaggio di singoli, di beni di proprietà comune. Realizzata questa politica, I giganteschi organismi fioriti In Germania dopo il 1933, auspice Hitler; sviluppatosi In Gran Bretagna dopo Il 1933 sotto Il mandato della preferenza Imperlale; prosperanti nell'Unione Sovietica, non si dissolveranno, questo no, chè opera pure, entro certi !Imiti, Il regredire dei costi al

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