150 ogni altro settore. (C'è stato di recente chi ha parlato del primo romanzo di Moravia, Gli indifferenti, come di un quadro della Roma fascista e della atmosfera plumbea che vi incombeva: non direi che il quadro diverga gran che dalla realtà di oggi}. Ma se di fronte alla cristallizzazione della posizione avversaria si può dire che l'azione dei sindacati ha già scontato i suoi effetti in senso negativo, per altri aspetti essa può costituire un fatto nuovo: che essa, come appello al Paese di fronte alla gravità del problema economico e come affermazione di • buona volontà • abbia avuto un certo successo di opinione pubblica, non sembra dubbio: basta pensare all'atteggiamento assunto al momento della Conferenza da un organo di stampa dei piu illuminati: la Stampa di Torino. Ma il consenso nato in taluni settori dell'opinione pubblica di fronte a certe posizioni concilianti assunte da Di Vittorio è venuto meno di fronte al realismo spregiudicato di altri che, in sede di conferenze e dopo, ha, sia pure in modo incompleto, accennato alla necessità di efficienti sistemi di controllo, ed in ultima analisi, di riforme di struttura: ancora significativo è l'atteggiamento della Stampa. Direi però che per una sua coerenza marxista l'azione della Confederazione, piuttosto che a correr dietro a quell'ingannevole miraggio che è il consenso dell'opinione pubblica come tale, sia volta ad incontrare quell'altro piu solido e meno Illusorio consenso che nasce dalla coincidenza di interessi con altri ceti o con determinati settori della vita economica. Questo criterio. che porta a negare ogni valore, ai fini di una politica di alleanze, ad una azione che sia volta unicamente ad influire sulla pubblica opinione e non tenga conto delle basi economiche di questa, dovrebbe però essere integrato o sostituito dall'altro, in certo senso inverso e troppo spesso ignorato dai marxisti puri, della importanza di certe posizioni psicologiche, di certi miti. come forze autonome, indipendenti dagli interessi economici degli individui. In Italia, e del resto in tutto il mondo, l'irrigidirsi aprioristico su certe negazioni o su certe affermazioni, l'impermeabilità reciproca delle due fazioni ad ogni voce avversaria, o anche non perfettamente ortodossa, la rinnovata atmosfera da guerre di religione. sono fenomeni di tal rilievo da far dubitare dell'importanza che, nel quadro della lotta operaia. può avere il raggiungere una coincidenza di interessi tra organizzazioni sindacali e determinate categorie o settori della vita economica del Paese, e da far ritenere che forse un'azione di piu lungo periodo darebbe risultati meno illusori. Certe posizioni aspramente conservatrici proprie della media borghesia italiana che non verranno meno per un incoraggiante discorso di DI Vittorio. non si attenueranno neppure perché la politica difesa dalle organizzazioni sindacali è quella che ora può piu giovare a certi suoi interessi. Il problema diviene però di vastissima portata, ed ogni tentativo, non solo di risolverlo. ma anche di portarvi dei dati ulteriori porterebbe ad un giudizio critico dell'azione politica della sinistra italiana. in particolare del Partito Comunista. Quel che si può invece tentare è ricercare come le diverse tendenze che si sono affermate alla Conferenza della C.G.I.L. e rimangono vive nello schieramento sindacale ed in genere in quello delle sinistre, abbiano affrontato il problema di una politica di alleanze. e soprattutto entro quali limiti queste tendenze portino in sé i germi di una revisione della poi itica sindacale. Sotto questo aspetto, direi, la Conferenza costituisce un fatto nuovo, forse il fatto nuovo, della vita politica italiana. Le posizioni che emergono dagli interventi della Conferenza sono in sostanza due: una limpidamente definita nella sua impostazione politica da Riccardo Lombardi e nei suoi termini economici da un gruppo di universitari di sinistra: Steve. Fuà, e, entro certi limiti Breglia: l'altra difesa da Pesenti e dal suo gruppo di Critica Economica. Per Lombardi una politica economica che voglia lottare contro la disoccupazione deve essere una politica anticiclica: la disoccupazione in Italia non è dovuta soltanto alla insufficienza dei capitali che possano essere combinati nel processo produttivo con una massa di lavoro che è esuberante, ma anche alla politica di deflazione prima, di stabilizzazione poi, seguita dal Ministro Pella. Alla linea Pella occorre opporre una politica creditizia piu ampia, una politica di investimenti piu coraggiosa: occorre, per superare il punto morto, dare una sferzata al sistema produttivo del Paese. • Ché poi il problema, - ha rilevato Fuà, - non è tanto di trovare I fondi per finanziare il piano, quanto di frenare la spinta Inflazioni-
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==