giovane critica - n. 34/35/36 - primavera 1973

Le modalità di attuazione della riforma economica, Il processo di trasformazione dei rapporti sociali nell'industria debbono adeguarsi alle diverse condizioni strutturali dell'industria stessa. Queste sono anche in relazione alla destinazione produttiva, che deve essere tenuta in gran conto: deve farsi, per esempio, una distinzione fra industrie dirette alla produzione di beni "primari" e quelle di beni "secondari". Per quanto sul piano teorico si assimilino i problemi dell'alimentazione a quelli di ogni altro consumo ed uso, si è costretti praticamente a riconoscere una Importanza maggiore ai primi, a dare comunque un ordine gerarchico ai vari problemi economici. Nella realtà sono le differenze, anziché i caratteri comuni, che vengono in primo piano. E perciò dappertutto si suole sottoporre ad una particolare considerazione di riforma l'agricoltura, astraendola dalla generale riforma economica. Bisogna tener conto del grado "capitalistico" dell'industria e delle singole imprese che la costituiscono. Esso è in funzione di vari elementi: la percentuale del capitale fisso rispetto agli altri tipi di capitale; il numero di lavoratori impiegati; il grado di complementarietà con altre industrie; l'importanza sociale e funzionale dei beni o servizi prodotti. A seconda che prevalga l'uno o l'altro elemento, si applicherà uno od un altro criterio di riforma, si procederà subito o si attenderà lo sviluppo di riforme già attuate in altri rami industriali o in altre imprese della medesima industria. Poiché il grado "capitalistico" è anche in relazione alla posizione della impresa rispetto al mercato, si deve distinguere se essa è a carattere monopolistico o a carattere concorrenziale; ma non farne un elemento decisivo per la riforma, a tal punto da intervenire in tutte le imprese monopolistiche anche di scarso rilievo dal punto di vista sociale e di non occuparsi delle altre che quel carattere sembra non abbiano. I liberisti ammettono che solamente I monopoli debbono essere combattuti, ma non si sono mai curati di andare alle radici di tale posizione economica. Premesso ciò, vediamo come possa Intendersi, nell'attuazione pratica, Il principio sopra affermato della esclusività del lavoro al possesso produttivo. VI sono due modlllmlte: o universalizzando la proprietà a tutti I lavoratori; o abolendo completamente 27 la proprietà privata, statalizzando cioè tutti i mezzi di produzione. Quando si conoscano i limiti (si ricordi la funzione del principio della socialità) che comporta Il primo criterio di riforma, si dovrà riconoscere che le differenze rispetto al secondo non sono sostanzialmente molte. Tuttavia può apparire piu adatto alla riforma dell'economia dei .eaesi occidentali II primo criterio anziché il secondo, soprattutto a causa di una diffusa repugnanza ad ogni procedura e idea di accentramento della proprietà nello stato. Che cosa può voler dire • tutti i lavoratori proprietari •? Vuol dire che non ci dovranno essere proprietari che non sono lavoratori; che la proprietà di un mezzo produttivo è di chi vi applica il proprio lavoro; che questa proprietà dura generalmente finché sia vivificata dal lavoro; che il suo oggetto può essere trasmesso solamente da lavoratore a lavoratore. In altre parole, la proprietà è ammessa finché sia funzione del lavoro. Il tradizionale istituto della proprietà lascia il posto a quello del possesso produttivo. Se distinguiamo le imprese in individuali e collettive a seconda che vi siano impiegate una o piu persone, le prime non subiranno dalla riforma modificazioni di rilievo, se non in quanto anche per esse si confermi il rapporto tra lavoro e proprietà a tutti gli effetti. Considerando la famiglia come un nucleo sociale elementare connesso con l'individuo, si applicano gli stessi criteri alle imprese gestite dagli appartenenti ad una famiglia. La riforma inciderà notevolmente invece nel caso di imprese collettive, In cui i componenti non siano legati da vincoli familiari. Fra queste .imprese vi sono quelle appartenenti a industrie di beni o servizi di evidente utilità collettiva, Il cui uso, cioè presenta un interesse per l'intera società maggiore di quello dei privati cittadini. Possono trovarsi fra queste Imprese quelle delle armi e munizioni, dei trasporti e delle comunicazioni (ferrovie, poste e telecomunicazioni), che sono già in molti paesi Industrie di stato, ma anche quelle della distribuzione del gas, dell'energia elettrica, dell'acqua, di combustibili di diffuso consumo, di produzione e vendita di medicinali e cosf via: la qualificazione a tale riguardo deve farsi In relazione a complessr motivi di ordine economfco e politico. Esse,

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