4 pianificata, non è dominata dall'uomo nell'interesse dell'uomo, ma domina ancora l'uomo. Lo stesso piano del Lavoro delJa CGIL del 1949-50 non sfugge completamente a questa logica; e non tanto al primo ordine di argomentazioni, che diventavano secondarie con la estromissione del PCI e del PSI dal Governo, ma soprattutto al secondo. Di Vittorio infatti introdurrà una conferenza convocata per illustrare l'iniziativa sindacale, precisando che il Piano non era una proposta di pianificazione generale, possibile solo in un sistema socialista, ma una programmazione particolare. La Conferenza economica del PCI dell'agosto 1945 sancisce per la prima volta ufficialmente la necessità di « guardare all'aspetto pratico, immediato delle questioni, e al modo di risolverle » rifuggendo quindi dal puro « studio ~stratto di problemi molto generali » (Togliatti). Essa propone perciò un programma di lotte contro l'inflazione e le speculazioni, senza prevedere l'uso, almeno immediato di una programmazione economica e di ' nazionalizzazione, e soprattutto conclude d_inon f~rne delle condizioni per la ricostruzione. I punti salienti dell'opposizione del PCI (e in generale delle sinistre ai Governi centristi sono stati sintetizzati cos[ da Amendola nella sua relazione del 1962 al Convegno dell'Istituto Gramsci sulJe « Tendenze del Capitalismo italiano »: a) Critica dell'impiego dei fondi Marshall utilizzati per coprire il deficit del bilancio' statale, e non per alimentare col credito le attività produttive. Quello che mancò sempre fu un piano nazionale di utilizzazione de_ifondi Marshall per una politica di sviluppo dell'economia italiana· ~) Critica al regime tributario: 'alla mancata riforma, allo eccesso di imposte indirette rispetto alle dirette. Critica al Bilancio ?elio Stat~ per la prevalenza delle spese 1mprodutuve e militari rispetto a quelle produttive; c) Critica alla linea Pella di restrizione creditizia; d) Critica della mancanza di una politica di sviluppo delle industrie di Stato, sacrificata e subordinata alle esigenze dei gruppi monopolistici privati; e) Lotta per la riforma agraria e inizio della lotta per la nazionalizzazione della industria elettrica. La lotta per i Consigli di Gestione è uno dei punti di forza della azione socialista. Nelle dichiarazioni dell'agosto 1946 di Morandi, allora Ministro dell'Industria e Commercio, il Consiglio di Gestione è visto come responsabile della « tutela dell'interesse della collettività » nelle singole aziende, che ricevono aiuti e sostegni sempre maggiori da parte dello Stato: « Esso ha da portare la voce della collettività nelJe questioni generali che interessano la vita dei grandi complessi industriali sul piano nazionale ». Angelo Costa, presidente della Confindustria, ribatte che « dirigere una impresa non è un'arte che si improvvisa» e che quindi il Consiglio di Gestione è un « organo inceppante »; la DC se ne lava le mani, e De Gasperi afferma al 2° Congresso nazionale della DC (novembre 1947) che « il Governo non vuole imporre questi organismi, come ha fatto Mussolini con le corporazioni, ma vuole che nascano dalJa esperienza e da un tentativo di accordo fra coloro che devono colJaborare nei Consigli di Gestione». Il PCI li considera si. un elemento importante delJa propria azione politica, ma non si impegna a fondo per il loro riconoscimento giuridico. Per il PSI invece essi hanno un compito decisivo, anche nella pianificazione. Morandi distingueva tre tipi di pianificazione: i piani capitalistici, contraddittori e miranti al superamento di particolari congiunture; i piani di riforma, carenti e pericolosi in quanto presuppongono una concezione gradualistica ed evoluzionistica della economia; e i piani socialisti in fase di transizione, su cui dà un giudizio posltlvo: essi debbono essere impostati in modo strettamente legato alJe grandi
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