La scelta - allorà - di una via che non fosse quella socialista nasceva solo da quei « problemi tecnici »: dal fatto cioè che la socializzazione non prometteva nulla di meglio che « il freddo e la fame ». Da queste posizioni, che riflettono l'effettiva problematica interna al nascente partito cattolico, alla assunzione come proprie delle direttive economiche einaudiane c'è un lungo cammino, lastricato da decisioni ispirate al « realismo economico»; decisioni che, almeno ad una parte della DC, apparvero come l'irresistibile influenza di quello che De Gasperi chiamava il « Quarto partito», quello degli esponenti del capitalismo industriale, finanziario ed agrario. Nel 1944, su Il Popolo clandestino, si può leggere il programma economico di De Gasperi, che risulta articolato in tre punti: 1) partecipazione a titolo giuridico dei lavoratori agli utili, alla gestione e al capitale delle imprese; 2) trasformazione dei braccianti in proprietari e mezzadri, o in associati alla gestione; 3) regime tributario imperniato sulla progressività, con esclusione delle quote minime. L'unico documento ufficiale democristiano in cui si prende chiaramente una decisione di intervento programmatore è la risoluzione del Consiglio Nazionale del 3-3-1945 (riprodotto a p. 8). Dopo di allora o non si parla piu con chiarezza di impegni in tal senso, o quando Io si fa (relazione di Rumor al Congresso di Venezia del 1949) si ribadisce il concetto senza prendere precisi impegni: « sarebbe antistorico negare l'esistenza di una esigenza di programmazione, quando tutto il mondo si muove ormai entro linee di programmi economici internazionali e addirittura intercontinentali ». Ma quando si deve concludere, Rumor afferma che non si possono applicare integralmente Keynes e Bevcridge in Italia. Sullo commenterà nel 1960 che la Democrazia Cristiana manoo anche in quella occasione di analisi strumentale. Per la sinistra democristianala spinta 3 programmatrice fu una carattensuca sempre presente. La visione complessiva del problema dello Stato si può trovare in uno scritto di Dossetti (riprodotto a p. 104) che, pur essendo del 1951, cioè della fase conclusiva della parabola democristiana di questo uomo politico, ha una forza notevole per la comprensione di tutta l'ipotesi politica che a lui si riferL Il retroterra culturale era quello di un certo cattolicesimo francese (Maritain e tutto il filone di discussioni sul tema « Cattolicesimo e democrazia »); il corporativismo di sinistra dell'Istituto di studi Corporativi della normale di Pisa e, in modo piu mediato, l'influsso del pensiero economico anglosassone degli anni '30. Fu la sinistra DC, che condusse avanti le discussioni in prima persona, ma a nome di tutto il Partito, nelle sottocommissioni dell'Assemblea Costituente. Parallela alla azione del gruppo dossettiano, è l'iniziativa di due altre componenti della sinistra democristiana, quelle che facevano capo a Gronchi e a Vanoni; esse sopravviveranno allo sfaldamento della sinistra di Cronache sociali e porteranno avanti (con coerenza, nel caso di Vanoni) la loro opera utilizzando tutti i margini esistenti nel partito e nel paese. Il Partito comunista affrontò, come si è detto, il tema della pianificazione, con molta prudenza. Piu esattamente, confluirono insieme due ordini di motivi: da una parte l'esigenza di mobilitare tutte le energie economiche del paese, in primo luogo quelle dei privati, alla ricostruzione; la pianificazione non avrebbe certo giovato, poiché avrebbe suscitato « resistenze e violazioni tra gli stessi gruppi economici dominanti, che tendono a rafforzare il loro dominio», avrebbe acuito « la battaglia contro i settori capitalistici indipendenti » avrebbe aggravato « la lotta di classe tra capitalisti e lavoratori» (Pesenti). D'altra parte larghi settori del PCI avevano espresso la loro sfiducia nella politica pianifìcatoria in un sistema basato sulla proprietà privata dei mezzi di produzione perché una tale economia, anche se
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