giovane critica - n. 34/35/36 - primavera 1973

154 un fuggevole accenno di Fuà, non è stato detto come sarebbero controproducenti In una situazione di disarmonia strutturale, dove risparmio ed investimenti sono insufficienti e dove, come in ogni paese. è plu alta. nei redditi piu elevati, la propensità al risparmio, per cui tassar questi redditi vuol dire ridurre la quota di reddito nazionale che verrebbe investita). All'altro, plu importante aspetto delle tesi di Pesenti, Di Vittorio ha accennato piu volte, senza tuttavia impegnarvisi: parlo della politica di aumenti salariali, legata alla tesi della redistribuzione di redditi. E' una posizione nettamente negativa ai fini di una politica di piena occupazione che implicherebbe una politica di stabilità dei salari per contenere la pressione inflazionistica e per consentire l'utilizzazione in investimenti di una maggior quota di reddito nazionale. E' sembrato che, in contrasto con le sue affermazioni della necessità di un minimum salariale, Di Vittorio non escludesse a priori di potersi mettere su questa via, quando ha parlato del contributo che la classe operaia avrebbe dato all'attuazione di una nuova politica economica (indubbiamente questo era proprio il punto su cui posizioni intermedie erano impossibili). Quanto alla posizione di Di Vittorio di fronte al la tesi LombardiSteve-Fuà, direi che egli ne ha tratto degli spunti marginali su certi modi di finanziare il piano e soprattutto - e qui sta la possibilità di sviluppo sul piano dell'azione poi itica di queste tesi - che vi si è inserito in pieno con l'ampia impostazione che ha dato del problema economico della disoccupazione. Certi spunti di Lombardi che del resto erano rimasti allo stadio di spunti, non son stati ripresi: e forse eran questi gli elementi piu importanti del discorso. Parlo del la mancata distinzione tra elementi ciclici ed elementi strutturali della disoccupazione italiana, della insufficienza di una politica di espansione che sia unicamente anticiclica e non si renda conto della necessità di aumentare la massa di capitale esistente, e di aumentarla con investimenti altamente produttivi, che consentano di occupare nella utilizzazione dei beni capitali derivati da essi, un numero assai elevato di disoccupati. Ora gli Investimenti previsti dalla C.G.I.L. sono investimenti che rispondono In misura limitatissima a queste esigenze: (direi che la scelta dei tre settori - edilizia, bonifica, Impianti idroelettrici - sia dovuta in gran parte all'origine di Di Vittorio, assai sensibile, come contadino e come pugliese, alla deficienza di case e di elettricità, alla esistenza di vaste plaghe Incolte). Non è mancato chi, in omaggio a preoccupazioni plu Immediate di categoria, ha protestato contro questa limitazione. Non sarebbe stato inutile invece che negli interventi si discutesse della scelta tra l'una forma e l'altra degli investimenti, in relazione al problema che vien posto sovente degli investimenti per riduzione di costi, attraverso la razionalizzazione e l'ammodernamento degli impianti; investimenti che si traducono in una riduzione della occupazione. C'è un altro aspetto di tutto questo che merita, per quanto marginale, di essere sottolineato: al Teatro Quattro Fontane han preso la parola, accanto ai politici ed ai sindacalisti, degli economisti del mondo accademico: altri economisti prendon parte a convegni e a discussioni Indette dalle confederazioni. Ed insolito non è stato tanto il sentire un universitario come Steve definire economicamente utile la tanto contrastata politica di opposizione ai licenziamenti (che è valida in quanto si oppone ad una politica economicamente passiva ed inerte). quanto il fatto stesso che questi economisti abbian preso la parola in un ambiente di sindacalisti ed abbian discusso con essi. Perché in quel settore del mondo accademico italiano che si occupa di scienza ecopomica, al termine sindacalista sembra legata una condanna ben precisa: e se accade di vedere degli economisti di formazione accademica negli • uffici-studi • di organizzazioni padronali, non accade di l(ederne in organizzazioni operaie: come invece è norma costante in altri paesi. Non che il movimento sindacale non abbia gravi responsabilità in tutto questo: ma è certo che il mondo accademico italiano ha sempre considerato che il far buon viso ad Idee di sinistra costituisce una deminutio capltis. Ora sia pur da pochi, questo cerchio è stato rotto: ed a questi pochi non si potrà rivolgere l'accusa che da taluni vien volta agli intellettuali di estrema, di peccare di una forma di snobismo. ì.

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